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Uniformi militari. Dalle origini alla tuta mimetica

Il fascino dell’uniforme è trasversale a ogni epoca. Una divisa militare attira l’attenzione e ispira rispetto. Ma quando sono nate le uniformi?

I soldati e i loro superiori di vario grado hanno sempre indossato un abbigliamento consono alla battaglia, ma il concetto di divisa uniforme a tutto l’esercito diventa una pratica consolidata solo nel XIX secolo. Precedentemente, per capire a quale esercito appartenesse un soldato si faceva affidamento alle bandiere o a segni di riconoscimento, quali strisce di stoffa colorate avvolte intorno al braccio o al collo. Tuttavia, riconoscere i nemici nel pieno della battaglia non era sempre semplice, visto che spesso si univano agli eserciti anche soldati mercenari vestiti nei modi più disparati.

Nella foto, in alto: soldati schierati in uniforme

Le origini dell’uniforme non sono ben definite. Alcuni storici le fanno risalire all’esercito svedese di Gustavo Adolfo, altri agli olandesi di Maurizio di Nassau nel XVII secolo. Queste prime divise erano composte da giacche larghe, pantaloni larghi fino all’altezza del ginocchio e stretti alla caviglia e semplici scarpe. I colori dovevano essere molto vividi e ben riconoscibili. Perché non costassero troppo, ogni Nazione sceglieva i pigmenti maggiormente disponibili e più a buon mercato. Ad esempio, la Gran Bretagna optava per il rosso, la Russia per il verde, l’Austria per il bianco, la Francia inizialmente per il bianco e grigio, per il blu di Prussia dopo la Rivoluzione Francese. 

Solo nel XVIII secolo l’attenzione si sposta dai colori alla foggia delle uniformi, che si fanno sempre più spettacolari, ma anche scomode. Giacche e pantaloni diventano più aderenti, si indossano dei copricapo e le divise di più alto rango vengono perfino decorate con pizzi e merletti.

Saranno, però, la Rivoluzione Francese e le Guerre Napoleoniche a dare una svolta alla moda militare. Gli eserciti diventano molto più numerosi, le marce si fanno a tappe forzate, perfino in inverno e in zone dal clima rigido. Le uniformi imbellettate della metà del Settecento non sono più idonee. Nel XIX secolo i pantaloni tornano ad essere più larghi, cambia la forma dei copricapo e si indossano stivali per marciare anche nella neve. L’Ottocento, come si diceva, è il secolo in cui la pratica di indossare un’uniforme diventa comune a tutti gli eserciti.

Un’ulteriore cambiamento, però, investe la moda militare nel XX secolo. Le uniformi delle spedizioni coloniali durante l’epoca dell’Imperialismo assumono tinte chiare, date le alte temperature dei nuovi teatri di guerra (Africa e Asia Meridionale e Sudorientale). 

Nella foto, in alto: soldati indossano la tuta militare

Ma soprattutto le due Guerre Mondiali segnano una svolta, sia nel modo di combattere, che di abbigliarsi. Ormai le armi da fuoco sono sempre più letali e la modalità di combattimento privilegiata non è più il corpo a corpo o in schieramento. La Grande Guerra è nota come guerra di trincea. I soldati trascorrono un tempo che pare infinito nel fango dei camminamenti, il combattimento è statico, di posizionamento. È fondamentale restare invisibile al nemico. Dunque, si privilegiano i colori neutri, quali il kaki, il verde, il nero e il marrone. Infine, la Seconda Guerra Mondiale porterà l’ultima grande rivoluzione nell’abbigliamento militare, quello che diventerà un must fino ai giorni nostri: la tuta mimetica, progettata per camuffarsi con l’ambiente e sottrarsi all’impietoso fuoco nemico. 

Peter Paul Huayta Robles

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