Arriviamo presto, come al solito, accompagnati in auto da quello che sul ring è un heel come pochi e fuori dal ring una sagoma d’uomo, affabile e simpaticissimo: Kyo Kazama. Quando scendi dalla sua macchina hai male alle mascelle dal gran ridere, da tante battute che si inventa lì per lì. Sono le tre del pomeriggio e lo show non inizierà prima delle 20.30, ma qui non ci si annoia di certo!
Questa volta a gestire lo stage c’è Nitro, un ungherese che è venuto qui in volo insieme agli Arrows (Icarus e Dover). È bravo, paziente e competente. Come ogni volta, la lingua comune è l’inglese, e tutti si arrangiano a parlicchiarlo: chi lo fa in scioltezza, chi quel tanto che basta per capirsi.
Ragazzi: se un giorno vorrete salire sul ring, imparate prima l’inglese o sarete tagliati fuori. Ci sono su con lui una decina di atleti, e Nitro li fa scaldare pian piano. Collo, collo e ancora collo: la parte più importante da tonificare e riscaldare per non farsi male, poi fa loro provare e riprovare una quantità di mosse e di esercizi. Abbiamo sempre sostenuto che se vuoi davvero capire se uno è bravo o no, lo devi vedere mentre si allena. Sul ring, tutto sommato, può anche essere facile: sei d’accordo con l’avversario, fai quelle tre o quattro cose che ti vengono meglio, e ci fai un figurone. In allenamento vedi davvero cosa sai fare, dai fondamentali alle acrobazie. Qui non puoi mentire. Magari vi domanderete come mai, ogni volta, vi descriviamo gli allenamenti e lo stage a porte chiuse, prima dell’inizio dello spettacolo. È che l’atmosfera prima di uno show è così intensa che ci vuole il coltello per tagliarla. È il Sabato del Villaggio, è prepararsi per la festa, aspettare la notte di Natale per aprire i regali.
Ma soprattutto perché in questo sport intrattenimento, niente va lasciato al caso. Dietro quei pochi minuti di combattimento sul ring ci sono mesi, anni di preparazione intensa, serissima, meticolosa. I campioni e i bei match non si improvvisano. Vi ricorderemo sempre che durante lo show vedrete soltanto la punta dell’iceberg. Se fossimo bravi a montare un video, ne confezioneremmo uno che contenga le decine di cadute venute male per riuscire a farne una sola buona. La collina di magliette sudate prima di diventare soltanto “bravini”. Le lacrime versate per quello che si impara con tanta tanta fatica. Le corse in ospedale, i punti di sutura, caviglie distorte, le spalle lussate, i lividi, le chop che ti lasciano il petto devastato come un hamburger. I lividi che, torni a casa, li nascondi e se te li vedono, “non è niente”. I mesi di riabilitazione dopo un infortunio. E termineremmo il video con la storica frase di Sami Grayson: “Wrestling is fake tua madre!”
Una donna ci dice: “ho provato a toccare le corde… ma sono durissime!” Eh, sì. Dicendo “corde”, uno pensa automaticamente a corde di canapa, duttili, pieghevoli. E invece no, queste sono cavi di acciaio resistentissimo, non si piegano affatto e quando ci rimbalzi sopra le senti eccome. Fanno male. Erika Corvo si ricorda che due giorni dopo che Adele le fece provare la corsa sulle corde aveva la schiena a strisce blu di lividi, che sembrava una zebra. In tv sembra tutto facile, tutto bello… dal vivo risulta tutto molto meno facile, molto meno finto. Una anziana commenta: “caspita, per fare tutti quei voli e quelle cadute, quei ragazzi devono essere davvero bravi! In tv non sembrava così, non credevo!”
Notiamo due ragazzi che sembrano davvero giovani e alle primissime armi. Quando li avviciniamo, al termine dello stage, scopriamo che più che giovani sono proprio piccoli! Entrambi si chiamano Alessandro, e hanno…14 anni! Alti e allampanati, due adolescenti magri magri che sembrano due tegenarie (i ragnetti dei muri con le zampe lunghe lunghe), eppure si danno da fare con tanto, tanto entusiasmo. Hanno avuto fortuna. Volevano fare wrestling in modo serio, e dalle loro parti era appena stata fondata la Kox. Non ci hanno pensato su due volte ad iscriversi e a darci dentro al massimo. E il risultato è che stasera li vedremo in veste di sparring partners (atleti di caratura minore, di solito utilizzati per mettere in luce un avversario, ndr.) a prendere una manica di mazzate.
Ma ora è tempo di muoversi, tutto diventa elettrico. Come dice una famosa pubblicità, “l’attesa del piacere, non è forse essa stessa il piacere?” Con frenesia crescente ci diamo dentro a sistemare le sedie, gli impianti, l’audio, le luci, l’ingresso, si aggiustano gli ultimi dettagli. Gli atleti si ritirano nel backstage e vengono aperte le porte al pubblico. Quanti saranno? Sembrano tanti, stavolta. Più del solito. Un bimbo di nome Andrea che festeggia il suo undicesimo compleanno ci porta qui tutti i suoi compagni di classe, e già ci immaginiamo il tifo scatenato che faranno.
Esultiamo con gli organizzatori quando ci accorgiamo che mancano sedie per fare accomodare tutti, e allora ci si mobilita tutti quanti per andarne a prendere ancora, e poi ancora, e poi ancora… ma quanti spettatori ci sono, stavolta? Beh, in barba a qualcuno che di recente ha affermato in un’intervista che gli show di wrestling non fanno più di cinquanta spettatori, qui ne abbiamo contati 125 paganti, esclusi gli ospiti fatti entrare gratis. E scommettiamo quello che volete che la prossima volta saranno anche di più.
Il primo match vede contrapposti Icarus e Red Scorpion, e l’ungherese non ci delude mai. Siamo solo all’inizio ma il livello è già ottimo.
Il secondo scontro è tra l’Arcadia (Kyo Kazama e Horus) e Manuel Bottazzini con Aaron Cage. Da quando ci conosciamo, tra noi e Kyo è un vero tormentone di battute e punzecchiature sulla illimitata quantità di calci che sferra nei suoi match. E oggi siamo lì a contarli facendo crocette sul foglio come una volta si contavano i morti ammazzati nei film di Rambo per vedere se si fosse passato il centinaio. Questa volta, invece, Kazama decide di farci felici e ne tira solo sei in tutto. Che poi, guardate che Kyo è bravo davvero, l’abbiamo visto con i nostri occhi fare una sacco di cose belle durante le prove (“Erika, vedi che questo genere di mosse le so fare in scioltezza nonostante possa essere il padre di tutti questi ragazzini?”), ma se la sua gimmick è quella e si vive di calci, che ci possiamo fare? Bene, sappiate che non fa solo quello e che ha un parco mosse invidiabile! Per subire una bellissima Styles Clash da parte di Aaron Cage, poi, devi essere di ferro! (Abbiamo visto una Style Clash dal vivo! Emozioneeee!)
Salgono sul ring Nicolò Ferrari e Luke Zero. I tantissimi bambini del pubblico, a questo punto hanno preso abbastanza confidenza e iniziano ad alzarsi in massa per toccare le mani agli atleti al loro ingresso. Vedere la luce e la gioia nei loro occhi non ha prezzo. Dio è in ogni luogo, ma anche Ferrari e Zero non scherzano! Volano dovunque e, come Dio, stazionano molto più in cielo che in terra. Zero mostra una resistenza della propria scatola cranica a dir poco fenomenale. Ferrari gli suona in testa di tutto e di più con gran fracasso, arriva perfino a sfasciargli il muso sbattendoglielo sul tavolino dove prendiamo i nostri appunti. I bambini, intanto, gridano “Se-dia! Se-dia!” a gran voce. Ferrari si aggiudica il match, ma Zero riporta a casa la testa tutta intera, ed è già molto.
Ora è la volta di The Greatest contro Nitro. Un evento nell’evento. Quando si tratta di ospitare degnamente atleti “tosti” scelti con cura come Nitro, c’è solo TG – uno tra i migliori in Italia – che possa non solo essere un degno avversario di pari livello, ma che riesca a tirare fuori il meglio di entrambi: un match fenomenale. Il nostro tavolino sembra diventato un’acquasantiera in chiesa: pare che sia di moda picchiarci sopra il naso così come si intingono due dita nell’acqua santa, andando a messa. Arriva TG e ci stampa sopra il muso di Nitro. Forse è il tavolo della “stampa” in questo senso…
Se non sapessinmo quanto sono in gamba questi due, dopo la springboard stomp di Nitro su The Greatest (ovvero è volato dalla terza corda a piedi uniti sul petto di TG) avremmo pensato che fosse un criminale omicida. TG gli rende pan per focaccia con un tiger driver (spettacolo!) e una emerald fusion, ma tutto sommato, dei nomi delle mosse non ce ne frega proprio una cippa. Il fatto è che questi due fenomeni ci hanno messo una grinta, una dinamicità, una velocità e una perizia pazzesche. Tant’è che alla fine del match, andando ad ascoltare i commenti del pubblico, ci sentiamo dire: “Sì, quelli di prima erano bravi, ma questi erano di un altro livello, proprio superiore e senza paragoni!”
Dopo la pausa, ecco un altro match stratosferico: number one contendership match for Rising Sun Champion. Matt Disaster versus Nico Narciso versus Gravity. Non c’eravate? Cavoli vostri. A riprova che il wrestling è tutto vero, Gravity scivola dalla terza corda. Non si fa nulla, ma un po’ di spavento ce lo fa prendere lo stesso. Scivolone a parte, madonna, quanta roba! Ma dove lo pigliano, tutto quel fiato? È uno di quei match che ci rende felici di essere venuti qui e coscienti di aver speso bene i nostri soldi. Gravity possiede una grazia nelle movenze, una precisione e una perizia pazzesca. Arriva da una base di ginnastica artistica e si vede! Una vera gioia per gli occhi. Magari non si ricorda tutta la sequenza, ma quello che fa lo fa bene. Il match se lo aggiudica Disaster, quindi avremo la gioia di rivederlo la prossima volta.
E adesso un po’di sfide da circo equestre: il pompatissimo Leon sfida chiunque ne abbia il fegato a batterlo sul ring. Leon possiede un fisico esplosivo, nel senso che è talmente gonfio che pare debba esplodere da un momento all’altro. L’Omino Michelin. Più che allenarsi, forse va dal gommista. E chi si presenta a raccogliere la sfida? Le due tegenarie: i quattordicenni magrolini che debuttano sul ring dopo due soli mesi di allenamento facendosi sfrittellare a dovere come sparring partners che le prendono e basta. Anche Salazar, pescato su dal pubblico, le prende di santa ragione. Distrutti questi tre, l’opera di demolizione prosegue nei confronti di David Silas. È un ottimo heel, ma Leon ne fa frittelle. Questo ragazzo, Silas, è italiano ma vive ormai da anni in Inghilterra, dove combatte regolarmente. Non è orribile pensare che oltre alla fuga dei cervelli, in Italia ci sia anche il fenomeno della fuga dei bicipiti? Laureati, dottori, ingegneri o atleti, i nostri ragazzi migliori devono sempre emigrare per essere apprezzati.
Penultimo match: Arcadia (Kyo e Horus) vs Arrows of Hungary (Icarus e Dover).
Che meraviglia, gli Arrows! Abbiamo sempre sostenuto le realtà e gli atleti italiani, ma vedere questi due in azione fa bene alla salute, rinfranca lo spirito e fa bene al wrestling. Icarus, come dice il suo nome, è in grado di volare. Dover rimane a terra ma ne fa di tutti i colori: powerbomb, senton bomb e un abbraccio letale che stampa entrambi gli avversari a naso in giù sul ring. Kyo ne prende un fracco e una sporta ma resiste a sufficienza da portarsi a casa il match.
Ed eccoci al main event: Akira vs Andy Manero per il titolo di Rising Champion. Non vi raccontiamo niente! E perché avremmo dovuto sprecare il nostro tempo a prender appunti per voi che non siete venuti, invece di goderci il match in santa pace? Vabbè, dai… per questa volta vi perdoniamo, ma che sia l’ultima, eh? Se non venite, poi, sono cavoli vostri! Allora, poco prima dell’inizio del match, gli addetti dello staff hanno munito ogni spettatore di uno o due rotoli di carta igienica. All’apparire di Manero, il ring viene letteralmente sommerso da una pioggia di carta igienica lanciata con allegro entusiasmo coreografico da un pubblico così sensibile a queste gioiose trovate. Akira, invece, è osannato come un piccolo Mozart del ring. A vederlo è un ragazzino tenero coi capelli rossi, piccolino, magrolino e di pelle chiarissima. Ma non fidatevi delle apparenze: non è unapromessa del wrestling, lui è la promessa, e il bello è che la mantiene. Un formaggino da guerra. Non so se avete un’idea di cosa voglia dire passare venticinque minuti sul ring a prenderne tante ma tante ma tante. Non so se immaginate il fiato che ci voglia per tenere quel ritmo senza commettere un solo errore, senza mollare un secondo. Ed è quasi imbarazzante dire che non è stato un adolescente ad essere all’altezza di Manero, ma che sia stato Manero ad essere all’altezza di Akira. In sala ci sono la mamma e i fratellini a condividere la sua sofferenza e a tifare per lui. Chissà cosa si prova a vedere il proprio figliolo o il proprio fratello combattere in quel modo per la cintura, come uno grande, meglio dei grandi? I bambini del pubblico, persa ogni timidezza, sono tutti a bordo ring a urlare, tifare e commentare. Rimangono allibiti nel vedere il petto di Akira, devastato di chop e colpi subìti, pieno di graffi da cui stilla qualche goccia di sangue.
“Sangue! Allora non fanno finta!” Nei loro occhi si legge lo sgomento e il rispetto per aver realizzato che qui è tutto ben diverso da quello che credevano. Dopo venticinque minuti di delirio e di tifo stellare, Akira si aggiudica il match ed è il primo minorenne in assoluto a guadagnarsi un titolo, in Italia. No, non ancora… colpo di scena: non è finita! Dopo averlo abbracciato per congratularsi, Kobra fa un voltafaccia e “lo sedia” alle spalle mentre lui esultava con la cintura in mano. Il match riprende perché Kobra vuole che la cintura rimanga nelle mani dell’Arcadia. Non sappiamo con quale fiato e con quale energia, ma Akira tiene duro e va avanti fino a che non è Kobra a cedere. Signore Iddio, questo piccolino è stato fenomenale, e vederlo con la cintura in mano ci emoziona in modo assoluto. La nostra Erika Corvo, soprannominata “la mamma di tutti i wrestler”, non si smentisce. Si abbraccia il piccolino, lo bacia sulle guance e con gli occhi lucidi gli sussurra: “bravo, bambino mio; sei stato un grande!”
Che la leggenda abbia in inizio!
E anche per stasera è andata.
Ma come le altre volte, le emozioni non sono ancora finite. Torniamo a casa in macchina con The Greatest e Kronos, e non sono in tanti quelli che possono dire di aver sentito TG cantare “Il Mare Calmo della Sera” di Bocelli. Da brividi e pelle d’oca alta un dito. Noi c’eravamo. Voi no. Cicca cicca, la prossima volta venite anche voi!