Si sente dire che l’Italia sia il Paese dei talenti sprecati. Dopo l’ondata nazionalistica del periodo fascista, dal dopoguerra in avanti, siamo diventati esterofili assoluti. Se non sei in America, se non sei americano, o se non sei apprezzato in America non sei assolutamente nessuno. Per quanto bravo tu sia. Certo, alcune cose, in Italia non ci sono. Oppure non c’erano e le abbiamo importate. Come il chewing gum e il rock and roll. Anche il wrestling, in Italia, non esisteva fino agli anni ’80. Poi è arrivato, lo trasmetteva Italia 1 e si chiamava Catch!, con il commento di Dan Peterson. Consigliavano di non guardarlo perché era violento, ma ritenevano anche che i Beatles sarebbero durati due stagioni e che i Pink Floyd facevano solo rumore. Era carino, allora, il wrestling. Semplice, ingenuo, divertentissimo. Buoni e cattivi, l’eterna lotta del bene contro il male. Costumi, gimmick, entry music, acrobazie, spettacolo, atleti leggendari che hanno fatto la storia. Hulk Hogan era giovane, c’erano Jake the Snake, Koko B Ware, Undertaker, Ultimate Warrior, Mick Foley,Triple H era già terrificante, c’era Eddie Guerrero che faceva ridere.
Poi qualcosa si è guastato. Troppe chiacchiere e troppo poco ring. Atleti strapagati e legati ad assicurazioni che se si spezzano un’unghia vanno in malora. Niente più acrobazie, mosse centellinate col contagocce e soltanto nei main event (programma televisivo di wrestling professionistico, ndr.) Allora, la decisione… Basta! Non vale più la pena di guardare. Scrutandoci intorno scopriamo che… l’Italia trabocca di wrestler fantastici che non sono richiesti in TV perché non sono americani. Combattono duro. Si allenano appena possono, dopo il lavoro, facendo chilometri e mettendoci ore per arrivare in palestra. Sono diventati bravi. Sono cresciuti giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Eppure non li conosce nessuno. Sabato, 9 luglio 2016. A Pero. alle porte di Milano, si è svolto uno show interfederazionale con atleti di ASCA, FCW e Rising Sun, (federazioni italiane). Con ospiti stranieri per un panorama di stili e di atleti vario e completo. Magari, anche, per dimostrare che noi italiani non siamo inferiori a chicchessia nell’intero scenario europeo. Il costo del biglietto? Come andare al cinema ma ci si diverte di più.
Nonostante il caldo soffocante, i ragazzi ce l’hanno messa tutta e hanno dato grande spettacolo. Ottima performance di The Greatest, ringname dell’italianissimo Giacomo Giglio. Un entusiasmo travolgente, una capacità scenica eccezionale, un grandissimo bagaglio tecnico e un avversario in grado di tenergli testa (Juvenile X dalla Germania), hanno fatto del suo match un evento nell’evento.
Altrettanto avvincente il main event: lo svizzero Cash Crash vs. Matt Disaster, giovane promessa italiana. Senza respiro, un ritmo incalzante. Perfetto livello tecnico e buffoneria a ruota libera hanno coinvolto il pubblico e scatenato un tifo da stadio. E, per quelli che dicono che il wrestling sia finto? Bene. Provino a toccare la maglietta nera di cotone che è stata strappata a Matt durante l’incontro e poi vediamo… grondava di sacrosanto sudore. Sudore quello vero! Almeno mezzo litro.
Piccola Battle Royal con giovani promesse è stata una chicca assai gradevole. Nove incontri in tutto, Per tutti i gusti e con ogni variante possibile. Match di coppia, triple threat, one on one, scontri di gruppo. Ancora, un match femminile. E, sempre di gran livello. Lo spettacolo è adatto anche ai bambini: non ci sono match estremi con sangue, filo spinato, vetri e mazze chiodate. Solo destrezza e atletica d’alto livello. Alti o bassi, enormi o smilzi, a chi importa? Sono bravi, i nostri ragazzi. Non importa chi vince o chi perde. Cosa importante? Vedere dell’ottimo sport. Dare emozioni, convincere.
E, il dopo evento? Simpatico anche quello. Anche, se per loro un po’ dolorante. I supereroi, come li definiamo, terminato lo show si tolgono i costumi di scena. Escono dal backstage. Stanchissimi, zoppicanti, con aggiunta di bende, fasce elastiche e cerotti. Ma, tolte le pitture di guerra si rimettono gli occhiali, si raccolgono i capelli e, sorridenti e felici si danno da fare per ripulire il palazzetto da carte e lattine. Umili. Disponibili. Gentili. Volenterosi. Impilano le sedie e smontano pazientemente il ring, pezzo per pezzo. Lunedì torneranno al lavoro con lividi ed escoriazioni. La loro umiltà ci lascia sempre senza fiato. Il dopo evento, in TV non lo vedrete mai. Altro che gli atleti miliardari con la puzza sotto il naso della WWE. Il bello, la cosa veramente fantastica del wrestling italiano, è che si può non solo partecipare ai loro show, ma anche alla loro vita.
Erika Corvo