Nella foto, in alto: la scuola superiore di Abbiategrasso, teatro del dramma
Storia di matrice americana. Texas style. Oggi, 29 maggio 2023, nell’hinterland milanese un ragazzo sedicenne, dell’Istituto Alessandrini di Abbiategrasso, alla prima ora del lunedì, accoltella alla testa e al braccio la sua professoressa di storia. Minacciando, poi, con una pistola giocattolo i suoi compagni. Tenendoli in scacco per un bel po’ di tempo. Docente stimata e donna conosciuta anche politicamente nella cittadina. Mai, e poi mai, si sarebbe aspettata un gesto così forte, efferato. Specialmente da un suo allievo.
A questo punto, facciamo qualche domanda allo psichiatra, dr. Enrico Zanalda, presidente della Società di Psichiatria Forense.
D. Cosa si potrebbe nascondere dietro questa scelta a 16 anni?
R . “La scelta di un adolescente di compiere un’aggressione allo scoccare della prima ora del lunedì, è solitamente il risultato di una complessa combinazione di fattori. Potrebbero nascondersi alla base disturbi psichici e/o uso di sostanze d’abuso che, soprattutto se presenti entrambi, aumentano il rischio di comportamenti violenti. Generalmente vi è comunque un fattore scatenante come essere o ritenersi vittima di bullismo o di altri torti che può scatenare azioni di rabbia e vendetta. Bisogna considerare comunque anche l’effetto che ha avuto tale episodio sui ragazzi che hanno assistito all’evento ovvero che sono stati testimoni passivi della violenza”.
D. E’ possibile prevedere quando una minaccia si concretizza in un’azione violenta?
R. “Prevedere quando l’evento si concretizza è estremamente difficoltoso. Tuttavia, ci sono alcuni segnali di allarme che possono essere colti purchè vi sia un’adeguata comunicazione tra ambiente scolastico e ambiente familiare. Se i due mondi non comunicano, difficilmente si ha una completa conoscenza dell’adolescente che consente di prevedere una parte di questi drammi. Altrimenti solo affermazioni esplicite sulle proprie intenzioni possono far prevedere l’episodio drammatico”.
D. Quali potrebbero essere gli effetti sui coetanei?
R. “Gli studenti che sono testimoni passivi di una violenza possono sviluppare sintomi di stress acuto, tra cui incubi, ansia, irritabilità, e difficoltà di concentrazione. La violenza può creare un senso di paura e insicurezza tra gli studenti, che potrebbero vivere l’ambiente scolastico come insicuro. A più lungo termine, l’esposizione alla violenza può aumentare il rischio di sviluppare problemi di salute mentale, come depressione e ansia o il disturbo post traumatico da stress. La chiave per mitigare questi effetti negativi è un intervento tempestivo di debrefing da attuare prontamente in gruppo con una chiara analisi di quanto accaduto. Molto importante ascoltare i ragazzi e le loro domande in proposito agli avvenimenti a cui hanno assistito. Per quei ragazzi per cui non è sufficiente il debriefing, si deve organizzare un supporto psicoterapeutico. Le scuole dovrebbero disporre di risorse per la consulenza psicologica e dovrebbero incentivare la comunicazione con le famiglie per individuare le situazioni di possibile sofferenza e disagio dei ragazzi dentro e fuori dalla scuola”.
Salvatore La Verde