Tre donne dalle incredibili virtù e qualità, i cui destini si intrecciano nel tempo mirabilmente: Caterina d’Alessandria, Ipazia e Giovanna d’Arco. Cos’hanno in comune? Cosa le lega così profondamente? Ripercorriamo insieme le loro vicende.
Caterina era una giovane di bell’aspetto e viva intelligenza, così affascinante che Massimino, governatore di Siria e d’Egitto, appena giunto ad Alessandria nel 305 d.C., se ne innamorò perdutamente e la chiese in sposa. Massimino, però, era pagano e Caterina una fervente cristiana. Questo la portò a rifiutare i suoi corteggiamenti più e più volte. Anche quando le inviò in ambasciata i cinque filosofi più illustri del tempo, nel tentativo di convertirla al paganesimo. Massimino non aveva fatto i conti con l’eloquio fluente e carismatico di Caterina, che finì per convertire alla nuova religione tutti e cinque i filosofi pagani!
Il governatore, a quel punto, andò su tutte le furie: condannò al rogo i filosofi e fece murare viva Caterina in una prigione. Ma le fonti agiografiche parlano di un miracolo: una colomba ogni giorno portava il cibo alla giovane, impedendo che morisse di fame. Massimino, allora, cambiò pena: decretò che Caterina venisse straziata da una ruota dentata. Anche in questo caso avvenne un miracolo: la ruota si ruppe e molte furono le conversioni che seguirono. Alla fine, la giovane fu decapitata. Secondo la tradizione, dal suo collo sgorgò latte e degli angeli trasportarono il suo corpo sul monte Sinai.
Caterina fu impeccabile in vita e si sacrificò come martire per difendere il Cristianesimo, tanto che divenne santa. Molti repertori parlano di una sua sospensione dal martirologio tra il 1962 e il 2002, periodo in cui la Chiesa si riservò di effettuare alcune indagini e revisioni sulla vita dei santi e la loro effettiva esistenza. Tuttavia, le fonti non si esprimono in modo univoco su questa sua temporanea esclusione dal novero dei santi.
Si è detto del suo eloquio, della sua capacità di persuasione in fatto di religione e filosofia, della sua abilità nel perorare la propria causa e confutare le tesi opposte. Queste qualità, benchè messe al servizio del Cristianesimo, ricordano da vicino quelle di un’altra donna di Alessandria: Ipazia. Ritenuta pericolosissima dalla Chiesa, in quanto grande filosofa, matematica e astronoma pagana. Eccellente studiosa, teneva lezioni pubbliche ed era una maestra rinomata. Affascinante, avvenente e dotata di una fluente dialettica, Ipazia riusciva spesso ad avere la meglio nelle dispute religiose con i Cristiani. E per questo fu lapidata nel 415 da alcuni monaci. Impossibile non notare le potenti analogie tra le due figure femminili, benché speculari tra loro.
Caterina si ricollega, poi, ad un’altra figura femminile: fu proprio lei ad apparire a Giovanna d’Arco, altro personaggio ritenuto controverso dalla Chiesa, accanto a Santa Margherita e all’Arcangelo Michele per svelarle la sua missione: porsi alla testa di un’armata e condurre le truppe francesi a liberare Orléans dagli inglesi. Un’altra giovane donna che, grazie alle sue abilità di eloquio e alla sua presenza carismatica, è riuscita a persuadere il re Carlo VII, ridare entusiasmo all’esercito e guidarlo verso la vittoria. E fu nella chiesa a dedicata a santa Caterina d’Alessandria, nella città di Turenna, che Giovanna d’Arco fece benedire la propria spada prima di scendere in battaglia. Ma una donna con tanto potere non poteva mantenere il successo a lungo. Vista con diffidenza, fu lasciata sola, poi catturata dai nemici e tradotta di fronte a un tribunale di ecclesiastici. Qui fu torturata e sottoposta a estenuanti interrogatori. La Chiesa non ebbe dubbi: Giovanna era un’eretica e come tale andava andava condannata al rogo. Fu così che, dopo aver portato gloria alla Francia, fu uccisa nel 1431. La sua vicenda, però, non si concluse così. La Chiesa tornò a riflettere sulla sua figura e decise di riabilitarla. Nel 1909 fu beatificata da papa san Pio X e nel 1920 canonizzata come santa dal futuro papa Benedetto XV.
Insomma, tre figure femminili troppo forti, troppo attive, troppo talentuose. E proprio per questo ritenute pericolose. Ucciderle, sacrificarle, martirizzarle è stata ritenuta l’unica soluzione per soffocarne la voce. Ma, in fondo, è servito a cancellarne la memoria?
Luana Vizzini