Questa volta, Mondomarziale intervista Erika Corvo attraverso le domande dei suoi lettori. Chi è mai, questa donna che vi parla sempre di wrestling? Appena abbiamo sparso la voce di questa cosa, le domande sono piovute, dalle più serie alle più frivole. Il testo sarà pubblicato in tre puntate che vi terranno compagnia da qui al 2017. Auguri a tutti! Lasciamo ora la parola a lei.
Erika: Buon Natale a tutti, ragazzi! Ogni volta che pubblico qualcosa c’è chi mi fa i complimenti, chi qualche critica, chi mi segnala errori e sviste da correggere e chi mi accusa di essere sempre troppo buona nei confronti di tutti. Così mi sono detta: “perché non mettere insieme un po’ di domande e fare una cosa un po’ pazza, diversa dal solito?”
Bene, una cosa che mi sento spesso chiedere è: “perché dedichi tempo e spazio a XX che è un personaggio da poco”?
Beh, non è che l’Italia abbondi di John Cena, Undertaker e Daniel Bryan. Certo, ce ne sono tanti, di bravi davvero, ma non più di tot. E quando li ho intervistati tutti, poi? Di chi scrivo? E poi chi l’ha detto che la vita privata di quei personaggi sia più interessante della vostra, fuori dal ring? Quindi intervisto quelli che ci sono. Un po’ tutti. Tutti hanno qualcosa di interessante da dire, da raccontare, storie di vita passate, sofferte e personalità insospettabili al difuori del ring. A raccontare quello che succede tra le corde, tutto sommato si fa in fretta. A scavare in quello che accade giù dalle corde, ci vuole molto di più. Prima di tutto bisogna dimostrarsi degni della fiducia di ogni atleta. Ormai è un pezzo che bazzico l’ambiente, e mi hanno soprannominato in due modi. Uno è “la mamma di tutti i wrestlers”. L’altro è “Il Confessionale”, perché un po’ tutti quanti mi hanno fatto l’onore e il privilegio di raccontarmi i fatti loro. Fatti privati, intendo, assolutamente certi del fatto che mai avrei accusato, mai condannato, insultato, o deriso. Segreto professionale valido per tutti. Per ogni confidenza fatta c’è sempre una parola buona, un incoraggiamento, uno stimolo, una carezza, un elogio. Sarà per l’età che ho, ma per me sono tutti figli. Tutti diversi, ognuno con pregi e difetti, ma di tutti vedo solo il lato buono, anche dei personaggi più “scomodi” e più controversi. E che vi devo dire? La mamma è sempre la mamma, e ogni scarrafone è bello a mamma sua! “Scarrafone”?? Chi osa chiamare “scarrafone” uno dei miei cuccioli?
Se qualcuno non mi piace come persona o per quello che vedo sul ring, diplomaticamente, non ne parlo e non ne faccio menzione. C’è già troppa gente che parla male di noialtri appassionati di questo sport, perché mai dovrei parlarne male proprio io??
Da Andrea Malalana, Alessandro Paleari , Alessandto Tulelli, Tony Pallone e Gravity: da quanto sei appassionata di wrestling e come è iniziata la passione?
Da sempre. Da quando è arrivato in Italia commentato da Dan Peterson e ancora si chiamava Catch! Solo che i più vecchi di voi l’hanno guardato da bambini, io quando ero già mamma e lo guardavo con mio figlio maggiore. Nessuno conosceva questo sport-spettacolo, ai tempi era una novità. Sembrava venisse da Marte, invece che dall’America. Tutti questi cristoni grandi e grossi si fracassavano di sberle e non si facevano mai nulla, o almeno nulla che potesse essere la logica conseguenza di botte di quel genere, se fossero state eseguite e subìte da persone normali. Non c’era il rallenty per poter rivedere le azioni in slow motion – era già tanto che ci fosse la tv a colori! Pensate che a casa nostra arrivò che avevo passato già i vent’anni. Ma dopo un po’ che lo guardavi, a meno che essere scemi, era chiaro che fosse tutto programmato e combinato allo scopo di dare spettacolo. C’erano – e ci sono ancora – mosse che non si capiva nemmeno chi fosse a farle e chi a subirle, ma la risposta era semplice: le subiva quello che “vendeva la mossa”, perché cascavano tutti e due allo stesso modo ma solo uno dei due faceva le smorfie di dolore.
Era facile sedersi assieme a mio figlio e gustarsi lo spettacolo. Non c’era quel rompicavolo del mio primo marito e ce lo gustavamo fino all’ultima scena, tifando i nostri idoli del momento. Puntata dopo puntata, mi affezionavo sempre di più al wrestling. Certo, allora c’erano fior di trasmissioni mitiche e c’era solo da scegliere. Telefilm, film… era l’epoca d’oro: Hazard, Ralph Supermaxieroe, Star Trek, Mc Gyver, e poi i cartoni giapponesi, Goldrake, Kenshiro, Jeeg.
Poi i figli sono cresciuti e hanno cambiato gusti, prendendo la loro strada nel mondo. Per loro il wrestling è rimasto quello che guardavano da piccoli. Per me no, perché per me è partita dall’inizio come scelta da adulta.
Da Steve McKee: devi dirci chi é il tuo wrestler preferito, o il wrestler che ti ha portato ad amare cosi tanto questo business.
Era un lunedì mattina quando prima di andare al lavoro stavo dando un’occhiata distratta al telegiornale. Rimasi di ghiaccio alla notizia della morte di Eddie. Ho versato più lacrime per lui che in tutto il periodo del divorzio da mio marito. E ho capito solo in quei giorni quanto fosse stato importante per me, quell’uomo. Era stato il solo capace di farmi tornare il buonumore nel periodo nero del divorzio. Quando lo guardavo, passava tutto. Ma ora non c’era più. Come si poteva vivere, senza?
Nel maggio successivo, i bambini a scuola preparavano i regalini per la festa della mamma, e preparavano foto di famiglia in cornicette confezionate a mano. Foto di loro stessi, dei fratellini o dei papà… persone amate dalle mamme, insomma. Mia figlia mi portò il pacchettino con la cornicetta e quando lo aprii non riuscii a trattenere le lacrime. Dentro la cornicetta fatta di maccheroni colorati c’era la foto di Eddie. Ancora adesso è accanto al mio letto. Passione pura forever. Non ci sarebbe più stato spazio per nient’altro.
Da Tony Pallone: perchè il wrestling?
Perché è azione, non è violenza. La boxe, è violenta. L’automobilismo, è violento. Il motociclismo. Chissà perché, per la gente, il wrestling è violento e il karate o il judo sono arte. Ma sapete quanta arte ci vuole a fare un 450 splash, una headscissor o una senton bomb? Quando hai sul ring buoni atleti vedi una grazia nei movimenti, una precisione, una perizia pazzesche! Io li metto allo stesso livello del pattinaggio su ghiaccio, della ginnastica artistica o dei trapezisti circensi. Ci vuole fiato, forza, allenamento, esercizio, precisione, volontà, dinamismo, fantasia. E poi grandi doti da intrattenitori, attori, istrioni, dialettica al microfono… Ma quale violenza???
Da un mucchio di gente: perché guardi il wrestling? È finto ed è solo violenza.
Mai capita, ‘sta cosa, perché oltretutto è una contraddizione assurda: se fosse finto, come farebbe ad essere violento? Se è finto, non può essere violento. Però, che strano: il judo è vero, ma nemmeno alle olimpiadi combattono fino all’ultimo sangue. Anzi, non si fa niente nessuno. Allora è finto anche quello! Ci mettiamo d’accordo? Se è vero, allora perché il judo è un’arte e il wrestling no? La cosa ancora più ridicola, è che le persone che affermano questo, sono appassionati marci di videogames (più finti e più violenti di così…) e di film di guerra, o di azione. Quelli non sono finti? Sul set si sparano sul serio? Se sono finti e violenti, perché li guardano?
Ho sempre paragonato il wrestling ai film di Bud Spencer: si prendevano tutti a grandi sberloni dall’inizio alla fine, i buoni trionfavano sempre sui cattivi, e nessuno si faceva male per davvero. Anche perché sul set c’erano fior di attori e di stuntmen. La stessa cosa che c’è sul ring. Però, che strano: nessuno ha mai detto che la coppia Spencer – Hill facesse film violenti o inadatti ai bambini. Anzi!
Da Andrea Malalana: quando e come hai scoperto il wrestling italiano?
I miei figli mi capivano sempre meno nella mia passione, lamentandosi del tifo scatenato mentre guardavo la TNA in tv, dicendo che i vicini si sarebbero lamentati del casino. Io adoravo AJ Styles, Samoa Joe, Abyss, Jeff Hardy e Chris Sabin. Della WWE si erano perse le tracce dopo il fattaccio di Chris Benoit nel 2007. Spazzata via dagli schermi, con la ipocrita affermazione che il wrestling è violento e marcio. Già, e allora perché non hanno tolto il calcio dal palinsesto dopo gli scandali di Maradona, pieno di coca fino agli occhi, o per tutte le schifezze di calciopoli? Perché non hanno eliminato il ciclismo dalla programmazione, dopo la morte di Pantani?
Quando la WWE fece nuovamente capolino in tv non mi piaceva più, ridotta a una soap opera in cui si chiacchierava e basta, commentata da Posa e Franchini che proprio non sopporto, non ho mai sopportato, antipatici a pelle. Mosse? Ce ne sono di più in mezz’ora di una partita a scacchi Kasparov vs Karpov che in una intera puntata di Smackdown! Io, come commentatori, adoravo Fabrizio Ponciroli e Riccardo Fiorina, Mike Tenay e Don West. Ma la TNA non aveva rinnovato il contratto televisivo. Roba buona da vedere in chiaro non c’era più niente, e SKY l’avevo tolto, incazzata nera per dei disservizi pesanti che avevo avuto. Buio assoluto. Nel frattempo ero entrata in un giro di cabarettisti e mi stavo divertendo parecchio a esibirmi anch’io assieme a loro con monologhi e canzoni comiche. Era il 7 aprile 2016 quando conobbi ad uno show Daniele Raco, presentato da un amico comune, un altro comico. “Daniele fa wrestling”, mi disse. BONG! “EH? Cosa? Wrestling? Qui in Italia si fa wrestling? TU fai wrestling?”
Beh, c’è da aggiungere altro? Non mi sono più persa uno show che potessi in qualche modo raggiungere.
Da Luca Arosio e Gabriele Ciarla: cosa ti lega così tanto al mondo del wrestling italiano?
Proprio il fatto che sia italiano. Tutti, da ragazzini, ci innamoriamo di qualche divo di Hollywood di qualche cantante o attore famoso. Ma in realtà queste persone rimangono sempre al di là dello schermo, “dall’altro lato dello specchio”. Che ne sai, di chi siano queste persone, nella vita privata? Io mi sono stufata presto di questi eroi di cartapesta. Pensateci bene: è come innamorarsi di Topolino o di Babbo Natale: NON ESISTONO! Sono personaggi, non persone! Vuoi mettere la soddisfazione di avere lì davanti a te i tuoi eroi, di parlarci assieme e raccontare cazzate, di mangiarci la pizza assieme e cantare al karaoke e chissenefrega se magari siamo stonati?
Da Carla Rossi: tua figlia, Alika, ama il wrestling?
Lo guardava con me quando era piccola. Adesso ha altri interessi.
Da Fabio Tornaghi: da cosa nasce la passione non solo nel guardare uno show, ma nel voler contribuire attivamente?
Non sono mai stata pubblico passivo in niente. Musica? Ok, compro una chitarra e le canzoni le scrivo anch’io e poi le canto. Moda? Quanti vestiti e bijoux mi sono fatta da sola! Casa? Tanti mobili li ho costruiti io: assi, viti e Black e Decker. Cabaret? Salgo sul palco anch’io con monologhi e canzoni comiche. Libri? Carta, biro, fantasia, e ho cinque romanzi in vendita più altri quattro pronti per la pubblicazione.
Passione non è guardare e criticare! Non ho mai capito quelli che si definiscono “sportivi” e lo sport lo guardano dal divano con i popcorn in bocca, pontificando su quello che farebbero loro in campo. Li trovo ridicoli e patetici. Certo, finché il wrestling stava solo in tv perché lo facevano solo in America, ok, come fai a partecipare attivamente? Ma adesso era qui. Il ring era davanti a me, lo potevo toccare, potevo parlare con gli atleti, erano persone vere! E che la mia fosse una passione serissima era chiaro a tutti da subito.
So che il personaggio in questione sta sulle scatole a molti, ma una sera mentre eravamo a tavola tutti assieme dopo uno show, il Marchese se ne esce con: “Ma se ti piace così tanto, perché non sali sul ring anche tu?” “Eh, sì! E chi vorrebbe mai allenare una vecchia cicciona come me?” rispondo. “IO, ti alleno. Vieni.” Gli sarò grata in eterno per quella frase.
Poi, nella sua scuola non ci sono mai potuta andare per motivi logistici, ma ormai quell’idea mi si era infilata in testa, e chi me la toglieva più?
Passione è esserci! Sono riuscita a iscrivermi con Emilio e Adele Bernocchi, relativamente più raggiungibili da casa mia, ma purtroppo non sono durata molto e non per mancanza di volontà. Avevo già messo in preventivo ossa rotte, distorsioni, traumi di ogni genere e non me ne sarebbe fregato niente. Invece, il mio punto debole erano gli occhi: troppo miope. Mi hanno poi spiegato che qualunque sforzo che faccia alzare la pressione oculare in una persona con un elevato grado di miopia provoca danni pesantissimi, spesso irreparabili, e così è successo. Dopo due mesi ero già tagliata fuori a causa di un distacco del corpo vitreo e rottura della retina all’occhio destro. Sarebbe successo anche se avessi avuto vent’anni, visto che sono così miope dalle elementari. Ma mica mollo, eh?
Passione è collaborare! Se non posso salire sul ring, almeno posso starci accanto. Aiutare a montarlo e smontarlo è diventato la mia consolazione. Mi hanno anche detto che sono diventata brava. Dopo un po’ non c’è più stato bisogno che mi dicessero cosa fare: lo faccio e lo faccio bene.
Passione è portare! La merenda. Il mio primo marito diceva che ho un irrefrenabile istinto da chioccia. Si sbagliava su mille altre cose, ma almeno su questo aveva ragione. Mi sono affezionata ai ragazzi come se fossero tutti miei fratellini minori, figli o nipotini e, come ogni brava mamma, mi diverto un sacco a non arrivare mai a mani vuote. Se arrivo ad uno show, sanno tutti che ci arriverò con una borsa piena di panini, pizzette, focacce, birre e coca cola per tutti. È bello vederli sorridere, quando arrivo.
Passione è raccontare! Articoli e interviste. Ero stata invitata ad una riunione politica di cui non mi interessava assolutamente niente, ma lì ho incontrato quella che sarebbe stata la mia “capa”: Carla Rossi, fondatrice di Mondomarziale. “Tu ne capisci di wrestling? E dici che c’è roba buona anche in Italia? Bene, e allora perché non scrivi per la mia rivista? Ti apro la pagina di Wrestling Italia e la gestisci tu, da sola. Te la senti?”
“Me la sento?” Tocco il cielo con un dito!
Da Carla Rossi: cosa ne pensi dei due fratelli Bernocchi?
Niente accade per caso. Li ho incontrati nel momento della vita in cui dovevo incontrarli, e sono stati i maestri più adatti per questa vecchia carcassa. Ho visto altri maestri molto meno pazienti di loro, sono stati entrambi dolcissimi e favolosi.
D’accordo, li avevo messi al corrente dei miei problemi alle ginocchia e sapevano che tante cose non potevo farle, o che comunque le avrei fatte con difficoltà. Ma possono giurare che ce l’ho messa tutta e forse anche più di quello che avrei potuto e dovuto.
Emilio? Altro che heel! Fuori dalla sua gimmick è di una mitezza e di una pazienza assolute. Adele è più “tosta”, forse perché per una donna, farsi strada in questo sport, devi essere tosta davvero! È un’impresa a dir poco eroica. Eppure ha tanta di quella volontà che sta arrivando alle vette che merita. Spero tanto che ce la faccia, e che oltre al Giappone dove viene bookkata regolarmente, la chiamino prima o poi anche in America, e non solo per un try out come è appena successo con la WWE. Tiferò per lei in eterno.
Da Alessandro Paleari: cosa ne pensi di aver potuto celebrare il matrimonio tra due tue passioni come wrestling e giornalismo?
Meraviglioso! Lo vivo come una missione, poter far conoscere al pubblico qualcosa di questo sport così emozionante. Se ne parla troppo poco e quasi sempre in termini negativi: è violento, è finto, sono tutti drogati, sono tutti bestie ignoranti…
Odio sentir parlare del wrestling in questi termini.
Da Ugo Telloli: saresti capace nel difendere i tuoi ideali e il tuo personaggio di mettersi contro i tuoi capi?
Che odio sentir parlare del wrestling in questi termini, non è un modo di dire: ho lasciato l’azienda dove ho lavorato per sette anni quando il principale ha insultato la memoria di Eddie. Sì, sì, l’ho fatto davvero. Era il novembre 2005. Nel marzo 2006 avevo già trovato un altro lavoro.
Se riuscissi a far arrivare ai lettori anche solo un briciolo delle emozioni che provo io quando assisto a qualche show, magari quattro gatti in più nel pubblico ci sarebbero.
Da Tony Pallone: con quale criterio fai interviste agli atleti e segui gli eventi?
Come ho detto all’inizio, intervisto un po’ tutti. Li scelgo soprattutto in base al loro lato umano, a quello che possono raccontare come persone. I loro valori, le vicissitudini che hanno attraversato prima di arrivare sul ring, i loro drammi nascosti, amori, odio e passioni. Poi possono essere bravi o meno bravi, giovani o vecchi, ma il messaggio che cerco di far arrivare ai lettori è che questi ragazzi sono persone dolcissime, vere, umane, vive, degne di stima e di lodi. Che non sono violenti, non sono analfabeti, non sono bestie e non sono drogati. Sono persone come le altre e anche meglio di tante altre. Sono bravi mariti, padri adorabili, fidanzati fedeli e appassionati. In tanti fanno lavori umili, magari sono stati licenziati o sono in crisi per un divorzio recente, hanno a casa parenti disabili di cui occuparsi… sul ring si vede appena la punta dell’iceberg. Io vedo il sommerso, e di quello, scrivo.
Gli eventi, purtroppo, dato che sono senza macchina ormai da un anno e mezzo, posso seguire solo quelli per cui qualcuno mi offre un passaggio, soprattutto per il ritorno a casa. Da qualche parte riesco ad arrivarci in treno, ma in posti come Almenno San Bartolomeo, se non hai la macchina non ci arrivi di sicuro.
Erika Corvo
(Fine della prima parte)