Per chi non abbia saputo della triste notizia, il nostro wrestler Claudio Campari aveva una sorella. Aveva. Non ce l’ha più. Nella notte tra il primo e il due di giugno (2017) Michela ha avuto un incidente: la sua macchina si è ribaltata più volte, lei è stata sbalzata fuori e ci ha lasciato in un attimo. Sapete come scriviamo, qui su Mondomarziale: delle varie accuse, recriminazioni e del senno di poi, non ce ne frega una cippa. Non ci interessa rigirare il dito nella piaga e polemizzare se si potesse evitare, e di chi fosse la colpa nel caso colpa ci fosse, perché qualunque possano essere le conclusioni, niente potrà ridare a Claudio la sua sorellina. Ci si consola blandamente pensando che donando i sui organi ha salvato la vita di alcuni bambini. Noi ci limitiamo a ricordarla attraverso le parole di Erika Corvo, che a Claudio Campari è affezionata come fosse un figliolo acquisito.
Michele era un Arcangelo, cioè un angelo grande grande. Michela era un angioletto, cioè un angelo piccolo piccolo, così piccolo che era quasi da missione segreta, che nessuno si potesse accorgere che fosse un angelo davvero. Forse la sua missione era solo tenerti la mano se avevi paura del buio, ma vuoi mettere quant’è importante, per un bambino? Magari, una volta portata a termine la missione è stata richiamata al Quartier Generale di Tutti gli Angeli, e solo allora ci siamo accorti di cosa fosse. Te ne accorgi sempre quando ormai è troppo tardi. O forse era solo una bimba e poi donna, figlia di donna umana. E allora la sua scomparsa ci lascia un dolore anche più grande, perché gli occhi dei ragazzi che non ci sono più hanno tutti lo stesso sguardo. Sono tutti figli tuoi. Non serve che li abbia davvero partoriti tu, quando l’ha fatto un’altra donna uguale a te. Le madri sono tutte uguali. L’urlo di una madre ferita ha sempre lo stesso suono di fuoco e di ghiaccio. I faccini nelle foto dei ragazzi volati via hanno tutti la stessa dolcezza. Rimane il rimpianto di tutte le carezze non date, di tutte le parole dolci che non abbiamo mai avuto il tempo di dire, di tutto l’amore mai espresso in gesti e parole. Forse per pudore, forse per fretta. Forse perché semplicemente non ce n’era bisogno. Certe cose, anche mai pronunciate, possiedono la solidità del cemento. Tornerà a trovarci, Michela. Forse nei sogni, forse in ogni viso come il suo che vedremo passare di sfuggita. Forse per lasciarci una piuma bianca accanto al cuscino, per farci sapere che sta bene, là dov’è ora. O forse è meglio che non torni, che non si volti indietro dal luogo dove si trova, al di là di ogni miseria umana, al di là di ogni male. Ciao, Michela!
Erika. Una mamma qualsiasi.
Erika Corvo