Come spiegavamo all’inizio di questo speciale su di lui, Giacomo Giglio ci ha permesso di assistere alle lezioni che tiene nella sua scuola di wrestling all’interno della palestra di piazza Marconi a Pero. Quindi non rompete le scatole dicendo che svioliniamo! Ci ha ospitato lui, siamo sempre lì: parliamo di lui. Se ci avesse ospitato qualcun altro ai suoi allenamenti, parleremmo di qualcun altro.
Ci tenevamo moltissimo ad esserci. A parer nostro, assistere alle lezioni e agli allenamenti è molto meglio dei match ufficiali. In questi, tutto sommato si fa in fretta ad apparire tutti bravi e belli: basta decidere prima chi deve brillare e chi no. Un match dura poco: cinque minuti, dieci, venti al massimo. Qui si va avanti tre ore. Poi, non sempre quello che vedi in un match è reale: chi è bravo deve abbassarsi al livello di chi lo è meno o far in modo di metter in risalto le capacità dell’avversario, magari facendogli fare ciò che gli riesce meglio. Durante un allenamento, invece salta agli occhi chi sia davvero bravo e chi meno. Qui vedi chi ha voglia e chi no. Chi si impegna ad aiutare i compagni, chi è simpatico e chi musone al di fuori delle rispettive gimmick.
Giacomo e la lezione
Come si svolge, una lezione? Ottimizzando tempi e spazi. Un gruppo sul ring e altri gruppi fuori. Riscaldamento, corsa, stretching, capriole, cadute, corsa alle corde, entrate e uscite dal ring. E poi ancora ponte, verticale, e tanti tanti esercizi per rafforzare il collo. Quando non ne capivamo molto, ci chiedevamo perché mai dedicare un sacco di tempo la muscolatura di questa parte del corpo. Vi assicuro che appena sarete sul ring da più di dieci minuti lo capirete da soli: si cade spesso sulla parte alta della schiena e il collo è molto sollecitato. Se tutti i suoi muscoli non sono allenati e forti quanto i più appariscenti bicipiti, rischiate di farvi davvero male.
Ma un allenamento non è tanto il numero delle capriole e dei bump, bensì l’anima che ci metti a farli. La passione. Il cercare di fare sempre meglio. Non è una specie di elenco delle cose da fare, che tu le fai e diventi wrestler. No. È quel qualcosa di etereo che ci metti di tuo, quel qualcosa in più che hai dentro, che senti di poter dare e che Giacomo ti aiuta a tirar fuori. E il suo ruolo è quello: tirare fuori il meglio di te. Lo fa, e lo fa bene. Alcuni tra gli allievi di Giacomo, infatti, ci mettono l’anima e spiccano: ragazzi come Brutus, Steve McKee e Marcio Silva. Diversissimi tra loro ma tutti con un a marcia in più. Steve non è un colosso ma è davvero ben fatto. Sembra una lezione di anatomia: lo puoi usare per enunciare tutti i muscoli che ti vengono in mente e magari inventarne qualcuno nuovo. Brutus è un essere cubico e irsuto che a vederlo mette paura. Quando poi lo conosci, capisci che è un enorme, dolcissimo cucciolone di cento e passa chili. Silva è una pertica di quasi due metri, alto e allampanato. Raramente si trova qualcuno così alto eppure così agile.
Li accomuna il fatto che tutti e tre siano atleti di una serietà esemplare, e che oltre al fare la loro parte sovente aiutino chi ha meno esperienza di loro con i consigli e con l’esempio. Ogni loro gesto, ogni mossa, trasmette la passione che hanno per questo sport. Potete essere alti, bassi, magri o grassi, vecchi o giovani, ma il wrestling lo potete praticare benissimo a condizione di farvi seguire da un bravo maestro e di metterci tanto tanto impegno. E a parer nostro, Giacomo è un bravissimo maestro: non si limita a spiegare, o dire come fare. Si vede e si sente che per lui è vita, gioia, musica, anima, cuore e respiro. Coinvolge e appassiona, emoziona ed elettrizza. Ti carica di adrenalina, è elettricità pura. Ci mette l’anima lui, e allora ce la metti anche tu. Lo guardi, e ti viene istintivo cercare di fare quello che fa lui.
Giglio mostra ai suoi trainee (allievi) come fare un moonsault, una mossa particolarmente spettacolare in cui si salta dal paletto e si compie una capriola in aria prima di ricadere sull’avversario. Con l’ausilio dei materassoni imbottiti ci provano un po’ tutti, con diversi livelli di risultati. Qualcuno chiede quale sia il modo migliore di prendere lo slancio. Giglio sale sul paletto e risponde: “quando senti suonare le corde in questo modo”. Salta, e si sente nettamente un suono. Non avevamo mai fatto caso al fatto che le corde del ring potessero suonare, e ci chiediamo: ma Giglio chi è? Una specie di Carlos Santana del ring? C’è un sacco di gente che non sa suonare le sei corde di una chitarra qualsiasi, e lui fa suonare le tre corde del wrestling? Sarà per questo che ogni suo match è musica? Quest’uomo riesce a sbalordirci ogni volta di più!
Allenamento dopo allenamento, i ragazzi imparano non solo ad eseguire mosse e ad acquisire tecnica, ma imparano soprattutto come si gestisce un match, perché non dimentichiamo che il wrestling è soprattutto uno spettacolo di intrattenimento e che la parte recitativa è importantissima. Ti insegna a recitare la tua parte in modo credibile, sia che tu decida di fare l’heel o sia che tu opti per il face (heel è il cattivo, face è il bravo, ndr.) Devi imparare ad interagire col pubblico, compiere scorrettezze se sei il cattivo e giocare pulito se invece sei il bravo. Abbandonare la scena con uscita trionfale se vinci, e con polemiche e mugugni vistosi e teatrali se perdi. Ovviamente, qualcuno a turno deve arbitrare e interagire con atleti e pubblico. Anche questo va imparato.
Quando hai imparato tutto quello che riguarda la pratica, ti insegna la cosa più importante dell’intera faccenda. Non è una mossa e non è una gimmick. È il rispetto. Darlo e pretenderlo. Rispetta i compagni e fatti rispettare: serietà, volontà, impegno, presenza costante, gentilezza, educazione e spirito di gruppo. Verso l’avversario: se sul ring non c’è rispetto finisce che qualcuno si fa male e poi si litiga nel backstage. Verso il pubblico: offri una prestazione al meglio delle tue possibilità e chiedi partecipazione attiva. Non c’è niente di finto, non è una pagliacciata, quindi fate il tifo, applaudite se vi è piaciuto e non state lì impalati come mummie. Verso il luogo che ti ospita: pretendi che sia idoneo e lascia tutto pulito e in ordine come l’hai trovato. E infine verso chi ti ha bookkato (ingaggiato): a meno che non sia uno show di beneficienza, pretendi un rimborso spese e un gettone di presenza. La tua vita e il tuo tempo hanno un valore. Per contro, presentati con un attire (costume) adeguato così come non ti presenteresti ad un matrimonio in canottiera e ciabatte.
Se un maestro non ti insegna queste cose, non è un buon maestro. E Giacomo, sulle questioni di principio, è ferreo.
Quando gli allenamenti avvengono il giorno successivo ad uno show, di solito i ragazzi sono tutti rotti, ammaccati e doloranti – soprattutto lui, Giglio, che sul ring dà ogni volta il centodieci per cento. Allora si limitano i bump e le mosse più “pesanti”, ma si viene lo stesso e si fa comunque qualcosa, quello che si riesce, giusto per esserci, per non mancare, per allenare soprattutto lo spirito: non puoi mica stare a casa una settimana sdraiato sul divano a leccarti le ferite! Devi imparare a stringere i denti e fare la tua parte in ogni caso. Si viene lo stesso. Qui, nessuno si lamenta mai. Anzi!
Sto infiocchettando? No. Se pensate agli attori di teatro, ai cantanti in tourneé, agli artisti in genere, è la stessa cosa: “The show must go on” qualunque cosa succeda, che tu stia bene o che tu stia male, si va in scena lo stesso.
Giacomo Giglio e i bambini
Alcuni bambini partecipano regolarmente alle lezioni, ma spesso partecipano agli allenamenti anche persone di ogni età che vengono per la lezione di prova, e solo in seguito decideranno se iscriversi o meno. A volte tanti, a volte pochi, in un allenamento abbiamo avuto presenti fino a sei rookies (principianti). Invitati a provare le prime capriole, uno dei piccolini afferma candidamente che a scuola non gli permettono di farle, perché gli insegnanti hanno troppa paura che possano farsi male. Giglio mostra come si fa e loro le compiono in perfetta scioltezza, agili ed entusiasti come tutti i bambini del mondo. Ma che tipo di insegnanti esistono, al giorno d’oggi, che non permettono a dei ragazzini di dieci anni di fare capriole? Sono lì ad aiutarli a crescere o per impedirglielo?
All’inizio, i bimbi si chiedono cosa potranno mai fare, se loro sono piccoli e lì ci sono tanti grandi. Niente paura, di loro si occupa Giacomo! Li riunisce in un gruppo a parte per quasi tutto il tempo. Un po’sul ring e un po’ sui materassoni imbottiti, vengono loro spiegate con le dovute cautele le basi delle cadute, delle capriole e delle mosse principali.
In un’altra serata esordisce sul ring un bimbo di otto anni, in compagnia del fratellino di qualche anno più grande. Il maggiore è più timido, il minore è entusiasta ed esuberante. Vengono subito messi assieme agli altri a fare anche loro le cose che fanno i “grandi” – ovviamente con le dovute proporzioni e precauzioni. Giacomo è sul ring da sedici anni e ha insegnato a tutti: ci si può fidare. Durante le lezioni, poi, sfodera sempre tutte le sue qualità istrioniche. Gioca, scherza, prende e viene preso in giro. Chiunque può venire sorpreso da un finto pugno, calcio o qualsiasi altra mossa, giusto per tener desta l’attenzione. Il piccolino prende confidenza col ring e i compagni grandi. Tutti lo trattano alla pari, quindi anche lui dovrà imparare a comportarsi da adulto. Evidentemente è cresciuto a pane e Smackdown perché sa benissimo cosa fare, anche se non ha la minima esperienza pratica. Quando Giacomo arriva da lui e fa per attaccarlo a sorpresa, il bimbo lascia tutti di stucco scivolandogli via da sotto, rovescia la mossa e gli fa un roll-up. L’applauso nasce spontaneo. Uno dei ragazzi grandi commenta: “Sa fare più cose di me!”
Seguìto a dovere, questo piccino potrebbe sicuramente diventare un campione del futuro. Al di là delle mosse da imparare, è bello constatare che evidentemente si trova veramente a suo agio. Ma chi non lo vorrebbe, un maestro come Giglio, magari anche a scuola? Avreste dovuto vedere gli occhi del fratellino più grande mentre guardava i vari exploit del minore: aveva lo sguardo di chi stia vivendo un sogno, come se invece che nella palestra di piazza Marconi a Pero, suo fratello fosse in America in WWE, main eventer in Wrestlemania, magari vs John Cena!
So che qualcuno è contrario a portare sul ring i ragazzini così giovani, ma a nostro modestissimo avviso è un’esperienza di grande qualità educativa, formativa e di notevole valore sportivo. Prima di tutto, a lezione da Giacomo si viene solo se si va bene a scuola! Brutti voti? Resta a casa e studia! Poi, imparano a rapportarsi con compagni di ogni età. Il wrestling, per loro – ma anche per tutti gli altri – è disciplina, autocontrollo, serietà, responsabilità, rispetto, impegno, pazienza, volontà, collaborazione. Non esistono mosse, non esiste un match che si possa fare senza la collaborazione dell’avversario e senza la sua assoluta fiducia.
Quanto al fisico, i ragazzi diventano più agili, forti, scattanti. Fanno movimento e non rimangono tutta la sera a giocare ai videogames. Si irrobustiscono. Daranno più importanza ad un’alimentazione appropriata e ad uno stile di vita sano.
Imparano ad ammortizzare le cadute. Sarà ben difficile che un domani, cadendo, possano davvero farsi male. Sfogano tutta la loro esuberanza. E le mamme imparano che al di là delle cadute, in questo sport non c’è nessuna forma di violenza. Ad un bambino che non pratica wrestling, quando gioca a fare la lotta con un amichetto bisognerà dire in continuazione di smetterla o qualcuno si farà male. Un bambino che lo pratica non farà mai la lotta per gioco al di fuori del ring, perché impara subito quanto possa essere pericoloso.
Certo, del rischio, sicuramente c’è. Ma questo accade in qualsiasi altro sport di movimento. Conosciamo una ragazzina di poco più di vent’anni che fa equitazione da quando era bambina e nel corso degli anni si è rotta di tutto: spalle, braccia, bacino, gambe… ma ama i cavalli e non mollerebbe neanche morta. Tutti quelli che fanno calcio rischiano sempre di spezzarsi una gamba. Come diceva il povero Simoncelli, compianto motociclista: “Se non vuoi farti male, stai a casa”.
Giacomo e il ring
Come il cane è il miglior amico dell’uomo, il ring è il miglior amico del wrestler. E’ suo amico, suo fratello, suo amante e suo padre severo ma amorevole. Ti insegna a vivere. Per conquistarlo devi avere pazienza, costanza, umiltà, forza, agilità, devi corteggiarlo ogni settimana perché al prossimo show ti faccia suo. Va trattato bene e devi averne la massima cura. Tutti devono sapere come si monta e come si smantella. Non spunta fuori da solo dal magazzino per magia. Va assemblato e poi smontato ogni santa volta. Talvolta capita che qualche pezzo si rompa, e naturalmente qui è Giacomo che deve provvedere a comprare, aggiustare, modificare o sostituire ciò che serve. Non crediate che si trovino al supermercato: il più delle volte si tratta di lavori eseguiti da artigiani, pezzi costruiti su misura o riparati da fabbri esperti, e non è che artigiani all’altezza del compito si trovino ad ogni angolo di strada.
E qui vi salutiamo anche per oggi, sperando di non avervi annoiato. Naturalmente se voleste assistere di persona ad un allenamento o se, meglio ancora, voleste fare una bella lezione di prova, non avete che da contattare Giacomo Giglio sul suo profilo personale di facebook o sulla pagina del Wrestling Planet e mettervi d’accordo, oppure presentarvi direttamente alla palestra di piazza Marconi a Pero!
Stay tuned per la terza ed ultima parte dell’intervista: “Giacomo Giglio come uomo”, che pubblicheremo a brevissimo!
Erika Corvo