A dire il vero, questa intervista risale all’anno scorso, scritta per la mia pagina privata. Ma dato che il personaggio è di notevole spessore e continua a sfornare successi uno dietro l’altro, ho pensato di ripropporvela qui in attesa di una nuova intervista che parlerà del suo ultimo romanzo “Il Bambino che Torna da Lontano”, in modo che possiate conoscere a fondo Stefano Ferri come l’ho conosciuto io, quando era conosciuto solo come “lo scrittore che si veste da donna”. Leggete, ne vale la pena!
Erika Corvo:
Pensavo di incontrare uno scrittore un po’ eccentrico, estroso, magari con qualche tendenza omosessuale, e invece mi sono trovata davanti a due persone ben delineate e distinte all’interno di uno stesso corpo. Avevo preparato tutte le domande, ma dopo due minuti ho capito che alcune di queste non avevano più senso e dovevo porne altre, completamente diverse.
Stefano è assolutamente eterosessuale, ha il fisico e il viso di un uomo, ma si veste da donna, e il contrasto è stridente. Perché nonostante in questi ultimi periodi si stia vivendo una liberazione di atteggiamenti e costumi, non vi aspettereste di vedere un uomo pettinato col riporto in gonnelle corte e bluse fiorate. Niente trucco, un viso assolutamente maschile. Ti spiazza.
Lo intervisto perché Stefano scrive, scrive da sempre per lavoro, e a parte questa doverosa introduzione necessaria a inquadrare meglio il personaggio – perché ora è conosciuto come “Lo scrittore che si veste da donna” – parleremo della sua vita e dei suoi libri.
Brevissimi dati anagrafici:
Stefano Ferri nasce a Milano l’11 giugno 1966. Ha frequentato le scuole elementari medie e il liceo classico presso l’istituto Leone XIII (gesuiti). Si laurea in Scienze Politiche all’Università Cattolica (discute la tesi con Gianfranco Miglio il 4 luglio 1991, l’anno prima che questi divenga senatore).
Master Publitalia in Comunicazione d’Impresa nel 1992-93.
Sposato dal 4 novembre del 2000.
Ma ora lasciamo a lui la parola.
Chi era Stefano Ferri, prima di essere “lo scrittore vestito da donna”?
Un povero infelice vestito da uomo. In tutti noi, come si sa, esiste una parte maschile e una femminile. Nella quasi totalità dei casi, le due personalità si fondono e si sublimano; a volte invece rimangono distinte e separate, più o meno in contrasto tra loro.
In me, fin da piccolo, la parte femminile è rimasta scissa da quella maschile in modo così totale da diventare una seconda personalità. “Stefano” e “Stefania” non sono mai andati d’accordo. “Stefania” è prepotente e gelosa, dispotica e dominante. A un certo punto, pur permettendomi di frequentare – poche e selezionate – donne, mi ha imposto di indossare abiti femminili.
È lei a sceglierli. Io, in questo, non ho voce in capitolo. Un giorno “abbiamo” visto in una vetrina un bellissimo kilt nero, e lei ha deciso che dovesse essere suo. Da quel giorno, abbiamo vestito abiti femminili. Io? Ho avuto paura di farlo. Paura che per questo motivo, qualcuno volesse o potesse farmi del male. Paura della cattiveria delle persone. Paura di essere respinto, emarginato. Ho dovuto abbandonare il lavoro. Mi hanno fatto sentire assolutamente indesiderato facendomi capire che se fossi andato via sarebbe stato meglio per tutti. Una carriera bruciata.
E la gente, come ha preso questa novità?
Mia madre era già anziana e malata quando è avvenuto questo cambiamento, ed è morta senza averlo mai saputo. Mio padre ha intravisto qualcosa di strano, capiva che c’era qualcosa nell’aria sebbene quando andassi a trovarlo mi sforzassi di vestire nel modo meno femminile possibile. Quando alla fine mi sono risolto ad andare anche da lui vestito da donna, ne ha preso atto con la massima naturalezza.
Mia moglie non ha approvato la novità ma ha dovuto adeguarsi. E, visto che poi abbiamo avuto una figlia, vuol dire che tutto sommato le andavo bene anche così. Con i conoscenti è stato più difficile e doloroso: quelli che non ho abbandonato io si sono allontanati da soli. Gli amici sono rimasti a lungo perplessi, mentre tra i colleghi mi sono ritrovato un misto di voltafaccia e solidarietà. È stato allora che ho dovuto ricominciare tutto daccapo e iniziare a fare consulenze private.
Immagino che il 90% della gente ti prenda per gay. Tu, che gli rispondi?
Li lascio perdere e basta. Quello che pensano non mi riguarda.
E adesso passiamo a parlare di te come scrittore. Che ne pensi dell’editoria dei nostri giorni?
È troppo commerciale. Pubblicano libri tutti uguali per lettori tutti uguali, molto simili per gusti e preferenze.
Leggi romanzi di autori classici o della fascia degli emergenti?
In prevalenza leggo gli autori classici. Il solo libro notevole della fascia emergente è stato “La solitudine dei numeri primi”. Se non sono classici, ci dev’essere qualcosa che colpisce favorevolmente la mia attenzione: la copertina, un titolo diverso dal solito, una presentazione insolita…
Il tuo background letterario?
Ho letto e amato tutta la produzione di Stephen King. Secondo me è l’essere vivente che meglio di ogni altro sa tenere la penna in mano. Non è il re dell’horror: è il genio della penna. Poi ho divorato tutto ciò che ha scritto Camilleri, anche se con l’andare del tempo l’interesse è calato perché diventava un tantino ripetitivo.
De Crescenzo e i suoi greci, eccezionale. House of Cards di Michael Dobbs, un thriller politico senza confronti (che col mio passato di studente in Scienze Politiche non ho potuto non apprezzare). Niccolò Ammaniti. Ma è difficile poter citare tutti i miei autori preferiti, finirei per dimenticarne qualcuno.
Veniamo al tuo romanzo “Seppellitemi in Cielo”. Sono stata a diverse tue presentazioni. Non hai mai detto – o nessuno te l’ha mai domandato: come classificheresti il tuo racconto? Amore? Narrativa? Avventure? Vita vissuta?
Lo definirei “Love Mistery”. In questo libro è come se l’amore non fosse un tema ma un personaggio. Le mie storie, in genere, non sono costruite su un rapporto a due, eppure tutti i miei romanzi ruotano intorno all’amore.
C’è un messaggio celato, in quello che scrivi?
No, nessun messaggio celato. Secondo me, queste cose rovinano la narrativa: certi autori pretendono di vendere come “Verità Rivelata” il loro punto di vista, che è invece assolutamente soggettivo.
Quanto c’è, di te, nei tuoi personaggi? Da chi hai preso lo spunto per crearli? Si tratta di persone che conosci o sono inventati al cento per cento?
I miei personaggi sono la somma e le briciole di Stefano e “Stefania”, sia per quanto riguarda “Seppellitemi in Cielo” sia per il prossimo romanzo.
Con tutti i romanzi attualmente in vendita, perché la gente dovrebbe comprare proprio il tuo? Cos’ha di più, di meglio o di diverso dagli altri?
Vorrei che lo leggessero perché è un libro che non assomiglia a nessun altro, propone un genere che ancora non esiste. È tutto da scoprire.
Hai realizzato il testo per il libro fotografico “Milano Vista dal Cielo” (fotografie di Fabio Polosa). Questa fatica, quanto ti ha dato e quanto ti ha tolto?
Dato, tantissimo. Soprattutto l’onore di ritrovarmi in testa alle classifiche – anche se di questo bellissimo libro non sono certo l’autore principale. Tolto, nulla. Nemmeno il tempo, visto che scrivere è il mio lavoro. Sono riuscito a riportare la storia di Milano come un romanzo; assolutamente stimolante.
Progetti in cantiere?
Come dicevo, ho in mente un altro romanzo di cui non ho ancora deciso il titolo, e vari altri progetti professionali.
Un tuo aforisma?
Te lo dico in latino: “scribitur pugna, legitur vita”. Cioè: “si scrive lotta, si legge vita”.
Passiamo a Stefano in quanto persona. I tuoi hobby?
Ascoltare e collezionare la musica dei Beatles, sia come gruppo sia come autori solisti, e collezionare video storici della Nazionale di calcio.
In genere, al mattino ti svegli allegro o sei di quelli incavolati col mondo, intrattabili fino a mezzogiorno?
Nessuno dei due. A seconda della situazione posso essere allegro o triste.
Ti ritieni un musone o un compagnone?
Sicuramente un compagnone, anche con i conoscenti.
Il momento più bello e quello più brutto della tua vita?
Quello più bello è senza dubbio la nascita di mia figlia. Quello peggiore, una brutta lite con mio padre, tantissimi anni fa – nel 1983 per la precisione.
Ora, alcune domande a botta e risposta, senza pensarci su.
Lavoro: Scrittura.
Amore: mia figlia
Famiglia: confronto
Denaro: lavoro
Successo: lavoro
Religione: lavaggio del cervello
Felicità: amore
Avventura (intesa come viaggi): safari
Sesso: paradiso
Divertimento: lettura
Amici: fedeltà
Natura: esseri umani
Vacanze: mare
Futuro (tuo): scrittore
Futuro (umanità): quello che ci saremo meritati
Stefano, è venuto il momento di congedarci. C’è qualcosa che vorresti dire ai tuoi lettori?
Siate voi stessi. Non perdete mai il desiderio di conoscervi: è un viaggio affascinante.
Magari ci rivedremo per l’uscita del tuo prossimo lavoro. Un bacio.
Ci rivedremo con piacere. Saluti a tutti!
Erika Corvo