Forse qualcuno si ricorda del film “Il ruggito del Topo”, interpretato da un grandissimo Peter Sellers. Che succedeva, in questo film ve lo spiego in due parole. Intorno agli anni ’50, il piccolissimo ducato di Gran Fenwick è sull’orlo della bancarotta. La Duchessa riunisce il governo per stabilire quali provvedimenti adottare per tentare di superare la crisi. Viene votato all’unanimità il piano di dichiarare guerra agli Stati Uniti, perderla, poi rivolgersi al Paese vincitore per ottenere delle sovvenzioni finanziarie. Venti soldati (l’intero esercito del ducato) sbarcano a New York armati di corazze, archi e frecce, ma arrivano mentre è corso un’esercitazione antiatomica e la città è completamente deserta. Per una serie di equivoci e avventure esilaranti, finisce che si impadroniscono della bomba atomica, e allora sono gli Stati Uniti a firmare la resa senza discutere e intavolare trattative. Cosa c’entra tutto questo col wrestling? Bene, allora adesso immaginatevi un ragazzo che decida di iscriversi ad una scuola di wrestling. Ma non è alto, non è snello, non ha il viso di Brad Pitt, ha la panza ed è pure un po’ strabico. Lui, come il ducato di Gran Fenwick contro gli Stati Uniti, qui rappresentati da quelli alti, belli, biondi, longilinei, muscolosi e palestrati. Scommettiamo che vince lui? Vi raccontiamo la sua storia! Sedetevi, buoni buoni che ne vale la pena! Ciao Emilano! Felicissima di poter fare quattro chiacchiere con te. Vorresti raccontarci la tua vita, che siamo davvero curiosi?
Cominciamo dal principio: dove sei nato e che tipo di famiglia era la tua?
Innanzitutto un saluto a tutti i lettori! Sono nato in quel di Calcinate (BG) il 15 maggio del 1996. Purtroppo avevo già fretta, a quei tempi, e quindi sono nato due mesi prima della data concordata della nascita: in pratica sono un settimino. Questo ha portato a qualche complicazione: la più visibile è la malformazione della palpebra che rende un occhio più chiuso dell’altro, ma nulla di che, a me piace e non mi crea problemi. Sorprenderà alcune persone, ma quando sono nato pesavo poco più di un chilo: ben 1,080 grammi di bambino. A mia madre dissero che con gli anni avrei auto tutto il tempo di potermi sviluppare fisicamente e, mannaggia a loro, hanno azzeccato! Piccolino, ma già con l’indole del lottatore: ho dovuto combattere contro malattie serie, infatti ho avuto anche la meningite che poi, fortunatamente, con le cure adeguate è guarita. La mia è una famiglia classica, normale. Mio padre fa il muratore presso una ditta e mia madre lavora in un capannone dove fanno confezioni di plastica: gestisce la parte burocratica tra calcoli e e-mail. Vivo ad Urago d’Oglio (BS), praticamente sul confine tra la provincia di Brescia e quella di Bergamo, e quindi ho ereditato da una parte di famiglia le tradizioni bresciane, e dall’altra quelle bergamasche.
Che tipo di bambino eri?
Ero veramente pestifero, e forse a pensarci ora mi avrei dovuto prendere qualche ceffone in più, per come ricordo di essere stato! I cartoni animati erano la mia passione! Ricordo ancora le mattinate a guardare Digimon, Dragon ball, Pokemon, Cavalieri dello zodiaco, Power Rangers, Spiderman, Batman e tanti altri. Menzione d’onore ai due anime in assoluto in cima alla top ten, che già in tenera età mi accompagnavano con i loro messaggi di amore e fraternità, Kenshiro e soprattutto l’Uomo Tigre.
Con me nel bene e nel male: anche in ospedale ricordo che giocavo con molte action figure di cartoni animati facendoli lottare tra loro su un quadrato che allora non sapevo ancora cosa fosse… Però, pensa un po’, era un ring di wrestling! E se non è destino, questo! Ma torniamo a noi. Da bambino ne ho combinate parecchie, tra le tante, se ricordo bene, ho quasi beccato mio nonno in testa con la mazzuola che aveva in giardino. Ancora oggi me lo ricorda come se fosse la mia macchia sulla fedina penale. Altro episodio: mi sono praticamente attaccato all’esterno della ringhiera di casa mia che contornava parte dell’edificio e confinava con la proprietà del vicino. Sotto vi era il vuoto: c’era lo scivolo che portava in garage, una bella altezza! Quando mi resi conto che ad un certo punto non potevo più andare né avanti né indietro, almeno ebbi il buon senso di chiamare mia mamma perché mi levasse dai guai. Quella fu una delle volte che la vidi più nera del solito, povera donna. Successivamente sviluppai la passione per il mondo fantasy. Conobbi Harry Potter e me ne innamorai subito, pregando il buon Dio che Hogwarts esistesse davvero e che un giorno avrei ricevuto l’agognata lettera per partire e diventare cercatore di Grifondoro. Ero un ragazzo fantasioso e la mia massima aspirazione era diventare un personaggio dei cartoni animati, o un super eroe (anche pasticcione, volendo), che risolvesse i problemi del mondo. In un certo senso, piano piano ce l’ho fatta. Menzione d’onore anche ai due film che guardavo ossessivamente, da piccolo: “Il Mostro” con Benigni, e soprattutto “Tre Uomini e una Gamba” di Aldo, Giovanni e Giacomo. Inoltre incominciavo a conoscere qualche sport, tra cui il calcio (che poi è durato poco), e il basket (che mi accompagna ancora). Fu proprio da bambino che sviluppai la mia passione per il mondo nerd.
Il wrestling l’hai scoperto subito? In che modo?
È stato per caso! Ho scoperto l’esistenza del wrestling tornando a casa da una lezione del catechismo. Una delle cose che odiavo ferocemente, era passare la domenica pomeriggio chiuso in oratorio per fare la lezione di religione, come se la scuola normale non fosse abbastanza! Per di più, vedere i ragazzi più grandi che invece erano liberi e si andavano a divertire al bar dell’oratorio con i videogames cabinati di una volta, mi faceva morire di gelosia. Comunque, sulla strada verso casa, dopo quella lezione, io e mia mamma entrammo in un bar a prendere qualcosa, e trovai lì un mio amico, imbambolato al davanti al maxischermo. Cos’aveva da guardare così, come ipnotizzato? C’era qualcosa che non avevo mai visto: luci, colori, personaggi e cose nuove per il sottoscritto. Il mio amico si accorse di me e mi disse: “Stavolta Undertaker uccide John Cena”.
Ovviamente, per me era arabo, quindi il mio amico mi spiegò pazientemente cosa fosse il wrestling, i suoi personaggi, i suoi ppv e gli show. La cosa mi intrigò davvero, e alla prima occasione mi fiondai su Italia 1 a vedere anch’io la WWE. Ricordo ancora alcune scene, da Lesnar che butta Gowen in carrozzina giù dalle scale, a Eddie che annaffia Big Show con il letame e molti altri! All’inizio pensavo che esistesse solo Smackdown, come programma della WWE, poi venni a sapere che ci fosse anche Raw, da me soprannominato “Lo show dove ci sono gli oggetti”. E poi la TNA, con Impact, e la scoperta del fenomenale AJ Styles, che ancora oggi resta uno dei miei idoli assoluti. Erano gli anni del boom della WWE in Italia, e alle elementari era come se il Wrestling fosse compreso tra le materie di insegnamento. Sfruttavamo l’intervallo per scambi di figurine (con cui potevi conoscere gli atleti che non vedevi in tv) in modo frenetico, compulsivo, come se non ci fosse un domani! Ricordo le mosse pronunciate male, i nomi storpiati, i nomi dei PPV distorti dalle nostre boccucce che ancora non conoscevano l’inglese – cose che se provi a dirle ora ti sbranano, sulla rete! E non ci dimentichiamo delle prime “donnine” del wrestling, da Torrie Wilson a Trish Stratus, per passare a Lita e a molte altre. Diciamo che già all’epoca avevamo un pochino di occhio critico per le belle ragazze. Bei tempi!
Il wrestling e la scuola sono sempre convissuti senza interferire l’uno con l’altro?
No, non c’erano interferenze, c’era spazio e tempo per tutto. In ordine di importanza: Wrestling, scuola, sport, e poi altri svaghi e passioni. Il wrestling diventò parte importante della mia vita, e ricordo ancora le notizie condivise con gli amici, i regali di compleanno, le cinture che invidiavo, i dvd. Ricordo ancora che quando sbattei la testa contro il calorifero, per non piangere troppo dal dolore, pensavi di aver terminato un incontro di wrestling come quelli della WWE, dove talvolta si vedeva del sangue. Quanto alla scuola, individuai presto cosa facesse o non facesse per me. L’inglese mi piaceva un sacco perché era la lingua del wrestling, ma anche storia era una materia piacevole. Matematica, la odiavo: troppi numeri e calcoli complicati. Educazione fisica mi piaceva. Un’altra passione era il teatro, l’ho amato davvero tanto e ho avuto tante occasioni in cui mi sono impegnato a fondo recitando in alcuni spettacoli. In terza media ho avuto la parte di Danny Zuko di Grease, figuratevi! (si vede che il sex appeal, tutto sommato, non mi manca!) E poi c’era lo sport, tutto quello che ho potuto praticare, passando dal nuoto al karate, poi al calcio, alla pallavolo, al kick boxing, e infine, naturalmente, al wrestling.
Menzione d’onore all’hip hop che mi fece ballare con gioia per un anno. Menzione disonorevole al calcio, che sembrava fosse uno sport aperto, che permettesse di giocare a tutti i bambini, ed invece la filosofia era limitata a: “Se sei bravo giochi, se no non ti chiamo nemmeno”. L’antitesi dello sport. Lo abbandonai subito, e il mio rapporto con il pallone fu quasi solo da spettatore, anche se, il mondo del calcio, lo abbandonai definitivamente solo pochi anni fa.
E gli studi? Come sono proseguiti?
Dopo le medie ero convinto che il mio futuro fosse tra i fornelli di un ristorante, e mi iscrissi alla scuola alberghiera, all’istituto A. Mantegna di Brescia. Nei primi due anni imparai le basi dei tre lavori proposti tra cui poi poter scegliere (cucina, sala bar o assistenza turistica), ma sapevo che mi sarei orientato verso la Sala-Bar, soprattutto per la mia passione per i Cocktails.
Ricordo ancora il prof che ci mostrava i vari ingredienti da miscelare, lo shaker, i cubetti di ghiaccio, il martini e le sue varietà. Amavo soprattutto le decorazioni, gli abbinamenti con stuzzicherie e piatti alla lampada (una sorta di fornelletto che usano gli addetti di sala per cucinare), i vari servizi ecc. Ero deciso ad intraprendere quella strada, se non fosse per il fatto che era scoppiato il boom delle trasmissioni culinarie e senza neanche sapere bene il perché e il percome, alla fine scelsi di fare cucina. Anche se poi per vari motivi ho deciso di intraprendere un’altra strada ho dei bei ricordi delle lezioni passate con un professore con cui ero molto in sintonia, un uomo simpatico che ho rispettato e rispetto tutt’ora, che mi ha insegnato tantissimo sia sulla cucina che sulla vita, e che stimo tuttora. La parte brutta della scuola alberghiera, l’incubo, erano gli eterni, immutabili contorni di patate, anche quando in menù avremmo dovuto avere anche altre verdure e legumi. Invece ci davano solo quelli perché costava meno. Ricordo bene l’amore per i primi piatti tra risotti, casoncelli e gnocchi, la mia incapacità nei secondi e nei piatti alla griglia. E poi i dolci, che più erano buoni più erano difficili da preparare, e se sgarravi anche di poco era tutto da buttare. Ma dopo due stage fatti nello stesso ristorante, sul lago di Garda, compresi che nonostante tutta la bella passione, no, quello non sarebbe stato il mio lavoro. Una esperienza bella dura: per la prima volta mi ritrovavo da solo, lontano da casa, e per quanto appagante fosse il mondo della ristorazione, era una vita troppo dura. Per cinque anni, ogni giorno, mi sono svegliato alle 5.30, ho preso il pullman, poi il treno per raggiungere la scuola, e anche al ritorno lo spostamento era lungo quanto una quaresima! Sono bastati due stage a farmi capire che tutto questo, l’avevo fatto inutilmente. La sola cosa positiva, alla fin fine, era la scoperta che il polo di Brescia della ICW si allenasse a pochi passi dalla scuola, così nel 2013 presi la palla la balzo e, come regalo di compleanno, mi iscrissi e mi buttai a capofitto nel mondo del wrestling.
Ma guarda un po’ il destino! E com’è andata la prima lezione? Che ambente hai trovato?
Premetto che la ICW la conoscevo da mooolto tempo, infatti il mio primo contatto fu con i quaderni Pigna alle elementari. Magari non ci crederete, ma in copertina avevano gli atleti ICW! Andavo a scuola con la faccia di Red Devil stampata sul quaderno, capite? Peccato non averne conservato uno, adesso sarebbero pezzi di storia! Successivamente mi fiondai sul sito ICW e su Youtube dove vidi per la prima volta in azione quelli che sono immediatamente diventati i miei eroi. Ad esempio Red Devil (Che faceva impazzire un mio amico), Kaio, Charlie Kid, OGM, Corleone, Doblone e molti altri. Ma non solo ICW, seguivo anche altre federazioni italiane, dalla XIW alla TCW, per poi passare alla 2PW e molte altre. Ricordo ancora quando vidi il mio primo spettacolo dal vivo nel 2012, arrivai a Trescore alle 17.30 mentre ancora gli atleti si allenavano sul ring, e lo show era alle 20! Non so il perché, ma volevo essere là prima degli altri a prendere il posto!
Comunque, dopo anni che continuavo a prefissarmi di provare a fare wrestling, praticamente obbligai un amico ad andare a provare insieme a me adducendo un mucchio di scuse, ma la verità è che io, il coraggio di andare da solo, non ce l’avevo proprio. Lì mi sono sentito in imbarazzo tremendo: erano tutti alti, grossi e muscolosi, e io, piccoletto e con questa forma ovale non ero certo alla loro altezza. Ad ogni modo, non so cosa loro avessero pensato vedendomi, ma mi accolsero molto bene, cordiali e amichevoli. C’erano Crazy G, il trainer, e poi Tony Callaghan, Riot, Nick Lenders, Gargoyle e tanti altri. Mi presentavano dei ragazzi ma a me sembrava che mi presentassero il wrestling! Per me, che li avevo conosciuti su Youtube e seguito le loro gesta, non erano solo ragazzi normali, ERANO EROI, al pari di Batman e Goku. Era un sogno che si realizzava! Avrei fatto qualsiasi cosa per impressionare i compagni, far vedere loro che ce la mettevo tutta e che non avrebbero sprecato il loro tempo, con me. Beh, eccomi lì, catapultato nel mondo dei bump, body slam, suplex e tutti i fondamenti della disciplina, che amai e rispettai. Sembrava davvero un sogno ad occhi aperti. I ragazzi non se la tiravano per niente, anzi! erano disponibili all’ascolto e al dialogo. Se sbagliavi qualcosa, poco male: si ripeteva e via. È stato quello spirito di gruppo, quel senso di appartenenza, di solidarietà, che mi fece amare il mondo del wrestling, anche essendo alto 1,62 per novanta chili di peso.
Ma dunque, se il tuo fisico, all’interno di una cucina sarebbe stato normalissimo, in quell’ambiente come è stata vista la cosa? Sei stato incoraggiato, o ti hanno consigliato di lasciar perdere? Che tipo di atteggiamento hai trovato?
Ero piuttosto impaurito di cosa potessero dirmi riguardo alla mia forma fisica, avevo una paura tremenda di essere scartato come era successo sui campi da calcio. Invece, non solo nessuno mi disse niente e ci si allenava serenamente, mi incoraggiarono, mi stimolarono a migliorare. Certo, ho tuttora le mie lacune e dei limiti fisici che non mi permettono di fare certe cose, ma nessuno mi ha mai detto che non fossi adatto o non fossi abbastanza “tosto”. Anzi, questo lo voglio citare, Tony Callaghan un giorno mi disse una frase che mi restò nel cuore; “Tutti possono fare wrestling! Basta aver sacrificio e impegnarsi. Non è vero che il wrestling è per pochi: se ce la faccio io puoi farcela pure tu.”
Torniamo un attimo al lavoro: se diventato cuoco o hai preso altre strade?
Purtroppo la vita da Chef non era proprio per me. Come dico spesso, forse ho fatto l’alberghiero perché, più che cucinare, mi piace mangiare. Terminata la scuola ho fatto il muratore per un mese insieme a mio zio, e solo allora ho capito quanto duro può essere questo lavoro, che mio padre fa da tanti anni senza mai lamentarsi.
Dopo quella esperienza, ho fatto per due settimane il lavapiatti in una birreria, e da allora dichiarai chiuso il paragrafo ristorazione, almeno in veste di dipendente: coltivo ancora il sogno di aprire una paninoteca, hamburgheria o qualcosa del genere. Adoro lo street food e sento che prima o poi ce la farò a raggiungere questo obiettivo, in un modo o nell’altro. Cambiai genere completamente: un anno di servizio civile presso il centro diurno disabili di Rudiano (BS), e lì capii che quella era la mia strada! Con i colleghi egli ospiti mi trovavo benissimo, assolutamente a mio agio. È stato parecchio tempo fa, eppure ancora oggi noi ex del servizio civile ci sentiamo e ci teniamo in contatto. Abbiamo condiviso tutto: i sorrisi e la rabbia, gli abbracci e il rancore, le soddisfazioni e le frustrazioni. Eravamo una vera squadra, e ancora oggi sento se potessi tornare indietro, lo rifarei volentieri. Questa esperienza positiva sotto tutti gli aspetti mi ha spinto ad iscrivermi ad un corso di Operatore Socio Sanitario. Sì, questo sì che faceva per me, e trovai lavoro quasi subito dopo aver terminato il corso! In poco tempo mi trovai assunto (a chiamata, d’accordo, ma coi tempi che corrono non ci si può lamentare) nella Cooperativa per cui ancora oggi lavoro. Per ora faccio i turni in una stessa comunità, che ovviamente deve coprire tutte le ventiquattro ore, ma capita che mi debba spostare in altri centri per sostituire qualcuno. Non solo la cosa non mi pesa, ma mi permette di confrontarmi con diverse realtà all’interno dello stesso ambito, di conoscere gente nuova e situazioni differenti. Questo mi aiuta a crescere professionalmente, mi porta tante soddisfazioni anche a livello personale e mi fa proseguire nei miei obiettivi a testa alta.
E adesso torniamo al wrestling. Sono cinque anni che ti alleni… Racconta!
Beh, agli inizi mi allenavo al Polo di Brescia della ICW, dove purtroppo non c’era il ring. Ma questo poco importava, perché chi ci allenava ci sapeva fare, e le basi puoi impararle anche sui tatami e sui materassoni. Poi sono passato al polo di Bergamo per varie esigenze che nel tempo erano cambiate (anche se mi piace pensare di essere stato draftato) A Bergamo, il ring c’era, e ho potuto imparare tutto il resto, colmando varie lacune. La mia prima volta sul ring fu ad ICW Pandemonium del 2013, durante uno stage tenuto da Crazy G che quella sera sarebbe diventato membro dell’arca della gloria. Ero spaventatissimo, non solo perché adesso si faceva sul serio, ma per la tutta la gente che partecipava allo stage: arrivavano da tutti poli sparsi per l’Italia, anche i toscani che si erano affiliati da poco alla ICW. Ricordo in modo particolare Eron Sky, allora giovanissimo, che mi fece uscire di testa per come era bravo! E uscirono di testa tutti quanti all’arrivo di Tony Storm (un bellissimo pezzo di figliola neozelandese), tanto che per qualche secondo l’allenamento si interruppe di colpo, tutti lì a bocca aperta… Gnocca a parte, fu davvero bello potermi confrontare con altri colleghi, abbracciare o riabbracciare amici che di solito sentivo solo sul web e condividere la mia passione senza pregiudizi. Davvero fantastico!
E il tuo personaggio, come si è evoluto?
Il mio personaggio nacque in Bullfight per pura necessità: purtroppo Akira si era infortunato e non potevano lasciare il loro campione Gore Mirko Mori senza un match. Pensare che io avevo già comprato i biglietti per quello show, ma quella mattina mi arrivò un messaggio sul cell in cui mi si chiedeva se avessi voluto lottare contro Mirko. Mah, nn volevo, ero spaventato, Mirko è uno che picchia duro… Mi convinse il mio amico “El Gringo Emanuel” che sosteneva – a ragione – che finalmente ci sarebbe stata l’occasione di farmi conoscere. Anche Mori, scherzando, disse che non vedeva l’ora di mettermi le mani addosso. “El Gringo” venne con me e già mi sentii più tranquillo, decisi che fosse venuta l’ora di buttarmi nella mischia. Avrei dovuto lottare mascherato e mi trovarono in quattro e quatt’otto il nome di “Los Dos Panzeros” per il semplice fatto che sembrava che avessi due pance invece di una. E che vi devo dire? Fu un successo! Quella sera nacque la mia gimmick. Il pubblico si innamorò subito del personaggio, anche se semplificò il mio nome in “El Panzero” perché nessuno riusciva a pronunciare quello originale. Ma furono tre minuti che mi sembrarono almeno mezz’ora, dove Mirko mi prese a cazzotti dall’inizio alla fine, e la fine non arrivava mai, e quando arrivò era meglio che non fosse arrivata: mi beccai il mio primo bump serio, un piledriver! Ricordo ancora che prima di atterrare guardai i miei amici a testa in giù come a dire “è stato bello”. Rivedendo l’incontro in video, ho sentito i miei amici che erano davvero spaventati per le botte che avevo preso. Ritornato nel backstage piansi come un vitello sia dalla gioia che dal dolore, alla faccia che il wrestling è finto! Ma combattere con la maschera sul viso non mi piaceva, non mi ci trovavo, e per comodità decisi di lasciarla perdere. Mi fasciai la testa con una bandana messicana, presi ispirazione da un attore che in qualunque film recitasse si chiamava sempre Hector. Mi ispirai pure a Big Smoke, un personaggio del videogame di GTA San Andreas, e tutto era al suo posto. E via, verso il mio primo match! Ero contro Rick Barbabionda, e anche lì ho perso in tre minuti. Ma poco importa, perché “El Panzero” Hector era nato ed aveva fatto la sua comparsa ufficiale in ICW. Ancora oggi sono contento di aver una gimmick che può essere sia commedy che seria allo stesso tempo.
C’è stata gente che ti abbia insultato o deriso?
Oh si! Vorrei citare un pirla che su FB faceva il leone da tastiera, e mi insultava dicendomi che non fossi adatto e che avrei dovuto vergognarmi. Avendo ricevuto in vita mia insulti migliori, ho lasciato andare fino a che un giorno ne ho avuto le scatole piene e allora ho risposto. Non insultando a mia volta ma argomentando, citando fatti e persone! In che modo? Il concetto che io esprimo in questi casi è semplice. È vero, non sono alto, magro e muscoloso, ed è vero che sono incapace sul ring (mai mi sentirete dire che sono bravo a fare wrestling). Ma se mi hanno concesso uno spazio, se mi hanno fatto debuttare, se mi hanno dato fiducia gente come Mirko Mori, Nick Lenders, Mr Excellent e via dicendo, vorrà dire qualcosa! E quel tipo, da quel giorno, non solo ha smesso di insultare, ma non l’ho più sentito e non mi ha più dato fastidio. È stata una grande soddisfazione, perché vuol dire che qualcosa di buono lo sto facendo e in molti lo apprezzano.
È vero, non avrai mai il fisico di Red Devil, ma abbiamo notato con piacere che all’ultimo show della serie “Attacco sull’Adda”, l’applauso più forte è stato per te. Tanti anni fa c’era un attore, Ernest Borgnine, a cui all’inizio davano solo parti da cattivo perché il suo viso non era bello. Quando sorrideva sembrava una zucca di Halloween! E questo Borgnine sorprese tutti quando, avuta una parte da buono, fu talmente intenso nella sua interpretazione da fare intenerire chiunque, creando il personaggio del “brutto che piace”. Timido e gentile ma leale e coraggioso, e piaceva anche di più proprio perché non era bello. Pensi di proseguire sulla stessa strada?
Si, potrebbe essere. L’ovazione di San Martino è stata una vera sorpresa per me, perché forse la mia vittoria su Excellent era proprio inaspettata. Ho dato tutto per metterlo giù e ce l’ho fatta, poi il pubblico che cantilenava “This is Awesome” mi stava facendo impazzire! Cioè, un coro riservato a chi è un fenomeno viene cantato a me? Ho troppo apprezzato, ma questo non solo non mi appaga e non mi induce a riposare sugli allori, ma mi stimola anche di più nel migliorare e lavorare a testa bassa, troppo facile gasarsi e autocompiacersi al primo risultato positivo: è qui che viene fuori il wrestler vero e proprio.
Andando sul frivolo, alle donne, piaci?
Non proprio, ma giustamente. Le donne della mia età cercano bellezze esotiche, uomini belli in tutto e per tutto, con fisico scultoreo e visi alla Brad Pitt. Però ho tante amiche, non sia mai! Del resto io sono un tipo che non ci prova con le donne. Non perché abbia altri piaceri, ma per il semplice fatto che sono un timidone. Cercare di cuccare con le ragazze non è il mio sport preferito, e tante ragazze che mi sono piaciute sono sparite. Ma questo non vuol dire che sia disperato. Al contrario, come disse Vin Diesel: “Vivo la mia vita un quarto di miglio alla volta”. Quindi, con il tempo, anch’io troverò la persona giusta per me, ne sono convinto!
Dividiamo i sogni in due categorie: realizzabili e assolutamente di fantasia. Quali sono i tuoi?
Di fantasia… Beh mi piacerebbe molto fare un tryout in WWE… Ma come ring announcer. Credo che come lottatore mi butterebbero subito fuori in strada a calci, ma presentare mi riesce piuttosto bene ed è una strada che se potesse portarmi all’estero e magari venire pagato, un lavoro vero, che diavolo, lo farei proprio con piacere.
Realizzabili… mi piacerebbe molto lottare all’estero, Inghilterra e Giappone primi su tutti. Forse la terra del Sol Levante mi ispira in modo particolare perché adoro il Puroresu e il modo in cui i giapponesi si approccino al wrestling. Inoltre vorrei fare stage in giro per il mondo, Inghilterra e Germania su tutti, e poi l’America. Soprattutto sogno di andare alla Wrestle Factory di Mike Quackenbush, e magari poter presenziare ad un evento Chikara.
Quali sono i ricordi più belli e più brutti del wrestling in televisione?
Di belli ne ho fin troppi, dalla vittoria del titolo della TNA di AJ Styles, al primo regno di campione di john Cena, al ritorno di Jeff Hardy in WWE, al segmento di Edge e Lita (Si, per me fu infanzia). Bobby Lashley che prende a schiaffi Simon Dean, la DX, e soprattutto la mia federazione preferita che anche se sepolta mi fa piangere ancora il cuore: E-C-W!
Di momenti brutti ricordo purtroppo la scomparsa del mio idolo numero uno: Eddie Guerrero, e due anni dopo di Chris Benoit. Hanno lasciato un vuoto pazzesco dentro ognuno di noi, che nella nostra ingenuità di bambini li consideravamo immortali e invincibili come tutti i supereroi.
Quando dici che fai wrestling, la gente come ti vede? Che reazioni noti?
Un mio amico, un giorno in cui stavo chiacchierando con una ragazza conosciuta da poco, mi suggerì di non dirlo perché non è una cosa da tutti i giorni incontrare un wrestler. Molti non apprezzano la cosa, associando immediatamente questo sport alla violenza bruta. Ma ora, dopo aver debuttato, soprattutto nel paese in cui vivo, molta gente mi etichetta come “Il wrestler”, e non in modo dispregiativo, ma con rispetto e ammirazione. Mi chiedono spesso quando lotterò qui vicino, se riuscirò nelle mie imprese, e a me fa piacere tutto questo interesse. Vuol dire che forse qualcosa sta cambiando nella mentalità delle persone, e che il wrestling fa ancora parte delle fantasie e dei ricordi buoni di ognuno di noi. È una cosa inusuale, lo so, ma vedo che la gente l’apprezza e non può che farmi piacere
Che cos’è, per te, il wrestling?
Per me è sport, è spettacolo, è il cinque al bambino in primafila, è il booh, è la folla in delirio. Il wrestling è esprimere le tue emozioni alla massima potenza, è un cuore che pulsa, è vita, è emozione viva e vera, è il sorriso degli spettatori dopo che ne hai prese tante, fin troppe, ma sai che se loro sono contenti lo sei pure tu!
Emiliano, grazie di essere stato con noi! È molto bello quello che ci hai detto e i concetti che hai espresso. Vuoi lasciarci con un aforisma che senti particolarmente tuo, o con qualcosa che vuoi dirci?
Sicuro. Questo è un messaggio che volevo prima o poi dire a tutti quei ragazzi che hanno paura di dire la loro, che si sentono oppressi dai giudizi, criticati o bullizzati per le loro passioni. E voglio farlo citando le parole di un ragazzo che tanti deridevano, e invece è diventato un rapper di fama internazionale: “Fate ciò che pensate VOI sia giusto per la vostra carriera, non quello che dicono gli altri, perché se ce la fate, gli altri saranno INVIDIOSI!”
Cazzo se Fabri Fibra aveva ragione!
Erika Corvo