Rafiki, il gorilla più conosciuto e amato in Uganda è stato ucciso, brutalmente ammazzato dai bracconieri. L’allarme era stato dato il 1° giugno, quando il gruppo di 17 scimmie è stato avvistato senza il suo capobranco nella foresta impenetrabile di Bwindi, nell’Uganda sud-occidentale.
Il 25enne Rafiki era un gorilla della sottospecie beringei beringei , che attualmente comprende solo 680 esemplari. Oggi questi primati vivono nel parco nazionale Virunga, nella Repubblica Democratica del Congo, al confine con Ruanda e Uganda e nell’area naturale protetta Bwindi.
Il corpo esanime del possente gorilla è stato ritrovato a Hakato, nel ditretto di Kisoro, all’interno della foresta impenetrabile 24 ore dopo la sua scomparsa. Secondo il rapporto autoptico, eseguito da Uganda Wildlife Authority (UWA), Rafiki è stato ucciso con un oggetto tagliente che gli ha traffitto l’addome fino a raggiungere gli organi interni.
Le autorità ugandesi hanno poi fatto sapere di aver arrestato 4 uominiì tutti residenti nel distretto di Kisoro. Uno di loro ha ammesso di aver ucciso il gorilla, ma si è avvalso della legittima difesa, dichiarando che il branco avrebbe tentato di assalire lui e i suoi tre amici mentre erano a caccia di cinghiali.
Storia davvero poco credibile, perchè questi primati sono abituati al contatto con gli uomini e la famiglia di Rafiki, considerato una star della fauna ugandese, si avventura spesso anche fuori dal parco in cerca di cibo. E, secondo Anna Behm Masozera, direttrice di International Gorilla Conservation Programme, questo branco rappresenta un esempio di convivenza con l’uomo.
In base alle leggi vigenti in Uganda, i quattro bracconieri rischiano ora l’ergastolo e un’ammenda di quasi 4 milioni di euro.
Nella foto, in alto: “Re” Rafiki nella foresta d’Uganda
Pena particolarmente severa che viene applicata per chi uccide un animale in via di estinzione.
Secondo il parere degli esperti di conservazione e delle guardie forestali, la chiusura del turismo da safari sta portando ad un aumento del bracconaggio. Con l’arrivo della pandemia i parchi sono deserti, lasciando campo libero ai cacciatori di frodo. Molto ONG impegnate nella conservazione della fauna selvatica hanno chiesto maggiore sorveglianza nei parchi nazionali per proteggere gli animali in pericolo.
Cornelia I. Toelgyes