In questo periodo di pandemia in tutto il mondo abbiamo sofferto per l’isolamento da amici e parenti. Il nostro umore è cambiato: non di rado ci siamo sentiti giù di tono e privi di energie. Nei casi più gravi, la flessione dell’umore è sfociata in depressione.
Che l’isolamento sociale abbia delle conseguenze sul comportamento, tuttavia, non è un fatto che riguarda solo noi umani. Come dimostrato da alcuni esperimenti, provoca effetti negativi anche sugli animali, e perfino sugli insetti.
Un team di ricercatori dell’Università di Mainz, coordinato da Inon Scharf, ha condotto un esperimento relativo agli effetti dell’isolamento su insetti sociali per eccellenza, quali le formiche. Lo studio è stato pubblicato su “Molecular Ecology”.
La natura sociale delle formiche e la loro peculiare organizzazione le ha rese perfette per le osservazioni. Il fatto che siano piccole, infatti, non deve lasciarci pensare che non siano creature in grado di organizzare una struttura sociale di una certa complessità.
La specie prescelta è stata la Temnothorax nylanderi, una formica che vive in colonie di qualche centinaio di individui nel sottobosco. Sono state prese in esame le formiche operaie di 14 colonie, deputate alla cura della covata. Queste ultime sono state prelevate dai nidi e sottoposte a isolamento forzato per un arco di tempo compreso tra un’ora e un mese.
Una volta reintrodotte nei nidi, le formiche hanno dimostrato un comportamentoalterato, dedicando più energie al lavoro e passando molto meno tempo con le altre compagne adulte. È stato anche osservato che dedicavano meno cura alla propria igiene, proprio come fanno gli umani costretti alla solitudine. Inoltre, si è evidenziato in loro un calo delle difese immunitarie, che le esponeva maggiormente al rischio di infezioni e malattie.
Un’altra ricerca, pubblicata dalla “Royal Society”, ha dimostrato che l’isolamento sociale riduce la fertilità di un’altra specie di formiche, comunemente dette “salterine indiane” (nome scientifico: Harpegnathos saltator).
Le regole sociali di queste formiche prevedono che, se la regina muore, il 70% delle operaie per circa quaranta giorni entra in competizione, con l’obiettivo di assumere il ruolo di reggente: l’unica in grado di riprodursi. Quando la vincitrice ottiene il suo ruolo, le dimensioni del suo cervello diminuiscono, mentre sviluppa le ovaie. Il cervello, infatti, richiede molte energie, che la regina deve convogliare nella riproduzione, mentre le operaie si occuperanno di procurare il cibo e difendere il nido dai predatori.
Le regine isolate dai ricercatori sono state vittime del terribile effetto collaterale: una volta reintrodotte nel nido, sono state destituite dalla loro carica e bloccate dalle compagne, fino a quando le loro ovaie non si sono ridotte e il loro cervello non ha riacquisito le dimensioni originali. A quel punto, sono tornate a ricoprire il ruolo di operaie.
Gli esperimenti non finiscono qui. Uno studio condotto dalla Cornell University di New York e pubblicato sulla rivista “Biology Letters” ha dimostrato che anche le vespe patiscono le conseguenze dell’isolamento forzato, alterando il loro comportamento. In questo caso, protagonista è stata la vespa Polistes fuscatus, insetto che trascorre la vita con le proprie compagne.
In questo caso, gli effetti deleterei hanno riguardato il cervello: le vespe isolate hanno perso la capacità di riconoscere i volti dei loro simili, abilità indispensabile per la loro sopravvivenza. Queste vespe, infatti, vivono in nidi di un centinaio di individui, divisi in gruppi che cooperano tra loro, ognuno coordinato da una regina. In una società così complessa, il riconoscimento reciproco è fondamentale, per evitare malintesi e conflitti.
Gli scienziati hanno prelevato alcune larve dalle colonia, crescendole in isolamento per alcuni mesi. Al termine del periodo di prova, i cervelli di queste vespe erano cresciuti del 13%, secondo la norma, ma presentavano un’importante differenza: la regione cerebrale coinvolta nella distinzione degli oggetti e dei colori era più piccolo del 10% rispetto a quello delle compagne cresciute in condizioni di normalità. Private del tessuto sociale, le vespe hanno sviluppato un’anomalia dalle gravi conseguenze per la loro sopravvivenza.
Peter Paul Huayta Robles