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Didattica a Distanza: uno studio ne rivela i benefici

Nell’ultimo periodo si è molto parlato di Didattica a Distanza e dei suoi effetti negativi sulla salute fisica e psicologica degli alunni (e dei docenti): stress dovuto all’iperconnessione, affaticamento oculare, problemi posturali, deprivazione della socialità…

Eppure, spesso la DaD ha svolto il ruolo di capro espiatorio della disorganizzazione e incompetenza di molti. È, infatti, uno strumento reso noto dalla pandemia, ma già utilizzato in alcune scuole e università a livello internazionale. Se condotto bene, da docenti consapevoli e competenti e in presenza di dispositivi adeguati e di una connessione efficace, può essere molto funzionale e arrecare, addirittura, alcuni benefici.

È quanto dimostrato da una ricerca dell’Università di Bristol, condotta tra l’aprile e l’agosto del 2020 su un campione di un migliaio di ragazze e ragazzi tra i 13 e i 14 anni di 17 scuole inglesi. Lo studio, intitolato “Young People’s Mental Health during the COVID-19 Pandemic” (“La salute mentale dei giovani durante la pandemia di Covid-19”) riporta risultati inaspettati.

Non dover sopportare ogni giorno lo stress di compiti, verifiche e interrogazioni, anche a sorpresa, ha comportato per molti alunni una riduzione dei livelli di ansia e un incremento del benessere e del relax. In particolare, durante il lockdown la percentuale degli alunni a rischio di soffrire di ansia è scesa di circa il 10%: i livelli prepandemici si attestavano al 54% per le ragazze e al 26% per i ragazzi.

La maggioranza degli intervistati ha dichiarato di sentirsi maggiormente connessa con la scuola, di comunicare in modo più positivo con i compagni e di percepire più vicini i docenti, forse favoriti da un clima più informale.

Non è stato raro, infatti, trovare nelle classi alunni che con la DaD siano addirittura migliorati. Il filtro dello schermo per alcuni ha permesso di superare la propria timidezza, di esporsi maggiormente e di far emergere qualità che, in presenza, rimanevano celate.

In altri casi, l’ambiente confortevole della propria casa ha costituito un facilitatore per la regolazione del comportamento di alunni che, in un clima connotato da ipersollecitazioni come quello della classe, manifestavano comportamenti disfunzionali.

Ovviamente, questo non è valso per tutti. Ci sono alunni che non hanno avuto accesso a dispositivi e rete, altri che avrebbero avuto bisogno della presenza fisica dei docenti come guida, ma anche alunni fragili, i cui bisogni educativi non potevano essere soddisfatti a distanza. Tutte situazioni che è doveroso prendere in considerazione, perché il diritto a un’istruzione di qualità deve appartenere veramente a tutti. Nessuno escluso.

E, soprattutto, la soluzione a problemi come l’ansia scolastica non c’è certo la Didattica a Distanza. Ma questo permette ancora una volta di riflettere sul fatto che la scuola vada ripensata prima di tutto nell’ottica del benessere degli alunni. Nella creazione di un clima di classe positivo, in cui ognuno sia libero di esprimersi senza sentirsi giudicato, né dai compagni, tantomeno dai docenti. In un’educazione non impostata sulla rigida valutazione dei contenuti appresi, ma sul piacere della scoperta, della collaborazione e sul senso di appartenenza. Insomma, una scuola che davvero non lasci indietro nessuno, che offra una possibilità a tutti, che aiuti a crescere in autonomia. In presenza o a distanza, quello che conta veramente è mantenere chiaro l’intento educativo.

Luana Vizzini

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