Ed eccoci alla seconda parte dell’intervista a Frank Basilico, l’attuale General Manager IWE. Se la prima parte vi è piaciuta, la seconda è anche meglio! Godetevela!
Il wrestling è finto, il wrestling è vero… finora si guardava in tv e si credeva che fosse tutto oro colato. Ma sappiamo ormai tutti benissimo che l’esito degli incontri è già stabilito in partenza (non “truccato” ma “prestabilito”, il che è assolutamente diverso), che heel e face che si menano senza pietà sul ring sono in realtà ottimi amici e un sacco di altre cose. a tuo giudizio, quali sono i tabù che oramai si potrebbero anche svelare senza problemi?
Eh… predeterminato, sì! Finto, proprio no. Non c’è nulla di finto quando vedi volare un atleta di 160 kg da un paletto o in un tubo al neon spaccato sulla schiena. Con l’avvento di internet però non si può più far finta di cadere dalle nuvole e negare certi temi come la predeterminazione. C’è una sorta di copione da rispettare. Anche i bambini ormai conoscono il dietro le quinte, conoscono i booking, e film come “The Wrestler” in cui recitano anche tanti atleti professionisti sono esplicativi. Anche tanti documentari girati proprio dalla WWE ti fanno capire come funziona in realtà…. Insomma, secondo me chi cerca ostinatamente di coprire queste verità è ormai patetico e borioso. Al tempo stesso penso sia giusto che agli allenamenti non debbano partecipare esterni. Perché vedi…tutti sappiamo che il mago non sega per davvero la valletta … ma se tutti conoscessimo i segreti, in questo caso chi vince e chi perde, o la sequenza delle mosse, lo spettacolo diventerebbe una chiavica! Penso che ogni show vada goduto con tutte le sue sorprese. Se prima di entrare ti raccontano che l’assassino è il maggiordomo e che ha usato l’arsenico, si perde tutto il bello!
In realtà ti chiami Francesco Tallevi: come mai la scelta del ringname Frank Basilico?
Quando incominciai ad allenarmi nella scuola del dottor Dispiacere molti mi chiamavano “Capitan Delirio”, perché in quel momento musicalmente stavo proponendo musica elettronica con quello pseudonimo, portando una maschera stile wrestling. Ma non ero convinto, non volevo mischiare la musica con questo nuovo progetto. Anni prima, invece, avrei dovuto formare una band di musica anni 30, roba swing, e avevamo trovato una simpatica storia in cui ognuno aveva un soprannome tipico di quegli anni. C’era Joe Tambura, Johnny 4 corde e, per l’appunto, io: Frank Basilico. La band non esordì mai, ma a quel punto decisi di utilizzare quel nome mai usato. Lo trovai adatto come ringname, e a tutti piacque. Dà quel senso di “genovesità americana” adatto per chi, come me, si definisce il motivatore degli atleti liguri per uno sport importato all’America.
Apriamo una piccola, strana parentesi, e anche se qualcuno ci prenderà per scemi, sveliamo qualcosa di quello di cui parlavamo la notte, in chat, all’inizio della nostra amicizia. Qualcosa ci accomuna: il rapporto viscerale che abbiamo con la buonanima di Eddie Guerrero. Forse autosuggestione, forse allucinazioni, forse chi lo sa che cosa… qualcuno che si fa vivo da una dimensione parallela… A me, una notte. ha salvato la vita. A te è apparso, vero?
Quando lasciai l’ICW, per un po’di giorni pensai che sarebbe stato un peccato che finisse tutto così. Non conoscevo altre realtà, e credetti veramente che tutto quel tempo dedicato al wrestling potesse essere andato sprecato. Una notte feci un sogno: mi trovavo al porto antico a passeggiare quando mi passò davanti proprio Eddie Guerrero. Lo guardai stupito e gli parlai. Gli dissi che ero un suo fan, e che anch’io per un anno avevo fatto parte di una scuola di wrestling. Lui mi chiese cosa avessi imparato. Nel sogno, io parlavo in italiano lui in spagnolo e ci si capiva alla meglio. Gli dissi che, sinceramente, al di là di un clinch (mossa di solito usata all’inizio di un match in cui gli atleti agguantano un braccio e il collo dell’avversario. NDR.) non ero andato. Allora mi chiese di fargli vedere. Lo agganciai con educazione in clinch e lui mi domandò se fossi un wrestler o una ballerina… Mi strinse veramente forte…. Poi mi disse di insistere, di crederci ancora, perché presto avrei avuto la mia rivincita. Ci salutammo cordialmente. Mi svegliai e capii che era un sogno, ma sembrava vero accidenti…. Poi ho sentito un fastidio al braccio, ho guardato e avevo un livido… proprio lì dove mi aveva stretto con il clinch! Dopo tre giorni un amico mi contattò e mi mise in contatto con Violent Joe e Bulldozer e di seguito con la TCW. E bon, che altro dire? Questo è quanto.
Ok, chiusa parentesi. E ora passiamo al tuo ruolo: cosa fa, esattamente, un manager? Cosa potrebbe fare, di più di quello che normalmente fa, per aumentare il coinvolgimento del pubblico?
Innanzitutto un buon manager non si improvvisa. Deve essere a conoscenza di tutto l’ABC ma anche fino alla Z del settore. Deve saper quantomeno cadere e saper salvaguardare il fisico da eventuali colpi. Devi conoscere a memoria i tempi di ogni match, e infine essere lesto nel decidere in quali attimi intervenire senza levare spazio alla scena sul ring. Un buon manager deve avere delle sue caratteristiche ben definite come personaggio: un look, una personalità, le sue frasi peculiari… Deve indubbiamente avere una buona parlantina al microfono, sapere come interagire con gli atleti e come interagire col pubblico. Non ultimo… saper essere autoironico. Tutti i grandi manager lo sono stati. Forse è quello che manca a chi vuole interpretare questo personaggio, in Italia: una buona dose di ironia e di volontà nel sapersi mettere in gioco. Sulla scena, negli anni, ho interpretato un buffo maggiordomo, il lavacessi, mi sono preso panna in faccia e culi in testa. Ho preso più botte di una pentolaccia. Ma i bambini ridevano nel vedere certe gag, ed allora a Frank bastava così: i bambini erano felici e la scena era buona. Bon. Questo è wrestling…
Come hai vissuto il tuo ruolo, dall’inizio? Quanto c’è di te, nella tua gimmick?
Di me, c’è e non c’è. Nel senso che il personaggio originale l’ho creato io, ma ho volutamente creato un Mister Hide, un alter ego, un rovescio della medaglia. Quello che io non ero. Un personaggio sorridente e bonario, mentre io sono sempre così burbero e pensieroso… Invidiavo spesso questo Frank Basilico, così solare e dolce. Era un manager atipico: in genere i manager sono tutti heel e accompagnano atleti altrettanto heel. Ma al direttivo questo personaggio non piaceva e ne sorti molti problemi. Col tempo, comunque, Frank Basilico è cambiato. Ho lavorato sulla goffaggine e sulla bonarietà, e il fatto che fossi sovrappeso mi ha reso perfino più facile il compito. Era una sorta di Fantozzi se vogliamo …ma da genovesi un motivo ci sarà pure, se interpretiamo simili macchiette. Faceva divertire i bambini e chi veniva a vedere lo show. Nell’ultimo periodo in TCW, la mia disponbilità venne scambiata per debolezza, e continue intromissioni nel carattere del personaggio generarono una brutta caduta di stile. Era ora di riprendere il controllo e dare una svolta al tutto, e quella svolta è iniziata in IWE.
Cosa leggi negli occhi del pubblico, quando appari?
Dipende dalla scena e con chi la stai condividendo. Negli occhi dei bambini vedevo felicità. I miei abiti di scena, per loro erano magici, come se fossi uscito da un film, o da un libro di fiabe. Ad ogni spettacolo, ad un certo punto regalavo a qualcuno di loro un leoncino di peluche, e questo piaceva molto. Vedevo che perdevano la loro naturale ritrosia e venivano da me, mi parlavano, mi toccavano la mano. Smettevo di essere un vecchio, goffo sornione e diventavo un amico. Ho visto la luce accendersi nei più grandicelli, che sembrava toccassero un sogno fatto realtà. Erano lì, era il wrestling e non era in tv. Era vero! Purtroppo ho visto anche il terrore sui loro faccini quando nei match estremi si oltrepassava un certo limite. Sembrava che mi implorassero di farli smettere, che quel che vedevano gli faceva paura! Per contro, non voglio tirarmela, ma non sempre ho trovato atleti preparati a livello recitativo e ti giuro che ho fatto fatica a mantenere in piedi scene credibili. Non sai più come reagire e ti trovi ad improvvisare tutto su due piedi. Prossimamente. Spero che siano le donne a guardarmi con occhi sognanti, vista la mia nuova immagine. (rido)
I tuoi colleghi di lavoro vengono mai a vederti? Quando uno dice di fare wrestling, già lo guardano male: come vedono uno che in questo sport fa il manager?
Lavoro in una catena di supermercati da 25 anni come addetto alle vendite. I colleghi, nel bene e nel male, sono solo colleghi. Anni fa era diverso il rapporto con i compagni di lavoro. Si era tutti una famiglia. Quado dici che fai wrestling… Eeehh? Ti guardano strano. Devi spiegarglielo, che è lo sport di John Cena, di Hulk Hogan. Allora ti guardano stupiti. Gli spieghi che fai il manager, e allora pensano che tu stia lì a prendere sberle ma sia pieno di soldi. Va bene che ho sempre partecipato ad eventi in Lombardia, molti in Liguria in generale e solo pochi a Genova in particolare ma, tra una scusa e l’altra, nessuno è mai venuto a vedere. Adesso che ce ne saranno alcuni proprio qui, voglio vedere che scuse troveranno. E pensare che ci mettiamo l’anima perché gli spettacoli siano sempre di alto livello…
Che cos’è, per te, il wrestling? Come lo vedi all’interno del panorama culturale italiano?
Per me è sempre stata una grande passione, fin da bambino. Ammetto che per alcuni anni proprio non me ne occupai. Mi dedicavo ai concerti, avevo belle donne. Guardavo poco la tv ed allora non vi erano tutte le possibilità di guardarlo. Le TV digitali hanno portato più possibilità. Internet ha aperto mondi infiniti. Poi, appunto, iniziai ad occuparmene in prima persona e quindi la passione è aumentata, ma cerco sempre di fare in modo che non diventi ossessione. Mi piace navigare qua e la, vedere le situazioni mondiali. Mi piace soprattutto guardare match di federazioni minori o dei paesi più sperduti del pianeta, questo e quel match. Non mi piace fare tanti giudizi. Guardo e, se mi diverte, bene. Altrimenti mi volgo altrove. Quello che dovrebbero fare tutti! Non mi piace vedere tutti quegli opinionisti da tastiera che criticano o si prodigano in pronostici o consigli. Non mi sono mai piaciuti tutti quei programmi calcistici dove tutti dicono “avrei verticalizzato”,” doveva passare la palla”. Se uno vuole criticare, che si metta in gioco! Perché è facile parlare, seduti sul divano. Provaci tu, allora, se sai cosa dovessero fare tutti quanti! E così per il wrestling. Troppo opinionisti e spesso di parte fanno si che il wrestling resti sempre macchiato di critiche e così facendo lo relegano a sport di nicchia o, peggio, a una cosa da criticare. In cui i profani fanno fatica a capire. Non dico che non vi debbano essere critiche se costruttive. Ma chi se ne mastica di chat del settore sa cosa intendo. No, non credo che possa mai diventare uno sport nazionale. Ma se i vari addetti nel settore iniziassero a confrontarsi in maniera costruttiva, nei prossimi anni potrebbe almeno crescere. Dovrebbe essere uno spettacolo. Si va…si guarda…ci si emoziona. Finito lo spettacolo ognuno deve calare la maschera e tornare alla propria vita. Fan compresi.
Mi piacerebbe che, almeno ogni tanto, in qualche tv nazionale fosse trasmesso qualche evento al completo piuttosto che delle sporadiche apparizioni a talk show di pochi secondi, mescolati a saltimbanchi e cantanti, in cui spesso si viene giudicati da chi non ne capisce nulla
Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto, il wrestling? Quanto ha cambiato la tua vita e il tuo carattere?
Mi ha sicuramente dato tante emozioni, dato tanto divertimento. Ho avuto il piacere di conoscere persone veramente speciali che al di là dell’aspetto rude, in realtà hanno un grande cuore e una vita privata esemplare con curriculum non da poco.
Ho avuto l’emozione di vedere il pubblico felice e divertito in molte occasioni, ricevendo in cambio delle mie prestazioni molto calore e manifestazioni di gioia. Bambini, genitori e nonni contenti, godersi quell’attimo di divertimento innocente.
Ho avuto modo di migliorare me stesso fisicamente attraverso la disciplina. Di migliorare nel recitare e nel saper affrontare un dialogo col pubblico, cosa di cui ero carente come cantante. E questo mi basta.
Mi ha tolto ore di sonno… tra viaggi e dolori delle botte prese qua e là! (sorrido)
Hai fatto parte di una delle federazioni più contestate del panorama italiano: come si viveva questa condizione, dall’interno?
Contestata da chi? E perché? Non ne capisco proprio il motivo. Non sono contestazioni: sono chiacchere, chiacchere… Chiacchere degli invidiosi…criticano tutto e tutti, qualunque cosa si faccia, non gli va bene! O magari hanno motivi personali per portare rancore. Capita in tutte le federazioni, penso.
Cosa ne pensi di tutte queste federazioni che passano il tempo a parlarsi alle spalle e farsi dispetti? Ti è mai venuto in mente qualcosa di concreto per migliorare la situazione?
Si, ma poi mi è passata la voglia…Credo sia inutile cercare di placare gli animi e portare pace, credimi. Solo che in questo modo, purtroppo, si rovina la scena italiana e non avremo mai realmente credito agli occhi dell’opinione pubblica nazionale. Forse la nuova generazione di atleti che sta crescendo potrà mettere fine a queste faide. C’è molta collaborazione, ultimamente e questo non può che portare beneficio all’intero settore.
Posso approfittare del tuo spazio per una amarissima riflessione? Ormai sono più di due anni che scrivo per Mondomarziale sul wrestling italiano, ma quando condivido articoli, interviste e report, sai cosa mi sento rispondere? Che se non parlo DI LORO, della LORO federazione, non vogliono saperne nulla. E finché siamo a questi livelli da asilo Mariuccia, ti aspetti che queste persone diffondano quello che si scrive o consiglino qualcuno di andare a vedere uno show dove LORO non ci sono, ma c’è qualcun altro? Il male è insito in noi italiani, campanilisti come pochi. Fino a sfiorare un incredibile RAZZISMO federativo: solo noi siamo gli eletti, chi è di un altro campanile se ne torni a casa sua. Povero wrestling e povera Italia!
Ma torniamo a noi. La forma fisica: qualcuno è cultore del fisico pompato al limite anche a costo di fare uso di steroidi e roba chimica mentre qualcun altro è per un fisico sì, allenato e palestrato, ma meno appariscente e più naturale. Tu per che fazione parteggi?
Detto sinceramente… per me i dopati e pieni di steroidi sono dei coglioni. Bari di sportività con le tette rifatte. Cattivi esempi di sportività. Un pericolo per i giovani che vengono illusi da certe facili strade, che si ritroveranno a breve come delle prugne secche, pieni di malattie e danni al fisico. Molti atleti internazionali hanno questo stupido metodo. In Italia, per fortuna, nulla mi induce a pensare che gli steroidi siano molto in uso, considerate le tante panze e i fisici alquanto sgraziati che vedo. Gli atleti fisicamente dotati, qua sono pochi. Ma in questi anni ho dimostrato che un fisico naturale e con tanta bella massa magra è possibile! Costanza e determinazione nell’allenamento e nell’alimentazione mi hanno trasformato realmente. E se ci sono riuscito io che sono un manager cinquantenne… Viva i natural, viva gli allenamenti fatti col sudore e integrati con proteine vere e vitamine sane. (Che, tra l’altro, il pisello funziona meglio).
Tecnica contro spettacolarità: secondo te cosa è più importante?
Direi proprio un bel 50 per cento. Entrambe sono fondamentali per un wrestler. Ma devono essere un cinquanta e cinquanta. Non un dieci e dieci, più un ottanta per cento di sbruffoneria. Ci vuole dedizione. Disciplina. Genialità. Umiltà nell’apprendere e calore nel tirare fuori queste doti nel momento in cui si entra in scena.
Oltre al wrestling, cosa hai imparato dai tuoi maestri?
Niente. Ho avuto altri tipi di maestri nella vita al di fuori del wrestling. Quel che ho avuto dal wrestling, al di fuori de wrestling me lo hanno dato allievi, atleti e pubblico.
Come vedi il futuro del wrestling, in Italia? Ci saranno più scuole? Riuscirà mai ad essere un’alternativa al calcio con un pubblico molto vasto?
Se non smetteranno le faide precedentemente accennate, la vedo male. Solo iniziando a collaborare in maniera costruttiva e priva di condizioni di bandiera, il movimento potrà crescere. Ma non sarà mai come il calcio. Scuole, ce n’è già molte, ma mal distribuite geograficamente. In molte zone in Italia, chi vuole praticare questo sport non ha punti di riferimento. Ma del resto è anche giusto che i novizi, se appassionati e motivati, alzino le chiappe e non pensino di trovare la pappa pronta sotto casa. Non credo un giorno vi possa essere un’Italia con decine di palestre e suole di wrestling in ogni città, come capita per tutti gli altri sport da combattimento. E forse va bene così. Non è per tutti. Ma, mi raccomando bella gente: non improvvisatevi wrestler. C’è appunto un lavoro dietro che richiede l’aiuto, le competenze e le conoscenze di un esperto. Magari potreste contattate qualche atleta già esperto e chiedete informazioni su come fare per partecipare a stage e corsi vicini a casa.
Sei un attivista politico. Com’è possibile che in Italia qualunque cosa debba essere pagata di tasca propria, dallo sport al volontariato e dalla sanità alla ricerca?
Abbiamo una scena politica ristagnante da oltre 40 anni. Politici che si sono accaparrati una poltrona, si sono riempiti le tasche di privilegi e che hanno elargito posti di lavoro, poltrone e potere ai loro amici e parenti. La meritocrazia purtroppo ha perso valore. Esser politico dovrebbe essere una missione, e invece oggi è un lavoro che il più delle volte è ricoperto da furboni appartenenti ad una casta altezzosa che sta dalla parte di banche e padroni. In mezzo a tutto questo “magna magna” chi ci rimette è il cittadino. A nessuno interessa davvero il benessere della gente comune. E dire che il popolo ha un potere immenso. Ce ne siamo dimenticati. Logico. Ce l’hanno messa tutta per farci diventare apatici e menefreghisti, sensibili soltanto alla partita! E’ quello che vogliono. Io, invece, consiglio di attivarvi socialmente, di dedicare più tempo all’educazione civica. Di diventare voi stessi portavoce di voi stessi e di non di delegare niente a qualcuno seduto lì, su una poltrona, a strozzarsi di vitalizi.
La politica potrebbe riuscire a promuovere il nostro amato sport con qualche sovvenzione statale?
Qualche cosa si potrebbe fare… magari riuscire a non far pagare certificati medici sportivi e agonistici. Soprattutto per gli sport minori, o laddove i praticanti siano minorenni. Si potrebbe patrocinare e sovvenzionare qualche evento. Ecco, si potrebbero levare quelle tasse che gravano sugli organizzatori: tasse di SIAE o occupazioni di suolo pubblico. Costruire strutture, palazzetti più attrezzati. Ma non di più. I soldi pubblici dovrebbero andare in primis ai servizi per il benessere dei cittadini: pensioni, sanità, scuole, in sussidi per chi ha perso il lavoro o lo sta cercando. Andrebbero investiti per essere utili a tutti.
Dove possiamo venire a vederti, prossimamente?
Mi potrete trovare al Seven Days a Genova, dove questa promotion terrà buona parte degli eventi. È iniziata la stagione annuale della IWE, come avrete saputo. IWE Rebirth è stato un ottimo evento, denso e carico di emozioni. Abbiamo già avuto un buon responso dal pubblico e siamo partiti proprio col piede giusto. Presto le sfide si faranno più pesanti ed inizieranno a partire le sfide per i titoli. Grossi ospiti sono attesi nei prossimi mesi. Il 18 Novembre è previsto il secondo show: IWE Claymore. Quel che c’è di ulteriormente bello è che dopo lo show il pubblico potrà fermarsi con noi al Seven Days a mangiare una pizza e a sfidarsi al karaoke… Che volete di più? Seguiteci sui nostri canali on line e potrete avere tutte le news!
E a questo punto è ora di lasciarci. Vuoi concludere con un aforisma o una frase che senti particolarmente tua?
Mah… Ne avrei tanti, ma: “Abbi cura del tuo corpo. È l’unico posto in cui devi vivere”, ultimamente lo sento molto mio. Ma anzi, aspetta… Tempo fa scrissi un piccolo racconto e, se ti fa piacere, te lo riporto. Eccolo.
“L’omino col cappello si appropinquò nel bosco, l’aria fresca sulle gote e tanta serenità. Ma ad un tratto senti da dietro un masso una sorta di lamento. Lesto, l’omino si mise in guardia e si guardò in giro. Un giovine dall’aspetto trasandato, lunghi capelli biondi, mille colori sul giubbotto e l’occhio sognatore, stava disteso sull’erba con le gote umide di lacrime e la voce spezzata dal pianto. Il signore, preoccupato gli chiese se tutto fosse a posto anche se era evidente che così non fosse. Il ragazzo rispose affermativamente e, visto che il vecchio gli fece una faccetta buffa, accennò un sorriso. Preso coraggio, l’adolescente disse all’omino di mezza età che era lì perché deluso dalla vita, dagli amori, preoccupato per la sua occupazione, e per la sua carriera artistica che sembrava oramai ad un bivio. Era venuto nel bosco perché solo lì riusciva a sentirsi bene e, soprattutto, “solo”. L’omino a quel punto rise di gusto e disse:” E, proprio qui, tu immagini di essere solo? Questo bosco pullula di vita! Altro che solitudine!” Il ragazzo, perplesso, si guardò intorno e ribadì che posto più solitario non poteva esservi. Che il caos della città era ben lontano e che a parte loro due non ci fosse nessun altro nel raggio di un chilometro almeno. L’omino aggrottò la fronte, tirò fuori dalla tasca dei semini e li gettò a terra. Subito fecero capolino due tortorelle. Poi tre piccioncini, un pettirosso. Uno scoiattolino spuntò da dietro l’albero. “Vedi” disse l’omino col cappello, e guarda ancora meglio: alza quel sasso”. E da sotto il sasso sbucarono subito una decina di insettini tutti indaffarati, mentre un gruppo di formiche iniziava a radunarsi attorno ai semi rimasti. Con spirito di gruppo raccolsero una buona scorta per l’inverno. “Vedi”, disse. “Qui sei tutto tranne che solo, amico. Qui sei in sintonia col mondo perfetto. Col sole che sorge al mattino. Col risveglio dei fiori e della natura. In simbiosi con l’universo sempiterno. Il bruco un giorno sarà farfalla. Il vecchio albero, concime per il nuovo. La carcassa di chi muore, sostentamento per chi resta. Tutto è in perfetto ordine. Tu, in realtà, ti senti solo in mezzo a loro: alla società grigia che tanto logora chi ha ancora un sogno, un ideale olistico di serenità. Ti senti solo perché nonostante il tuo tanto gridare, il rumore delle metropoli è più forte e rende sordi i cuori e avide le menti. Ti saluto, Francesco… Torna spesso qui. E’ un posto rasserenante. Ottimo per respirare e fare allenamenti.” Il giovane chiese come facesse a sapere il suo nome e come si chiamasse il vecchio. “So tutto di te”, rispose l’omino col cappello. “La musica,le donne,la famiglia. Tutto, di te, ho vissuto. E adesso corri Talle! Fai allenamento… Scarica l’adrenalina e le tossine dovute all’alcool e alle canne. Capisco che tu sia un poeta maledetto, ma fidati: rischi di diventare come me, e questo non lo auguro a nessuno…” proseguì con una risata. “Comunque mi chiamo Frank, ragazzo… Frank Basilico. E un giorno mi ritroverai. Anzi… ti ritroverai! Ha ha ha ha!” E se ne andò, correndo e ridendo mentre il giovane, per la prima volta, ebbe una visione diversa della vita, della società e del suo futuro. Quella sera, sereno guardò le stelle oltre le nuvole…
Fine storiella! Posso andare ora?
Grazie di cuore, Erika, per questa chiacchierata e per questa possibilità che mi dai.
Grazie di cuore, amici che siete arrivati a leggere fino a qui e vi siete cuccati tutte le mie fregnacce!
Grazie di cuore a tutti gli amici e fan che in questi anni hanno creduto in me e a chi verrà dopo.
A tutti di cuore, grazie e a presto. OP OP OP!
Grazie, Frank, per aver voluto aprirti con noi! Arrivederci
Erika Corvo