In Italia, oggi, stanno emergendo eserciti di talenti silenti che con molta umiltà si pro attivano in molteplici e variegate discipline sportive. Sono i ragazzi di oggi, quelli della porta accanto. Sono persone cariche di dedizione, di costanza, di sacrificio. Hanno in loro la consapevolezza del tempo. Un tempo rubato alla propria quotidianità e poi donato, condiviso. Sono ragazzi che respirano il bisogno di superare le proprie “comfort zone“ e che hanno la tangibile necessità di tuffarsi in sfide sempre più grandi e sempre più forti. Ragazzi che vivono di emozioni le quali caratterizzano da sempre le loro anime diventando vere e proprie “ particelle di sangue “ che veicolano ossigeno non solo al corpo ma all’intera sfera emotiva. Si sfidano in stadi, circoli, palasport e i plausi che ricevono , come scroscianti melodie, sono solo la punta di un iceberg fatta di loro, della loro storia, della loro carriera. All’ombra delle loro performance c’è una piramide nascosta , sommersa, che sfugge all’occhio di chi tifa, di chi li insegue e li scruta fosse solo per passione o per curiosità. Parte di questa struttura nascosta vede la figura del preparatore tecnico, dell’allenatore personale del singolo atleta, ovvero il “ personal trainer “. Una vera e propria guida. Nello sport nella stesa misura in cui è necessario allenare il fisico è fondamentale allenare anche la mente. In questo scenario interviene e spazia la figura del “ coach” che permette di trasformare le debolezze dell’atleta in concreti atteggiamenti vincenti. Ma cosa spinge un “ personal coach ” a interagire con un atleta ? E’ sufficiente la passione per una disciplina a trasmettere nell’altro la voglia di vincere ? In una vittoria, l’alfa e l’omega , l’inizio e la fine, è attribuibile all’atleta stesso o è più associabile a quella figura che l’ha supportato, guidato, motivato, indirizzato, sostenuto, “paternamente“ avvolto ? In un disciplina individuale, la vittoria, può essere condivisa o prevede l’esclusiva dell’atleta ? Questo mi sono chiesto e questo ho rivolto ad uno dei maggiori esponenti del “ coaching sportivo “ del panorama italiano contemporaneo, il veneto Andrea Carollo. Titolare di diversi riconoscimenti sportivi, uno tra i tanti quello di pluricampione nazionale e intercontinentale di Sanda
(boxe cinese) CONI non che Personal Trainer di molte celebrità dello sport e del mondo dello spettacolo.
Andrea si è prestato con molta professionalità e umiltà ad un confronto con la mia persona. Abbiamo chiacchierato tranquillamente e in maniera amichevole da subito, cosa rara in personaggi noti e conosciuti che godono di molta notorietà pubblica. Andrea mi è stato utile per dare un volto al ” papà di un campione “. In fin dei conti, nessuno nella vita impara a camminare se non ha chi lo sostiene nelle cadute.
D: Cosa significa essere per te un “coach“ Andrea?
R: Essere colui che accompagna ad un percorso il proprio “ coachee” sia questa figura un singolo atleta o una squadra intera. Personalmente, preferisco gestire rapporti “ Be to Be “ ovvero essere coprotagonista del percorso sportivo. Assieme infatti si individuano gli obiettivi, i tempi per raggiungerli, mirando unicamente ad alti livelli di prestazione in gara. L’allenamento mentale affiancato a quello fisico e tecnico, permette al mio assistito di gestire in ogni momento della gara le proprie emozioni trovando nell’immediato le risorse che gli permettono di ottenere alti standard competitivi. Negli sport individuali aiuto il mio atleta a mantenere la concentrazione e a conoscersi per dare tutto di sé a chi lo dovrà giudicare o sfidare.
D: Come sintetizzeresti a tappe la fase del coaching sportivo?
R: Riduttivo parlare di sintesi. Diciamo che le fasi spaziano dal dare una prima centralità all’individuo e a seguire si andranno a scoprire e concretizzare le sue potenzialità trasformando le paure in coraggio, lo stress in stimolo. Non di meno è mio direttivo far sì che ci sia una vera e propria presa di coscienza da parte dell’atleta ad uno stile di vita fatto di regimi alimentari, di tempistiche , di allenamenti monitorando costantemente i parametri richiesti dallo statuto della stessa disciplina.
D: Quando ad un’atleta viene riconosciuto un titolo, una vittoria, di chi è il merito?
R: La maggior parte degli atleti risponderebbero che il merito è da attribuire al coach e la maggior parte di noi risponderebbe che il merito è dell’atleta. Si parla spesso di gioco di squadra ed è corretto questo . La sinergia tra le parti è sempre la chiave di lettura corretta. Una guida senza un talento non ci sarebbe, come non ci sarebbe un potenziamento di un talento senza un supporto tecnico, emozionale. Quando nello sport, come nella vita sociale, ognuno di noi è allineato al proprio essere, e non snatura, svende, la propria persona fatta di competenze e di desideri, potrà sempre dirsi “ l’unico vincitore “ del risultato ottenuto. Come dire che ognuno si prende i meriti della sua metà di medaglia.
D: Quale sarebbe Andrea la tua ultima “ metà della medaglia “ che hai ottenuto?
R : (sorride) Sabato 17 novembre, Michele Riondato già atleta di punta delle nostre accademie, e già campione italiano classe A di Grappling e primo ranking italiano nelle mma, ovvero le arti marziali miste, categoria dilettantismo, ha debuttato nelle mma professionistiche al “ Milano in the Cage 6 “ evento importantissimo giunto alla sua sesta edizione dove il Riondato ha vinto il suo match al primo round solo dopo 2 minuti e 18 secondi per sottomissione “ Rear Naked Choke “ entusiasmando il grande pubblico presente.
D: In cosa consiste la tecnica per sottomissione denominata “Rear Naked Choke“?
R: E’ un tipo di strangolamento che viene portato da una posizione di controllo posteriore e può essere portato indifferente con entrambe le braccia. Viene detto strangolamento sanguigno ovvero in cui l’effetto è bloccare l’afflusso del sangue al cervello tramite la pressione sulla carotide. Michele Riondato è tra le promesse dei fighter italiani , i lottatori liberi, più ambite del nostro panorama nazionale
D: Un atleta può essere un coach a sua volta per altri atleti in corso di carriera?
R: Certo. Michele è un coach di wrestling specifico per le mma presso le Carollo Academy. Oltre ad essere uno degli atleti di punta delle mie 8 accademie sparse in tutta la regione Veneto, è uno dei miglior formatori nella sua disciplina di competenza.
D: Il ruolo di una sana alimentazione per un atleta, qual è?
R: L’alimentazione è lo scenario in cui si forma il corpo. Senza un regime alimentare adeguato il corpo di un atleta è paragonabile ad un cavallo selvaggio indomabile. Si ammira nella sua totale libertà e nella sua altrettanto totale assenza di competizione. Michele Riondato segue un regime vegano che gli da forza, resistenza e tantissima energia.
D: Se sei d’accordo potremmo approfondire il tema in un’altra occasione. Sarei molto curioso di capire le motivazioni che spingono una persona ad abbracciare in pieno lo stile alimentare vegano.
R: Sicuramente ne parleremo e ti ringrazio finora della grande opportunità. Come hai detto giustamente tu, il mangiare vegan è una vera e propria filosofia.
D: Che poi al cibo e all’amore nessuno comanda. Per chiudere Andrea, cosa Ti sentiresti di augurare ad un giovane ragazzo che ha intenzione di affidarsi ad un personal coach per far chiarezza su che disciplina intraprendere?
R: Di non entrare in chiusura con nessuna disciplina e di lasciarsi conquistare dalla disciplina stessa. Il mio ruolo consisterà nel presentare lo scenario e dialogare per togliere tutte le resistenze permettendomi così di intuire la predisposizione interiore del ragazzo verso quella competenza rispetto ad un’altra. Io sono sempre del parere che è lo sport che ti sceglie. Il compito dell’atleta è lasciarsi conquistare e fidarsi ciecamente delle proprie emozioni e del proprio sentire e perché no. Di noi coach. Siamo ottimi padri per i nostri atleti. Sono figli per noi.
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andreacarollo1982
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Thomas Tolin