Osserviamo il nostro amico dopo averlo sgridato per un suo misfatto: perde di vivacità e si fa piccolo piccolo. I suoi occhioni si inumidiscono, le orecchie si abbassano, il suo corpo si appiattisce sul pavimento mentre la testa si gira per guardare altrove. Il nostro gatto o il nostro cane, seppur diversi di indole, si regolano molto sul comportamento del padrone.
Se il padrone, davanti alle loro malefatte, non ha alcuna reazione, anche l’animale rimane tranquillo. Se invece il padrone assume uno sguardo contrariato, loro reagiscono di conseguenza assumendo un’espressione simile al pentimento. Alcuni studiosi di etologia canina e felina, dicono che il loro cambiamento di atteggiamento e il loro sguardo contrito, non ha alcuna attinenza col senso di colpa.
E’ solo un tentativo per intenerire il padrone onde evitare il rimprovero. Anche uno studio del Barnard College di New York condotto su cani, ha avvalorato tale tesi. L’esperimento è stato condotto mettendo alcuni cani di fronte alla tentazione di mangiare del cibo loro vietato dal padrone. Assentandosi il padrone, al suo ritorno, si è visto che l’atteggiamento del nostro amico fedele, rispondeva direttamente alla reazione del padrone. Spesso i nostri amici ne combinano di tutti i colori: si divertono a svuotare cassetti, a giocare con gomitoli e spolette tirate fuori dal cestino del cucito, o, ancora, a distruggere giornali e indumenti, magari dopo un rimprovero.
Ripicca? Senso di abbandono? In realtà non è nulla di tutto ciò: è solo esternazione di ansia e stress. Le loro espressioni da vittima, sono richieste di ritorno alla calma. Le esprimono attraverso il linguaggio del corpo ogni volta che aleggia uno stato di tensione nell’aria. Ma l’uomo tende a identificare il comportamento dell’animale col proprio, dandone un’interpretazione sbagliata. Ciò che l’uomo interpreta come segnali di pentimento, a seguito di una sgridata, sono in realtà astuzie per stemperare la tensione. Sono segni di sottomissione al loro capogruppo, cioè all’uomo, per ritrovare la pace E’ errato pensare che l’animale si renda conto dell’errore commesso infrangendo le regole impartitegli.
Charles Darwin condusse degli studi mettendo in continuità espressioni emotive dell’uomo con quelle degli animali. Evinse che espressioni come paura, rabbia, stupore, gelosia non sono emozioni esclusive umane, ma sono altrettanto comuni negli animali. La vergogna o il senso di colpa sono però tipici dell’essere umano poiché determinati dalla violazione di leggi morali. L’Etologia Cognitiva , scienza che studia il comportamento degli animali anche in base a come vengono processate le informazioni ricevute dall’ambiente, ci dice che le menti del cane ed il gatto, ad oggi, restano ancora un enigma. Quindi pur essendoci una certa somiglianza di emozioni e comportamenti fra l’essere umano e i nostri due amici a quattro zampe, non possiamo umanizzarli. Esiste una diversa coscienza e consapevolezza fra i due mondi. Tuttavia questa affinità fra l’uomo e l’animale, definita omologia funzionale, è paragonabile allo stesso livello di sensibilità che esiste nel bambino.
Michele Bianchi