Rischia il licenziamento chi fa uso scorretto del pc aziendale, soprattutto in caso di abuso della connessione internet per scopi non prettamente professionali, rischia il licenziamento anche chi, secondo il nostro codice penale all’articolo 635 bis, distrugge i dati aziendali, nello specifico “Chiunque distrugge, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui, ovvero programmi, informazioni o dati altrui, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni”, se il dipendente che effettua il danno è un operatore di sistema, la pena può aumentare addirittura a quattro anni. Di poco tempo fa il caso su cui ha sentenziato la Corte di Cassazione, per un dipendente che aveva chiesto il reintegro sul posto di lavoro perché licenziato dal titolare di una agenzia, in quanto trovato intento a cancellare dati presenti nel pc aziendale.
I Giudici hanno affermato la legittimità del licenziamento, sia sotto il profilo del rispetto delle garanzie procedimentali sia sotto quello della sussistenza della giusta causa. La condotta del dipendente, ha sostenuto infatti la Corte, oltre a essere astrattamente inquadrabile nella fattispecie penale di cui all’art. 635 bis c.p., rientra nella previsione degli artt. 146, comma 2°, e 151 del CCNL, in forza dei quali “il lavoratore, in caso di grave violazione dell’obbligo di conservare diligentemente le merci e materiali dell’impresa, può essere licenziato”.
E non vale il fatto che possano essere recuperati in toto o in parte i dati presenti del pc, deliberatamente cancellati dal dipendente. Tale valutazione, sottolinea infatti la Cassazione, “in termini di gravità non può essere disgiunta dalla considerazione del rilievo penale della condotta ascritta al lavoratore, sotto la specie del reato di danneggiamento di dati informatici previsto dall’art. 635 bis c.p., il quale deve ritenersi integrato anche quando la manomissione ed alterazione dello stato di un computer sono rimediabili soltanto attraverso un intervento recuperatorio postumo”.
Giuliano Regiroli