Non avete idea di quello che ho dovuto penare per ottenere questa intervista. Il Marchese è un perfezionista esigente, anche più di quanto non lo sia io. Ogni parola è stata pesata e valutata. Ogni virgola, discussa. Ogni domanda è stata oggetto di polemica. Chiunque altro avrebbe lasciato perdere, o fatto due domande in croce e via. Ma è uno dei personaggi di maggiore spicco nel panorama italiano attuale del wrestling, e ci tenevo troppo a farvelo conoscere e ad apprezzare. Vi assicuro che ne è valsa la pena! Dichiarato recentemente miglior wrestler italiano. Metà dei wrestlers italiani sono stati sui allievi, o allievi di suoi allievi. Due cinture italiane – una in TCW e una in UIW, una in Austria e una in America in contemporanea fanno di lui il primo ed unico Quadruple Crown Winner europeo. Il primo atleta italiano residente in Italia a vincere un titolo statunitense. Un’altra quindicina di altre cinture conquistate in vent’anni di carriera sul ring e in quasi seicento match all’attivo. Eppure… se glielo chiedi, fa finta di niente, dice che non si ricorda nemmeno in che anno, né per quale categoria. Quest’uomo è stato istruttore di difesa personale per polizia e militari. Campione italiano di Brasilian Jujitsu. Una preparazione atletica impressionante nonostante non abbia un fisico gigantesco (breve video in coda)… ecco a voi il Marchese!
Parlaci un po’ di te, partendo dal principio: da dove arriva la tua grande passione per il wrestling?
Prima di tutto, vorrei ringraziarvi per il tempo che avete deciso di concedermi.
Fin da bambino, ho sempre amato questo sport. E’ tradizione della mia famiglia che tutti i maschi imparino almeno uno stile da combattimento e un mio bisnonno aveva rudimenti di Catch Wrestling. Tutti questi fattori mi hanno spinto a voler praticare questa disciplina.
Sei uno dei personaggi più carismatici eppure più controversi del panorama italiano. Che cosa ti si rimprovera, esattamente?
Molte persone confondono il personaggio con la persona.
Oltre a ciò, ci sono lati spinosi del mio carattere. In tanti mi accusano di avere idee antiche ed estreme; in realtà sono un logico e preferirò sempre un’idea razionale e argomentabile ad una popolare. Si aggiunga che sono aspramente sincero. Santa Teresa di Lisieux disse: “Se non sono amata, tanto peggio! Io dico la verità tutta intera: che non si venga a cercarmi, se non si vuole saperla.”
Nonostante questo, rimani pur sempre un plurititolato e il solo che in Italia abbia potuto vivere di wrestling. Quali titoli ti sei guadagnato con onesto sudore e in quali discipline?
Francamente non ricordo. Oltre 20, in diverse federazioni. Da citare i due titoli europei e quello internazionale, vinti negli USA. Da oltre 600 giorni, sono campione della Total Combat Wrestling: credo sia un record in Italia. Ho detenuto titoli anche in altre tecniche di combattimento: fra questi ricordo il titolo italiano “open” di Brazilian Jujitsu.
Anche per te c’è stata una prima volta sul ring. Chi è stato o chi sono stati i tuoi maestri? Cosa hai provato durante i primi allenamenti? Ti aspettavi qualcosa di più, di meno o di diverso?
Quando alcuni novellini si lamentano, sorrido ripensando ai miei inizi. Ai tempi il Pro Wrestling in Italia non esisteva e decisi di imparare questa disciplina in Austria, in una piccolissima realtà locale. 800 km di treno ogni volta, naturalmente senza cellulare o internet. In palestra dovevo affrontare l’ostacolo della lingua e una certa malfidenza: pesavo solo 45 kg e per quasi un anno venni usato esclusivamente per far provare le mosse agli altri allievi, tutti oltre i 100 kg. Alla fine di ogni allenamento ero distrutto e mi trascinavo sul treno per tornare a casa. Non mi arresi. Dopo qualche mese cominciarono a spiegarmi qualche mossa e alla fine riuscii a debuttare nel lontano 23 settembre 1995. Un anno dopo vinsi il titolo. Per qualche anno mi impegnai nel Pro Wrestling, affrontando anche praticanti di altre discipline in incontri inter-stile (oggi li chiamerebbero incontri di MMA). Nel 2001 ero in Inghilterra per seguire uno stage della FWA (tenuto dai maestri Mark Sloan, Doug Williams, Paul Burchill, Justin Richards e altri); dopo uno show, fui notato da Drago e Red Devil, che mi informarono della nascita di un movimento italiano e mi proposero di farne parte. Tornato in Italia iniziai una collaborazione con la IWS (300 km di distanza) e -nel 2003- con la ICW, che mi assunse immediatamente come istruttore e lottatore.
Probabilmente il primo allenatore che avesse avuto una reale istruzione pluriennale. Nel gennaio 2006 decisi di portare la mia conoscenza ad un altro livello e andai ad allenarmi negli USA. Maestro Dory Funk Jr. è un grandissimo Pro Wrestler (3° regno più lungo della storia) e il miglior istruttore del mondo, con allievi come Kurt Angle, Ted Di Biase, Lita, Matt e Jeff Hardy, Christian, Edge, Test, Christopher Daniels… Fu destabilizzante: io già lavoravo da dieci anni abbondanti in Europa, ma quando iniziai ad allenarmi presso la Funkin’ Conservatory, mi resi conto della mia incompletezza: era come se non avessi mai fatto nulla prima! Essere ingaggiato nella sua Funkin’ Conservatory Wrestling fu una cosa del tutto inaspettata! Ebbi modo anche di fare un try-out per la AJPW (anche grazie al vice-istruttore, Maestro Osamu Nishimura) e di avere dei minimi ruoli nella TNA. Ci tengo a sottolineare che Maestro Dory Funk jr. è anche una grande persona: sono onorato di essere suo allievo e di avere buoni rapporti con lui.
Hai militato in altre federazioni, hai combattuto all’estero: puoi raccontarci la tua esperienza?
Combattere all’estero è un’esperienza importante perché amplia le conoscenze e apre la mente. Ci sarebbe un’infinità di aneddoti divertenti…
Certo bisogna sapersi adattare: talvolta ho dormito in hotel a cinque stelle, altre volte ho diviso un panino con dei barboni, seduto sul ciglio della strada. I viaggi sono piuttosto impegnativi. Una volta ho dovuto combattere in quattro nazioni diverse in un solo mese e -in pratica- ho visto solo le palestre.
Tanta gente sostiene che i wrestlers siano gente zotica e ignorante, energumeni capaci solo di menare le mani. Invece tu hai un sacco di titoli di studio, ma so che sei talmente modesto che bisogna tirarti fuori queste informazioni con le pinze. Per una volta puoi mettere da parte la tua grande umiltà e renderci partecipi della tua grande cultura, giusto per far capire di che pasta siano gli uomini che calcano il ring?
Apprezzo l’ironia: so di non essere umile.
Il mio percorso studi è piuttosto intricato. Alle superiori frequentai un Istituto Tecnico Agrario Sperimentale: circa metà delle ore erano occupate da materie legate alla Biologia. Dopo il diploma mi iscrissi a Fisica, specializzandomi poi in Astrofisica. Per qualche anno mi barcamenai fra Psicologia e Lingue antiche, per poi realizzare un mio vecchio sogno: studiare Storia delle Religioni. A mio avviso, interessarsi di religione è un passaggio naturale dopo aver studiato Fisica.
Come disse Werner Karl Heisenberg (premio Nobel per la Fisica e uno dei fondatori della Meccanica Quantistica): “Il primo sorso dal bicchiere delle scienze naturali rende atei; ma in fondo al bicchiere ci attende Dio”. Qualche tempo dopo ottenni un ulteriore titolo di studio in Sindonologia. Ogni tanto seguo qualche corso sulle materie più disparate, ma non ho ancora ben deciso quale potrebbe essere il mio prossimo percorso. Credo che studierò per tutta la vita. Il poeta e retore Decimus Iunius Iuvenalis disse: “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano” (“Bisogna pregare affinché ci sia una mente sana in un corpo sano”).
All’estero avevi raggiunto una notevole fama, c’era del merchandising su di te, e so anche che sono state realizzate delle action figures (una bambola che rappresenta una persona o personaggio noto per l’azione vigorosa, come un soldato o un supereroe. La figura è tipicamente possibile, con arti snodabili.) del tuo personaggio. Come mai hai deciso di tornare in Italia e ripartire con quello che qui è considerato uno sport di serie b, c, d…
Ad essere sinceri esiste ancora il mio merchandise, anche se lievemente meno vario. In USA ebbi delle opportunità notevoli, ma decisi di tornare per realizzare un mio vecchio sogno: contribuire alla creazione di un forte movimento italiano di Pro Wrestling. Oggi questo sport non gode di grande popolarità nel nostro paese, ma il livello si è alzato. Certamente i problemi non mancano e – talvolta – l’atteggiamento è immaturo, ma sono contento di aver fatto crescere questo mio “figlio”.
Da cosa nasce la tua gimmick?
Nel corso della mia carriera ho interpretato parecchi personaggi.
Forse quello che è durato di più è Il Marchese, un nobile spocchioso e sadico, amante della ricchezza e delle belle donne. Nota buffa: ho effettivamente ereditato dei titoli nobiliari. Ogni buon personaggio è l’esasperazione di una parte del proprio carattere. Col passare degli anni però cominciai a sentire questa gimmick sempre più lontana da me: ero semplicemente cresciuto. Mi venne in aiuto il presidente della TCW Jacopo Galvani, che mi propose di interpretare un nuovo personaggio: il mistico capo del Culto della Luce. Perdonatemi il gioco di parole, ma fu una… Illuminazione.
Era nato Heaven Ascension Marquis!
E alla fine sei diventato maestro. Ci sarà un motivo se anche chi parla male di te si sciroppa fior di chilometri e arriva da molto lontano per imparare da te l’arte del wrestling. Hai un modo speciale di insegnare? Pensi di essere uguale o diverso dagli altri maestri di wrestling?
Nel Amritabindu Upanishad (uno dei testi sacri dell’Induismo) leggiamo: “Il latte delle mucche di vari colori è bianco.”
Insegno ormai dal 2003 e oltre la metà dei lottatori del nostro paese sono miei allievi o allievi dei miei allievi. La linea della conoscenza di Maestro Dory Funk jr. non si è interrotta e sono felice di aver fatto la mia parte. Il mio metodo di insegnamento è piuttosto duro, ma non esistono formule magiche: insegno ciò che mi è stato insegnato.
Cosa cambia, dentro di te, quando realizzi che dei giovani ti stanno affidando il loro futuro?
Ne sono felice, ma io sono sostanzialmente un mezzo. Io li aiuto, come un tempo altri aiutarono me (…E mi aiutano tuttora: non si finisce mai di imparare). Alcuni miei allievi ora insegnano e aiutano altri a realizzare il proprio sogno. E’ una ruota che gira.
Cosa deve essere, un buon maestro, e cosa non deve essere?
Ti ringrazio per questa domanda e chiedo scusa se mi dilungherò un po’, ma il discorso è importante. Come disse Gesù: “quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso”.
Oggi un allievo ha il diritto e il dovere di pretendere che un eventuale maestro fornisca un curriculum, con tanto di prove. Nessuno può essere maestro, se prima non è stato allievo. Bernardo di Chartres disse: “Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.”
Premetto che essere incensati da sostenitori è irrilevante: potrebbero essere di parte.
Altrettanto ininfluente è l’aver affrontato stranieri famosi; l’esperienza è gratificante e costruttiva (io stesso ne ho affrontati diversi), ma in termini di curriculum non conta.
Ogni lottatore lavora per denaro: persino Hulk Hogan combatterebbe con un clown del circo, se la cifra fosse giusta.
Detto questo, bisogna evitare una piccola disonestà intellettuale: fare uno stage con un grande lottatore, non rende suoi allievi. Il Pro Wrestling non si impara in poche ore: quella è istruzione integrativa.
A tal proposito, bisogna evitare anche di definirsi praticanti di Lucha, Puroresu, Strong Style… Se non si ha mai avuto un maestro legato a questi stili. Ad esempio: in Italia quanti sono stati allenati con maestri legati al Giappone per tempi lunghi? Io, Manuel Majoli, Queen Maya… Altri? Guardare filmati di uno stile non ti rende un maestro, esattamente come avviene per qualunque altro sport. Un po’ di maturità è richiesta ad un lottatore.
Ultimo, ma non di importanza, il fattore comportamentale. Idealmente un istruttore dovrebbe trasmettere valori positivi, ma non bisogna trasfigurarlo: ogni persona ha i suoi vizi e la vita privata non deve essere confusa con quella agonistica. In ambito professionale -tuttavia- bisogna mantenere un certo livello. Rispetto è la parola chiave. Ho visto persone insultare il proprio maestro, i colleghi, lo staff…
Addirittura qualcuno è arrivato ad attaccare i parenti dei colleghi…
Sono episodi che davvero mortificano la nostra arte. Voi come definireste questi individui? Maestri? Lottatori? O anche semplicemente brave persone?
Cosa deve essere un buon allievo, e cosa non deve essere?
Un buon allievo deve essere una persona che ascolta e rispetta.
A chi consiglieresti di fare wrestling e a chi consiglieresti di dedicarsi ad altro?
Il Pro Wrestling è una disciplina che – al di là delle scene – prevede degli urti notevoli; è quindi richiesto un certificato medico che attesti una sana e robusta costituzione.
Io, personalmente, per lo stesso motivo non accetto allievi minorenni.
Se una persona è sana e maggiorenne, deve semplicemente trovare un buon maestro e affidarsi completamente a lui. Dovrà essere pronta a versare sudore, lacrime e sangue (letteralmente). Chi non si arrende, otterrà dei risultati.
Thomas Alva Edison disse: “Il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% traspirazione”.
Nessuno è meno portato di me, quindi mi aspetto che tutti i miei allievi ottengano risultati maggiori dei miei. Fiducia, rispetto, convinzione, durata.
Questi i cardini. Ricordate ciò che è scritto nel Ramayana (poema epico e testo sacro induista): “L’entusiasmo ha una grande forza. Non c’è forza più grande dell’entusiasmo. Non c’è nulla di irraggiungibile in questo mondo per l’entusiasta”.
Con la maschera, senza maschera, false identità, costumi stravaganti… quanto peso hanno queste cose nel fascino di questo sport?
A mio avviso, parecchio. Il Pro Wrestling è – però – prima di tutto uno sport.
Quando un mio allievo alle prime armi mi parla di personaggi e costumi, io gli faccio fare qualche centinaio di squats. Prima imparare le basi, prima affrontare la parte sportiva. Una volta capito che il Pro Wrestling è uno sport – solo allora – è possibile affrontarne il lato artistico. Attenzione però a non confondere il lato artistico con l’insensata buffoneria. Un lato goliardico è tollerabile, ma ricordiamo che – in origine – le maschere avevano un valore religioso: erano indossate in tornei di lotta delle popolazioni precolombiane, al fine di ottenere potere dagli dei e dagli spiriti rappresentati. Se una persona volesse vedere puro combattimento senza scene?
Esiste anche questa possibilità. Il Pro Wrestling è un mondo grande.
…Però, secondo il mio personale parere, si perderebbe qualcosa.
La mossa che ti dà più soddisfazione, quella che te ne dà di meno e quella che ti ha creato più problemi?
Come in una partita a scacchi, ogni mossa ha la sua importanza. Io potenzialmente avrei un parco mosse ampio (mi diverte inventare submissions), ma in realtà non è necessario. Sul ring ne uso molte meno!
In passato ho provato a eseguire tecniche molto acrobatiche come Moonsault o 450° Splash, ma semplicemente non sono nelle mie corde: non le sentivo “mie”. Alcuni atleti tendono ad usare manovre solo perché piacciono, senza accertarsi di essere in grado di eseguirle correttamente. E’ un errore. Le mosse vanno sentite, devono fluire e devono essere ben eseguite…
A costo di provarle in allenamento mille volte (letteralmente).
Ricordate: il Pro Wrestling è ciò che c’è fra una mossa e l’altra.
Secondo te, perché in Italia questo sport non riesce a sfondare?
Ogni paese ha la propria cultura e le proprie tradizioni. L’italiano medio ha altri interessi. In passato ci sono stati periodi favorevoli, ma spesso queste onde si sono infrante sullo scoglio del lato buio del Pro Wrestling. Ogni realtà paga per i propri errori.
…Anche se i media spesso non sono equi nel pubblicizzare pregi e difetti delle varie discipline. E’ business.
Attenzione però a non dare tutta la colpa al pubblico: chi propone gli shows non deve demoralizzarsi o impigrirsi. Come diceva Confucio: “È meglio accendere una piccola candela che maledire l’oscurità”
La solita polemica: il wrestling è finto; ma no, è vero, è troppo violento… cosa risponderesti? Come lo spiegheresti a un bambino?
Non avrei bisogno di spiegarlo a un bambino perché è una pratica estremamente naturale: quale bimbo non ha mai giocato a lottare?
Agli adulti ricordo che l’essere umano è naturalmente violento: abbiamo millenni di storia a ricordarcelo. Esistono fortunatamente alcune realtà che cercano di tamponare parzialmente questo istinto, come la società e la religione. La lotta ha questa funzione: intrappola la violenza in un regolamento scritto e in uno non scritto. Qualunque lottatore saprebbe uccidere una persona a mani nude… Ma mai lo farebbe!
Il Pro Wrestling è vero? Andate da un lottatore e contategli le cicatrici. Le scene non mancano, ma il ring è fatto di legno e ferro. Ogni pro wrestler degno di questo nome può tranquillamente competere con praticanti di altri stili.
Il wrestling è uno strano sport: qualunque atleta farebbe carte false per continuare a combattere anche contro il parere dei medici, senza rispettare i dovuti tempi di recupero dopo qualche incidente o quando non si sta bene. Che ne pensi?
Il Pro Wrestling è un’amante gelosa: vuole tutta la tua vita… Ma più dai, più ricevi.
Ammetto la mia colpa: io tendo ad esagerare. Ho provato a combattere anche con delle ossa rotte. Ampiamente sconsigliato.
Ai giovani suggerisco di trovare un giusto equilibrio fra il corretto recupero e la forza di volontà. Ognuno troverà il proprio equilibrio.
L’Italia è il paese della fuga di cervelli e dei talenti sprecati. Come riesci a conciliare il lavoro, il ring e le lezioni in palestra? Ti rimane ancora tempo per avere una vita privata?
Un tempo riuscivo a vivere di solo Pro Wrestling, oggi no: devo fare anche altri lavori. Come integrare tutti gli impegni? Ci sono abituato.
Lavoro da quando avevo 14 anni: la mattina studiavo, di pomeriggio lavoravo nei campi, di sera mi allenavo. Oggi riesco a dare il giusto spazio ad ogni aspetto della mia vita, compresa la sfera privata.
Dove sono i vostri show?
Premetto che non faccio parte di nessun direttivo e che combatto per chiunque sia disposto a pagarmi. Detto questo, sono il campione della Total Combat Wrestling e -in un certo senso – la rappresento. Questa realtà si esibisce in tutta Italia, ma attualmente ha anche una sede fissa con uno o due show al mese:
Elyon Club, in via Sesia n° 10, a Rozzano (MI).
Interessanti anche gli show a Rapallo (GE). Vi è poi una ottima collaborazione con realtà come WIVA, UIW e PWE e altre estere.
Dai tre buoni motivi ai tuoi fan perché vengano a vedervi.
Il Pro Wrestling è sport, arte e spettacolo. La Total Combat Wrestling si distingue offrendo uno spettacolo con elementi decisamente estremi.
Tre persone che butteresti giù dalla torre.
Nessuno. Ogni persona ha il proprio posto in questo mondo.
Tre persone che salveresti dalla fine del mondo.
Non spetta a me decidere.
Tre persone che riporteresti in vita
Nessuno: ogni persona deve vivere la propria vita e questa ha senso solo nel giusto contesto.
Rispondi con solo una o due parole a queste domande:
Amore? Termine abusato.
Soldi? Sterco del diavolo.
Amicizia? Rara.
Successo? Distrazione.
Palestra? Utile.
Emozione? Fresche increspature.
Viaggi? Pesanti, ma costruttivi.
Relax? Mente.
Tempo libero? Perché?
Casa? Mente.
Famiglia? Fondamento.
Religione? Motore dell’umanità.
Gioia? Serenità dalla consapevolezza.
Dolore? Illusione.
Emozioni negative? Illusione.
Valori della vita? Antica lungimiranza.
Concludi con qualcosa che vorresti dirci, una frase o un aforisma che senti particolarmente.
Vi ringrazio per l’intervista.
Sentitevi liberi di seguirmi nei seguenti spazi:
https://www.facebook.com/marquiscult
http://ilmarchese.weebly.com/
Un saluto.
Un’ultima chicca… guardate cosa sa fare quest’uomo! Questo è il suo grip training per mani e dita…
Erika Corvo