Si è tenuto in data 15 ottobre 2020 la conferenza stampa di apertura del 22° Congresso Internazionale di Medicina Estetica presso il Centro Congressi MiCo di Milano (www.congressomedicinasestetica.it) organizzato da Agorà, Società italiana di medicina ad indirizzo estetico.
Essendo tra gli invitati in rappresentanza della testata online Mondomarziale spia il mondo di Carla Rossi e Sara El Sehaly, ho potuto constatare, oltre che l’ottima organizzazione del congresso, anche la qualità degli interventi dei quattro introduttori (prof. Alberto Massirone, presidente di Agorà; dott.ssa Nadia Tamburlin, vice presidente; dott. Mario Mariotti, docente scuola di medicina estetica e presidente comitato soci; dott.ssa Marina Triulzi, membro del direttivo e coordinatrice delle regioni), con la conduzione del giornalista Paolo Pegoraro, direttore del Gruppo editoriale Tecniche Nuove.
Che la medicina estetica non conosca crisi è risaputo, nemmeno l’attuale contingenza sanitaria ha diminuito le richieste di trattamenti, anzi, come ha detto il presidente, da una parte si sono anticipati trattamenti che solitamente vengono fatti in altre stagioni, dall’altra si sono intensificati interventi sulle aree del viso, come la regione perioculare, che appaiono ora più esposte e osservabili a causa delle mascherine che coprono gran parte del volto.
Girando per i lunghi corridoi, tra i vari stand, ho notato le molte novità presentate nel congresso, dispositivi e macchinari all’avanguardia che sono il risultato della ricerca in dermatologia, nella chirurgia plastica e ricostruttiva, e pure nelle branche affini come la endocrinologia, reumatologia e le scienze dell’alimentazione. Del resto, come si è detto nella presentazione, un confronto interdisciplinare, anche tra esperienza cliniche, è la conseguenza della natura trasversale della medicina estetica, che si occupa della salute della persona nella sua interezza per come appare: la bellezza come esito di trattamenti che riguardano il corpo ma anche la psiche, perché niente è più gratificante del piacere di piacersi, del sentirsi attraenti e soddisfatti di se stessi.
Ed è su questo punto che vorrei soffermarmi. Perché può aversi l’idea che la medicina estetica sia rivolta a curare più la vanità che la salute. Niente di più errato. Quanto volte siamo stati dal nostro medico generico rilevando poca sensibilità nell’ascoltarci e poca empatia? Quanto volte abbiamo dovuto constatare la freddezza di diagnosi e prescrizioni in esito ad affrettati esami, scritte con un linguaggio tecnico e a noi incomprensibile? Quanto volte ci siamo sentiti persone veramente curate piuttosto che pazienti lasciati al nostro destino? Tantissime volte, anzi sempre, direbbero i più.
Eppure i progressi nella ricerca anche in psicologia consentono di dire, oggi, che la migliore macchina più all’avanguardia per il più perfetto risultato non sarà mai come l’attenzione sincera ed empatica verso il paziente.
Il condurlo per mano e con un linguaggio accessibile per l’intero percorso terapeutico, previe spiegazioni degli esiti possibili e dei rischi per un consenso informato non solo scritto ma anche “parlato”, deve essere il fondamento di ogni percorso terapeutico.
Per queste istanze di umanità nel rapporto medico – paziente la medicina estetica è avanti, segnando la strada per tutti i settori della medicina e della sanità pubblica e privata. Chi meglio del medico estetico entra nel vissuto del paziente e nel merito dei suoi bisogni emotivi che lo spingono a migliorarsi?
Il messaggio di innovazione dato dal 22° Congresso è stato quindi anche etico. Il medico ha una nuova missione: entrare in empatia con il paziente, ascoltare prima di tutto, creando un rapporto di fiducia, analogo a quello tra avvocato e assistito. La comunicazione costituisce fin dal primo colloquio, la premessa fondamentale per ciò che saranno la cura e l’intervento: perché il miglior esito deriverà dall’incontro tra le reali aspettative del paziente e le effettive competenze del medico curante.
In fin dei conti il nostro essere nel mondo — ha concluso la conferenza stampa l’ottimo giornalista scientifico e sempre aggiornato Paolo Pegoraro, citando Heidegger — è nel rapporto di cura verso gli altri: sapremo prenderci cura dell’altro solo se gli riconosciamo pienamente la libertà di prendersi cura di se stesso. A partire da qui potremo disporci a prenderci insieme cura del mondo. Giovanni Bonomo