LE ASSICURAZIONI PRIVATE IN ITALIA: gestione del rischio e sicurezza sociale dall’Unità ad oggi
Editore: Il Mulino
Prezzo: Euro 32.00
Questo libro colma una lacuna della storiografia italiana, cioè un approfondimento del ruolo delle assicurazioni private in Italia. Molto probabilmente una delle cause di tale mancanza risiede nell’interesse delle Compagnie di Assicurazioni, di non apparire per poter meglio condizionare i vari governi del paese succedutasi dall’unità ad oggi. Il lavoro è sostanzialmente diviso in tre parti:, una storico descrittiva, frutto di una ricerca nell’Archivio Centrale dello Stato, negli archivi storici delle Assicurazioni Generali ,della Banca Commerciale e del Sindacato Nazionale Agenti di Assicurazione; una seconda parte è costituita dall’appendice statistica ,contiene tutti i grafici e le tabelle cui si fa riferimento nel testo; nell’ultima, relativa alla gestione del rischio, alla sicurezza sociale e ai danni catastrofali, si cerca di capire il motivo per cui le assicurazioni in Italia hanno svolto un ruolo diverso rispetto ad altri parti d’Europa e del perchè i premi pro-capite siano ancora oggi molto distanti dalla media europea. Leggere la storia della assicurazioni nel periodo preunitario e dopo l’unificazione, ci fa capire gli squilibri che il nostro paese vive da più di 150 anni. Basti pensare come in un mercato piccolo, ma nello stesso tempo profittevole, emergano due compagnie RAS e Generali, che hanno sede nella maggior piazza finanziaria dell’Impero Austro Ungarico, e che diventeranno italiane nel 1918. Di quattro grandi compagnie italiane, fondate tutte nel nord del paese: Toro, Milano, Fondiaria, ne sopravvive solo una la Reale mutua. Interessante il capitolo relativo alla RAS e alle Generali che sottoscrivono prestiti di guerra italiani e austriaci, e quello sul ruolo dell’ INA dopo Caporetto per fornire nuove risorse, con la sottoscrizione di polizze quindicinali, e con la polizza del combattente che assicura soldati, sottoufficiali e ufficiali. Un capitolo è dedicato agli agenti e alla rete di vendita. Gli agenti nel mercato italiano post unitario non hanno una figura giuridica ben definita, il Codice del Commercio non contempla questa professione, che, per analogia viene classificata in attività simili. Con l’avvio della revisione del Codice del Commercio, si sviluppa il dibattito sulla figura dell’agente che alcuni giuristi la ritengono assimilabile all’agente di commercio. Tra gli agenti esiste una differenza tra coloro che sono muniti di procura e pertanto posso concludere affari per conto dell’impresa e coloro che posso raccogliere solo proposte. Spesso gli agenti sono liberi professionisti come avvocati, ingegneri, geometri che esercitano l’attività agenziale, sussidiariamente alla propria professione. La maggioranza degli agenti è in gestione libera, cioè provvede autonomamente all’impianto della azienda sostenendo le spese per i locali e i propri dipendenti. Non esistendo un unico contratto che regoli i rapporti di agenzia, vengono adottate tipologie di contratti e retribuzioni assai diversificate. Per tale ragioni già nei primi anni del Novecento ,si manifesta l’esigenza di costruire un sindacato, ma è solo dopo la guerra che, il 29 maggio 1919, si costituisce a Milano un vero e proprio sindacato degli agenti. Riuscirà ad iscrivere subito 700 soci ,che gestiscono 2000 agenzie disseminate in tutto il paese. Una delle prime attività è la redazione di un memoriale in cui vengono formalizzate una serie di rivendicazioni nei confronti delle Compagnie: la prima è la richiesta di un indennizzo in caso di scioglimento del contratto d’agenzia. Nel 1920,dopo alcuni mesi di trattative, si giunge alla firma del Concordato Brambilla, dal nome del presidente dell’ ANA che recepisce la gran parte elle richieste degli agenti. Il Concordato introduce il principio di un indennizzo in caso di cessazione del mandato. Nel 1924,l’associazione degli agenti presenta alla Camera un progetto di legge sul riconoscimento della figura professionale, ma si infrange sugli ostacoli innalzati dalle imprese. Solo nel 1932 si avrà un accordo economico collettivo e l’accordo definisce così la figura dell’agente:” colui al quale viene conferito direttamente e per iscritto, dalla Direzione o dalla Rappresentanza legale delle Compagnia, il mandato di provvedere a proprio rischio e spese, con compenso in tutto o in parte a provvigione, alla gestione di un’Agenzia e allo sviluppo di affari…” Nel 1939 si arriverà anche alla firma del contratto collettivo che disciplina i rapporti tra agenti, sub-agenti e produttori. Proprio per questo negli anni trenta si avrà un sviluppo della nostra professione con 4300 agenti,4700 sub-agenti. Di questi 4300,3230 non hanno dipendenti e 1070 ne hanno almeno uno. Altri capitoli interessanti sono quelli relativi alla legge 990 e come il comparto, in mancanza di regole e controlli fu preso d’assalto più da avventurieri che assicuratori. L’ultima parte è di prospettiva, analizza le debolezze strutturali dello sviluppo assicurativo italiano e di come i rischi catastrofali, e ,crisi del welfare potrebbero essere un’opportunità per imprese e agenti.
Giovanna Menicatti