Una calamita della natura. Un vulcano. Uno tzunami di ironia, bellezza, arte e contemporaneità. Un pozzo magnifico dove anche Alice , tuffandosi nell’azzurro dei suoi occhi, avrebbe urlato al mondo di aver trovato il suo paese delle meraviglie. Perchè lui è l’emblema della vitalità. Un catalizzatore di energia allo stato puro. Lui è un artista a tutto tondo. L’artista con la A maiuscola. Ariedo Lorenzone , alias “ il pittore dei vip “ è un pittore e ritrattista contemporaneo di casa nostra di cui la fama ha varcato i confini di mezzo mondo. In Italia ha ritratto vari personaggi della politica e dello show business quali Renzo Arbore, Matteo Salvini , Adriano Celentano e non di meno, il Cavaliere Silvio Berlusconi. Friulano di nascita e residente tra il Veneto e Milano, lo invito a conoscermi per un intervista con lo scopo di capire i segreti che si celano dietro l’anima di un artista. Lo invito a raggiungermi alla vigilia di quella che per lo stesso sarà l’evento degli eventi. La scintilla che consoliderà la sua carriera artistica e professionale ovvero la presentazione , alla 76esima mostra del Cinema di Venezia , del trailer del film a lui dedicato, “ I ritratti di Ariedo “. Un film che verrà presentato l’anno prossimo a Venezia e a Cannes per la regia di Eddy Colucci e prodotto dal regista vittoriese Thomas Toffoli. Un film che Ariedo ha fortemente desiderato dedicare al Santo Padre Giovanni Paolo II. Ariedo è una persona che non ci si limita a conoscere. La si incontra. La si vive. Il suo carisma è tale da non poter resistere. E tu non puoi altro che arrenderti ed entrare in punta di piedi nel suo mondo. Un mondo fatto non solo di colori ma di risa. Di gioia. Di lacrime anche. Lacrime che sanno di sale e di storia. La sua. Il tempo con Ariedo prende le sembianze di un battito di ciglia. Vola. Letteralmente.
Perché Ariedo proprio a Papa Wojtyla hai dedicato il tuo film ? Perchè il ritratto che ho eseguito del Santo Padre è il valore più prezioso che possiedo ora. Un quadro che non ha prezzo e che non darei via per nessun oro al mondo. La diocesi di Milano lo voleva da esporre nella chiesa di san Protasio ma io ho detto no. Fa parte di me. E’ la mia forza. Racchiude la mia energia e da un senso alla mia esistenza. C’è una esperienza mistica che mi lega al quadro. Una sera lo fissavo e mi chiedevo se avessi mai trovato una cornice che lo potesse ospitare. Mi sentivo come un figlio che non voleva deludere il padre. Sentivo che meritava una cornice umile ma allo stesso tempo avvolgente. Le misure del dipinto non erano canoniche e non era facile trovarne una che calzasse a pennello. Ad un tratto sentii una voce che intuii poi fosse la sua. Quella del santo Padre. “ Non ti preoccupare , Ti aiuto Io “. Una frase scandita per ben tre volte. Non posso andare oltre per ragioni di diritti cinematografici ma nel film è spiegato filo per segno tutto ciò che mi lega a questo quadro e alla persona che lo rappresenta. Papa Wojtyla appunto. Possiamo dire che è come se fossi stato scelto. Ti senti un privilegiato per questo ? Non un privilegiato. Questo no, ma scelto, questo sì. Mi sento figlio. Sento che Papa Wojtyla è la mia guida. Anche oggi esterno le mie emozioni parlandogli nel silenzio del mio cuore. E lui mi risuona dentro, mi parla nel profondo della mia anima. Ed è una voce vera, limpida e nitida. Cristallina. Una voce che percepisco benissimo. Io porto in me la certezza assoluta che posso rivolgermi a lui come ad una persona in carne ed ossa. Sento che è per me la guida delle guide. Un padre. Associare il termine guida ad un padre è molto nobile a mio avviso. Che tipo di padre hai avuto Ariedo ? Enrico era un maestro. Un amico. Non una meta da ambire ma una strada da percorrere. Anche mio padre era un artista. Io sono certo che lui mi ha trasmesso il suo dono. Come i giocatori delle olimpiadi si passano la fiaccola del fuoco. Lui ha dato a me la sua. La fiamma dell’arte. Un arte che non puoi descrivere a parole. E’ un concentrato di emozioni che non saprei come far emergere dal mio di dentro e condividere con gli altri se non attraverso la pittura. Mio padre mi ha dato in eredità le sue mani. Di questo io sono certo.
In che senso le sue mani ? Il primo ritratto che ho fatto da piccino mia mamma , la prima volta che lo vide, mi disse subito che era di papà, non mio. Non ci credeva lei per prima. Quando ha capito che era farina del mio sacco ha pianto lacrime di stupore. Mi ha abbracciato e abbiamo pianto assieme. Ricordo che mi ha detto che lui, il papà, viveva in me. La sua arte. La sua sensibilità scorreva nelle mie vene nella stessa identica misura in cui scorreva nelle sue. Il dna di mio padre, ogni minima particella del suo gene artistico, si era fuso in me. Fuso con la mia storia. Con i miei passi. Le mie passioni. Il mio esserci. Ma tu, razionalmente , lo avevi capito che avevi lo stesso talento di tuo padre Enrico ? Subito, no. Lo capii poi. Una sera, quando ancora usavo matita e colori ad olio, sentii che le mie mani andavano da sole. Non le comandavo. Sentivo che erano guidate, instradate, accompagnate da una energia più grande. Capii allora che le mie mani erano diventate uno strumento . Attraverso le mie mani mio padre mi stava salutando e allo stesso tempo regalando tutto ciò che nella sua vita lo aveva rappresentato ; l’arte. Quell’arte che per lui era un vero e proprio ossigeno vitale. Essenziale. Un ossigeno creativo senza il quale sarebbe soffocato. Oggi posso dire lo stesso di me. Senza l’arte sarei uno zombi. Un vuoto a perdere senza anima. Senza la pulsione istintiva e carnale dell’arte sarei pari ad un nomade costretto a girovagare per le strade di un mondo che non sentirebbe suo. Io posso dire che mi sento Ariedo solo dipingendo. L’arte è per me la mia unica strada. Il mio unico cibo. Il mio posto nel mondo. La mia culla. Hai usato l’aggettivo carnale riferendoti all’arte. Si, carnale. Ognuno di noi è una medaglia con due facce. L’una vede l’anima, le emozioni, il non spiegabile. L’altra la carnalità dei sensi. Non mi riferisco alla sensualità ma al contatto sensoriale con il mondo. Io sono molto passionale nel lavoro e nella vita. Nell’arte io ci vedo amore. La vita è amore. Io amo il mio lavoro, amo le donne, gli amici. Amo tutte le persone che incontro perchè amo la vita. La amo a 360gradi e della vita amo tutto. Gioie e dolori alla pari.
Hai la fama del don Giovanni della Milano bene, lo sai questo, vero ? ( sorride ) La donna è un opera d’erte da cui traggo ispirazione. Ma lo è pure un pianto di un bambino come una passeggiata in solitaria al parco. Arte è un prosecco con un amico o un ballo in compagnia. Arte è anche questo momento che stiamo vivendo io e te. Arte è la parola chiave della tua vita. I vari riconoscimenti pubblici che hai ottenuto lo sono la prova. Non per ultimo sei stato riconfermato ambasciatore della Lombardia per il premio della Cultura Cristofolo Colombo. Già all’ accademia di Brera era emerso il mio talento. Ma vedi Thomas. Non mi voglio lodare per un dono che ho ricevuto. Gratuitamente ho avuto e gratuitamente ridò al mondo. Continuare a dipingere è anche una forma di gratitudine verso la vita che , con i suoi alti e bassi, non ha mai smesso di farmi sentire speciale. Non c’è bellezza più bella di riconoscersi vivi e a disposizione del mondo. Io con la mia arte lo voglio essere. Voglio essere un canale per emozionare. Che meraviglia sapere che un mio dipinto ha racchiuso un sogno alleviando per un attimo un dolore. L’ arte è sempre terapeutica, sia per l’artista sia per il pubblico. Cosa pensi ti direbbe Papa Wojtyla , oggi ? Continua ad essere Ariedo. Mi direbbe semplicemente di continuare ad essere Ariedo. ( … e quella lacrima che luccicava lo sguardo dall’inizio dell’intervista è finalmente scesa. Una lacrima che ha fatto emergere l’umanità di questo artista. Un artista che colora la vita e che allo stesso tempo sa che ha il dovere di colorare di verde le sue giornate. Quel verde che sa di speranza per un domani che ancora non c’e e che allo stesso tempo ci ricorda che abbiamo solo oggi per amare. )
Thomas Tolin