“Il paradiso è da quella parte del cielo che sta sopra Granada”, recita un proverbio arabo. E ben si comprende perché, osservando la bellezza della sua cittadella Alhambra, protetta da gigantesche mura, torri imponenti e porte massicce.
Il nome di Alhambra deriva da quello di una fortezza del IX secolo, chiamata Qal’ah al-ḥamrā, ovvero “il castello rosso”. Gli edifici più maestosi, tuttavia, vennero costruiti nel XIV secolo dal sultano Yusuf I e da suo figlio Muhammad V.
Nel XV secolo non c’era luogo più splendente in tutta la Spagna. All’interno delle sue mura sorgevano sei palazzi di singolare bellezza, che racchiudevano i più grandi capolavori dell’arte e dell’architettura islamica. Tuttora apprezzabili da chi voglia visitare questa perla dell’Andalusia.
All’interno, i palazzi sono finemente decorati su pareti e soffitti: agli arabeschi, si alternano poesie scritte in bella grafia. Nella sala degli ambasciatori, all’interno di una torre che domina la città, il soffitto è dipinto con un motivo stellato che rappresenta i sette cieli dell’Islam. Il sultano, che sedeva su un trono sotto le stelle, poteva direttamente collegare il suo potere terreno a quello celeste. Le fitte ed eleganti trame della sala hanno ispirato Escher per le sue composizioni.
Di rara bellezza è anche la cupola delle due sorelle, costituita da oltre cinquecento archi. Così la descrive il poeta arabo Ibn Zamrak: “in essa la bellezza è tanto nascosta quanto visibile… supera le stelle dei cieli”.
Anche le ceramiche e i tessuti erano così raffinati, da diventare celebri e suscitare stupore e ammirazione anche presso i più grandi sovrani d’Europa. In particolare, i vasi erano di dimesioni così considerevoli da superare il metro di altezza. Realizzati in ceramica smaltata azzurra, riportavano versi di poesie che li paragonavano a spose graziose.
L’architettura non lascia meno affascinati gli avventori. I portici che regalano refrigerio dal sole cocente e i cortili regolari e simmetrici sono abbelliti da fontane da cui sgorga acqua fresca, canali lungo i pavimenti, insolite sculture. Basti pensare al cortile dei leoni, adornato con dodici statue che rappresentano i maestosi felini. Anche la natura per i suoi architetti aveva un ruolo fondamentale: giardini con roseti, mirti, aranci e melograni offrivano la sensazione di trovarsi nel paradiso descritto dal Corano.
Il 1942, tuttavia, segnò per Alahambra la fine di più di sette secoli di civiltà islamica: quando Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona conquistarono il regno di Granada, Musulmani ed Ebrei furono stigmatizzati e costretti a lasciare il Paese. Fino a quel momento, avevano vissuto con i Cristiani in un clima di armonia, tolleranza e collaborazione culturale.
Luana Vizzini