Tante volte ci si domanda come sia possibile fare programmi di recupero per ex tossicodipendenti, carcerati, alcolisti e senzatetto. Occorre solo un bel progetto e tanta buona volontà. Ci è riuscita perfettamente una criminologa, Mini Silbert, che nel 1971, a San Francisco, ha messo in piedi la Delancey Street Foundation che ha permesso il recupero di migliaia di persone in alcune città americane.
Programma completamente autofinanziato, ha visto il lavoro di uomini e donne che hanno deciso di abbandonare la vecchia via, per dedicarsi produttivamente al loro reinserimento sociale. Un progetto già avviato e che ha dato ottimi risultati, è stata l’apertura del Delancey Street Restaurant che si affaccia sul luccicante porto di San Francisco. I camerieri hanno una particolarità: l’altezza straordinaria che li fa sembrare giocatori di basket e una struttura fisica da bodybuilder, ma una eleganza di modi da maggiordomi di alto livello.
L’ambiente e la cura dei particolari non ha nulla da invidiare a qualsiasi altro ristorante, con le sue linde tovaglie di bianco lino ben stese sui tavoli. Il cibo è buono e si basa su piatti tradizionali americani o su ricette importate dai luoghi di origine dei residenti. Uno dei suoi piatti forti, è la bistecca con contorno di pannocchie al burro. La cosa più sorprendente però non è il cibo, ma l’aria che vi si respira. Si ha la sensazione che il cliente non è solo servito con scrupolosa attenzione ma è trattato con riverenza.
Tutti i partecipanti al programma di recupero abitano in uno stesso campus nei pressi del Delancey Street e imparano il rispetto delle regole. Essere ordinati nel vestiario, attenersi agli orari prestabiliti, avere un atteggiamento deferente col Direttore, mantenere sempre il sorriso sulle labbra e andare d’accordo con i compagni, sono dei must. Il ristorante produce un ottimo utile che viene impiegato per gestire i bisogni degli ospiti del campus e dar loro la possibilità di imparare un mestiere così da facilitarne il reinserimento nella società. Da questo progetto, sono usciti, riabilitati, diversi residenti che ora sono impegnati nei più svariati campi produttivi e professionali.
In Italia, progetti simili, sono stati avviati dal Carcere di Bollate con il suo stellato ristornante InGalera.
Inoltre, sempre a Bollate, si fanno attività di giardinaggio, di vivaio con produzione di piante molto originali e, in uno spazio adiacente al carcere, si tengono , con molta professionalità, corsi su più tematiche di botanica. Anche in questo caso è il carcere che allarga le sue braccia sempre più verso la città in segno di volontà di reintegrazione.
Michele Bianchi