La giornata parte in quarta già dal mattino: piove a dirotto ma bisogna andare a prendere Ashley Dunn e Jonah Rock all’aeroporto di Malpensa e serve qualcuno che possa dire in inglese qualcosa più di “The pen is on the table”, cosicché quando Gaetano ci propone di accompagnarlo accettiamo volentieri.
Dunn è già arrivato, anche se con un’ora di ritardo. Ci spiega che a Londra sta nevicando forte ed essendosi formato del ghiaccio sulle ali degli aerei, parecchi voli hanno subìto ritardi pesanti. Tra questi, constatiamo, c’è anche il volo di Jonah: doveva arrivare alle 11.33 ma atterra solo alle 12.27. C’è di buono che facciamo tesoro del tempo di attesa e ne approfittiamo per una microintervista ad Ashley. È il suo vero nome, ci rivela. Ha 27 anni ed è di Londra. Ha iniziato ad allenarsi solo due anni fa sotto la sapiente guida di Gene Munny. Se ha raggiunto questo livello in così poco tempo, davvero complimenti al maestro! È già la quinta volta che viene bookato in Italia e la cosa non può che fargli piacere. Ama il pubblico italiano, dice sia molto diverso da quello a cui è abituato. Qui siamo notoriamente sanguigni, caciaroni, rumorosi e urliamo il nostro tifo per questo o per quello a piena voce, dal primo all’ultimo match, dal primo all’ultimo minuto. Lassù, invece, come tradizione inglese comanda, sono tutti seri e compassati, silenziosi e impassibili se non durante qualche main event o qualche match particolare. Secondo lui, anche se lì l’affluenza di pubblico è sicuramente maggiore, combattere qui procura molta più soddisfazione. Non fa una bella vita comoda, sbattuto su e giù per l’Europa a combattere: aerei, hotels, orari stravolti, cicli del sonno interrotti e mangiare quello che capita, dove capita. Infatti, finora non ha visto quasi nulla dell’Italia. A parte quello che ha potuto vedere in un paio di giorni stiracchiati presi per visitare Milano non ha potuto godersi niente, e ha visto solo il Castello e i negozi del centro… tutto lì! Oggi combatte a Pero e uscirà fa qui stanchissimo, assonnato e mezzo rotto. Stanotte prenderà l’aereo e domani ha già un altro match a Londra! Poverino!
Questa sera, di stranieri ne abbiamo proprio tanti e, più che tanti, bravi. Più che bravi: bravissimi. Unici. Il nome di Will Ospreay vi dice nulla? Bene, allora sappiate che se non siete stati qui con noi vi siete persi qualcosa di maledettamente adrenalinico! Lo show è targato Rising Sun anche se siamo in provincia di Milano piuttosto che in quella di Bergamo, e quando il regista dell’evento è Fabio Tornaghi, vi possiamo assicurare che si tratta di roba a cinque stelle, dovunque sia l’evento.
L’unico assente giustificato – che comunque è fisicamente presente – è Akira. Ha una caviglia steccata in seguito ad un infortunio avvenuto durante i giorni del Cartoomics, anche se non dovuto al wrestling. Comunque è qui e ha portato del merchandising. L’acquisto di una sua maglietta è doveroso, sapete bene come Akira sia uno dei nostri beniamini. Il brutto di queste t-shirt è che una volta comprate non le puoi mettere mai: se sei allo show di una federazione, non puoi mettere quella di un’altra federazione o di un suo atleta, altrimenti si incazzano tutti. La sola che possiamo indossare ovunque è quella “neutra” che abbiamo comprato a Genova con la scritta “Wrestling is fake tua madre”, che non scontenta nessuno. Atleti, quando fate stampare il vostro merchandising, pensateci. Metteteci qualcosa di neutrale o le vostre maglie si potranno portare solo in luoghi che non c’entrano una cippa col wrestling, in mezzo a persone che questo sport non sanno nemmeno cosa sia.
Ma ecco che inizia lo show. Questa volta Tornaghi si è superato: tutto esaurito! Oh, raga, mi avete sentito? Non ci sono più sedie! Centosettanta posti andati via in prevendita solo per lo show pomeridiano, e cominciamo già a preoccuparci di dove mettere quelli che arriveranno senza prenotazione! E per lo show serale, poi, che arriverà di sicuro altra gente? Mah!
Ecco che arriva Zerini in veste di announcer e presenta il primo match, un Fatal Four Way: The Ojmo vs Mirko Mori vs Matt Disaster vs Connor Mills, e vi giuriamo che non abbiamo mai, mai e poi mai visto un match di apertura che sembri un main event! Una partenza col botto! Botte da orbi, ma proprio ad una velocità e con una intensità che non è nemmeno il caso di stare a prendere appunti come nostro solito perché lo scontro è ovunque in sala. Impossibile seguire tutti e quattro gli atleti! Un macello in mezzo al pubblico e chissenefrega se ammazziamo qualcuno, the show must go on e cavoli vostri. Rendiamo l’idea? Dieci minuti di un’intensità pazzesca, senza respiro e a tutta velocità. Se dovessero pubblicare il video di questo match non ve lo perdete perché è stato qualcosa di epico! Alla fine The OJMO schiena Disaster ma non ce ne frega nulla. Perché il bello era quello che è avvenuto tra la campana d’inizio e quella finale. Tanto che con “mamma Tornaghi” si commentava: “Ma se questo è il primo match, come sarà, l’ultimo?” E avevamo ragione! Si è capito subito che questo fosse l’evento dell’anno.
Volendo essere irriverenti verso qualcuno come nostro solito, possiamo dire che The OJMO ci ricordava in modo inquietante Jacob del film “Il Vizietto” (e ciò che è successo in seguito ci ha dato ragione) e che Connor Mills ha un fisico talmente snello e longilineo e dei capelli così lunghi e lisci che più che un wrestler ci sembrava un indossatore, o meglio, un’indossatrice.
Secondo match: Mišo Mijatovič contro Pasquale O’Malamente. Signuur, che bella coppia! Il contrasto tra i due è eccezionale. Uno impettito e severo, l’altro scanzonato e compagnone. Mišo arriva con la sua bellissima entry music a base di “Popom, popom, popom”, Pasquale sulle note di “Don Raffaé”. Due che sul ring tengono la scena come attori consumati, ognuno col suo personaggio cesellato ad arte. Iniziano col contendersi ognuno il cappello dell’altro (Mišo ha la bustina militare con tanto di stella rossa. Pasquale, la coppola) e lo scontro prende il via. Pasquale attacca con un sunset flip e una school boy, Mišo si diverte con delle “chop quattro stagioni”, ovvero in tutti e quattro gli angoli del ring, più vari dropkick, bodyslam e lariat. Pasquale replica più o meno con le stesse mosse attingendo al repertorio classico. Alla fine è il bosniaco a portarsi a casa il match. Ma qui, il bello, più delle mosse e dell’atletica in sé e per sé, sono stati loro due con le personalità così differenti e contrapposte. Bello, ci è piaciuto davvero!
Ora c’è un tag team match: magrolini contro Bronzi di Riace. Cioè, scusate, Headhunters (Entertrainer e Kronos) contro AB Knight e Curtis Chapman. Nonostante la differenza di stazza, l’incontro è armonico e bene equilibrato. Kronos parte in quarta a massacrare il povero AB con una serie di chop. AB replica con una bella hurricanrana e un suicide dive. Kronos va avanti a ceffoni e frittelle fino ad un breve cambio con Entertrainer, ma rientra quasi subito. AB le prende da tutti e infine si vendica con un crossbody da quattro stelle. Entra Chapman al suo posto e fa il suo dovere in modo egregio. Mentre Entertrainer è a terra ne approfitta per zompargli sopra con un double stomp sulla schiena. Poco dopo si lancia in un suicide dive su entrambi gli avversari e si aggiudica il match con una double knee jawbreaker. A volte essere grandi e grossi non basta per vincere.
Quarto match, valido per la Rising Championship: Ashley Dunn contro Nemesi. Questi sono due veri artisti del ring! Nemesi parte con una shoulder block, un roll up e un hip toss. Ashley ribatte con una head scissor e poi si scontrano con un dropkick double down. Nemesi riparte con un vertical suplex con un pizzico di delay tanto per gradire. Ashley non si risparmia e organizza il festival dei calcioni in tutte le salse: piedone, enziguiri, spinning, Pelè… ma tutto questo non gli evita una FU. Non molla e riparte all’attacco con una german suplex, un powerslam e un package piledrive. Nemesi lo acchiappa, lo scaraventa in aria e lo fa volare da un’altezza tipo quarto piano che quando atterra trova il petrolio, poi gli rifila una RKO, una canadian destroyer e lo finisce con la sua Demon Driver.
Parentesi gossip. Se Ashley Dunn le ha prese sul ring, fuori da lì ha fatto vittime: la nipotina di Fabio Tornaghi – nove anni – visto che non parla inglese gli ha dichiarato il suo amore con un disegno, affermando che è bellissimo e le ha rubato il cuore. Bene, se Stephanie McMahon ha sposato Triple H, sappiamo cosa aspettarci per il futuro in casa Tornaghi. Tenerissimamente, Dunn dimostra di ricambiare i sentimenti della sua aspirante fidanzata e le regala una delle sue magliette.
Quinto match: Nick Landers contro Maverick Mahyew. Ma non vi siete ancora stufati di leggere un elenco di mosse? Dai, qui diremo che abbiamo visto un gran bel match e che quando Lenders decide di darci dentro è sempre uno spettacolo. La grinta che ci mette, la spettacolarità, la capacità di emozionare… Abbiamo visto spesso questo atleta sul ring, ultimamente, e potete dire quello che vi pare, ma quando ti rifila in sequenza uno small package, una sitting powerbomb, una 450 splash che va a vuoto, una RKO e una canadian destroyer, anche se è il suo antagonista a ricevere gli onori e vincere l’incontro, va bene lo stesso, gli diamo un bel voto in pagella e vogliamo rivederlo più spesso.
Ora un triple threat match: Larry Demon contro Horus l’Assoluto contro The Gratest. Tg sale sul ring per ultimo e gli altri due ne approfittano per fargli la festa non appena volta loro le spalle per salutare il pubblico. Horus scappa giù dal ring mentre Larry e TG vanno avanti col match. Ma voi ci credereste mai che quel ragazzone che acchiappa TG, lo solleva come fosse una piuma e lo spatascia al suolo con una gorilla press slam, ha soltanto sedici anni? L’abbiamo visto crescere. Era un bambinotto magrolino, brufoloso e con la macchinetta ai denti. E adesso, a vederlo, è un uomo. Horus riappare non appena trova modo di poter sorprendere TG. Lo butta di sotto e se la prende con Larry, dentro e fuori dal ring. Torna TG e vola con un pescado su entrambi. Ci riprova, ma Larry lo acchiappa e gli spalma la schiena sul bordo dell’apron. C’è da dire che Horus è un heel spettacolare. Quando è di scena fa davvero paura, non guarda in faccia nessuno e, se gli gira, spacca tutto davvero. Anche quello che non deve, e chi organizza, poi deve rifondere i danni. Altra caratteristica fondamentale di Horus? Menare Carlino Forchini seduto tra il pubblico. Perché? Perché di sì. Questa volta lo fa insieme a TG. Lo acchiappano in due e gli propinano un bel suplex sul concrete. Tornano sul ring e si choppano, anzi, ecochoppano (ovvero delle chop con l’eco da tanto che rimbombano in sala). Torna su anche Larry, ma dato che tra loro due è una faccenda privata, lo spediscono via di comune accordo perché devono menarsi in santa pace. È il momento di una serie di german suplex per tutti, poi Tg subisce una back breaker da parte di Horus, il che non gli impedisce di portarsi a casa il match con uno springboard moonsault su Larry.
E qui abbiamo una parentesi comico erotica. Brutus arriva per proclamare una open challenge, ma invece di un avversario maschio si presenta sul ring la bella Insanity. Alta, formosa, tutte le curve al posto giusto e un bellissimo viso che è impossibile nascondere malgrado il trucco macabro, forse la più sensuale nel panorama delle lottatrici italiane. Nonostante le perplessità di Brutus iniziano a menarsi come camionisti, ma quante se ne danno è tutto da raccontare! Tirano fuori l’artiglieria pesante: bidoni, kendo stick, rissa in mezzo al pubblico… “Casualmente”, nel cercare di acchiapparla, Brutus le piazza le mani sulle bocce, e tutto il pubblico ride e va in delirio. Quando poi, per i colpi subìti, Insanity “sviene” tra le braccia dell’arbitro Malalana e questi ne approfitta per limonarla, il delirio collettivo esplode senza ritegno. Appena rinviene, Brutus la fa volare con un “Quarto Piano Move” (non ricordiamo se fossero Ponciroli e Fiorina o Recalcati e Valenti a chiamarla in questo modo, ma questa definizione ci piace troppo) e infine la schiena dopo averla stordita con una cinturata sulla zucca. Qualcuno ci dice che, tecnicamente, il match non fosse granché. E chissenefrega, rispondiamo noi. In mezzo a una quindicina di match serissimi, qualcosa di scherzoso ci sta benissimo e le belle donne vengono sempre apprezzate e guardate volentieri. Anzi, meno male che ne esistono ancora, in mezzo a tutti quei manici di scopa tutte ossa che vediamo sfilare sulle passerelle della moda! Giusto per cronaca, Insanity soffia la cintura Hardcore a Brutus… Bellissimo!
Ed ecco che arriva il turno dei due stranieri. Sono entrambi australiani: Adam Brooks e Jonah Rock. All’apparire di Brooks commentiamo “mica bruts!”, e poi sorridiamo vedendo l’arbitro perquisire Jonah prima della campana, come si usa per controllare che non porti su di sé oggetti contundenti. Ma che lo perquisisci a fare, che tra lui e un carro armato, l’arma è lui? Casomai dovrebbe perquisire il carro armato per vedere che non contenga Jonah. Brooks viene malmenato come uno straccio della polvere in tutte le maniere. Le mosse, tutto sommato, sono le solite, ma quando a farle è una specie di gorillone di quasi centotrenta chili, beh, capite che qualcosa cambia? Brooks prende il sopravvento quando Rock esegue una frog splash a vuoto. Si sveglia di botto, così dal nulla. Sale sulla terza corda e gli tira una jaw breaker, un dropkick, una diving tornado DDT e lo disintegra con una swanton. Australia batte Australia uno a zero. Viva l’Australia!
E a questo punto, pausa, sigaretta, pizza, birretta, ci vediamo dopo, ciao.
Ps. Se vi venisse in mente di lamentarvi del ritardo nella pubblicazione degli articoli, sappiate che non è mica facile avere un lavoro “normale” di giorno, uno di pura passione di notte, andare a dormire alle due e mezza di mattina, svegliarsi alle se e mezza e avere un evento alla settimana di cui fare un resoconto…
Grazie a Birrachiara per la consulenza tecnica
Appena potremo manderemo on line la seconda parte. Baci.
Erika Corvo