Si chiama Maurizio Plebani, ed è un nome che direbbe ben poco se il mondo delle Tre Corde non lo conoscesse con il ringname di Horus l’Assoluto, o come XHamster. Uno dei migliori heel del panorama italiano che, come molti wrestlers, utilizza il ring per esternare il lato “cattivo” di sé stesso: l’alter ego di un ragazzo che nella vita normale è simpaticissimo, esuberante, semplice, istintivo e caciarone come pochi.
Un personaggio davvero particolare: di giorno, broker finanziario. La notte, attore a luci rosse. Di sabato, wrestler. Come si riesce a conciliare tre attività così diverse tra loro?
È un bel pezzo che lo conosciamo, e possiamo testimoniare che se lo incontri fuori dal ring, dopo mezz’ora ti fanno male le mascelle dal gran ridere. Oddio, lui potrebbe attribuire l’indolenzimento mascellare ad altre cause, ma qui è meglio sorvolare, perché il suo argomento di conversazione abituale, qualora non sia sul lavoro, verte sempre su determinati argomenti. Per quanto ci riguarda, sappiate che ridevamo e basta. Ma ora diamo a lui la parola!
Ciao, Maurizio! Raccontaci un po’ di te, partendo dal principio. Più che un bambino avresti dovuto essere una malattia… Com’è andata, la tua nascita?
Mia madre aveva dei dolori al basso ventre e non capiva da cosa dipendessero. Il suo ginecologo disse che c’era qualche patologia in corso e che sarebbe stato opportuno fare un raschiamento. Non convinta, volle sentire il parere di un altro ginecologo, e si scoprì che la malattia di cui soffriva si sarebbe presto chiamata Maurizio. Ovviamente mollò il primo medico e si fece seguire dal secondo, anche se stava a venti chilometri da casa e il primo fosse invece praticamente dietro l’angolo. Così fu che in quel di Ponte San Pietro, dopo ventisette ore di travaglio, io vidi la luce del sole. Mia madre, invece, vide le stelle. Me lo rinfaccia ancora oggi, di aver visto più stelle lei della sonda Cassini. Era martedì 16 agosto 1988, ovviamente data storica per il wrestling italiano e per l’Italia intera. Anche per mia madre, chiaro!
E durante l’infanzia, che tipo di bambino eri?
Strano a dirsi, ma ero normale. I miei genitori, a lavoro, facevano i turni, cosicché per via dei loro orari assurdi sono dovuto crescere con i nonni materni. Olera, il paese dei miei nonni, all’epoca contava sì e no cento anime anche volendo contare come abitanti i gatti randagi. Gli amici d’infanzia sono stati pochi ma buoni e le giornate passavano tra bici, lego e cartoni animati. La sera c’erano le interminabili partite a Risiko e Hotel. Contrariamente a quello che si immagina, a quei tempi, del wrestling non me ne fregava proprio una cippa. Nemmeno sapevo che esistesse.
A scuola, cosa combinavi, di bello?
Mah, per quanto riguarda le elementari non mi posso lamentare. Da quel poco che ricordo, avevo una predilezione per la matematica e le scienze. I problemi sono iniziati alle medie. Ero piccolino, per la mia età: un metro e mezzo scarso per settanta chili! Si faceva prima a saltarmi che a girarmi attorno, e si sa quanto possano essere crudeli i ragazzi di quella fascia di età. I compagni iniziarono a bullizzarmi, a prendermi in giro e a deridermi, cosicché iniziai ad odiare dapprima solo l’ora di ginnastica, poi tutti gli sport in generale. A mettermi in calzoncini e canotta non mi sentivo più a mio agio, non stavo bene né con me stesso né con gli altri e mi sentivo sempre addosso gli sguardi impietosi e beffardi dei compagni
E alle superiori, poi, le cose sono in qualche modo cambiate?
Per mia fortuna, dopo la terza media iniziai a crescere. Così. Di botto. Nel giro di un anno mi alzai fino a raggiungere il metro e ottanta, sempre mantenendo lo stesso peso. Ha, che ridere! Adesso ero io che guardavo dall’alto in basso quei ragazzi che mi avevano preso in giro! Figurati che alcuni di loro, invece, erano rimasti al metro e sessantacinque e lo sono tuttora. Qualche soddisfazione, devo dire che me la presi, eh? A quell’età ci godi un sacco a rendere pan per focaccia a chi ti ha fatto del male. Altra bella soddisfazione alla faccia di chi mi voleva male, col gentil sesso iniziai ad infilare un successo dietro l’altro.
Crollarono impietosamente, invece, i sogni che avevo coltivato per il mio futuro. Avrei voluto diventare aviatore. Ma mi fecero notare che portavo gli occhiali e quindi ero tagliato fuori in partenza. Da miope, avrei potuto ambire soltanto ad in impiego negli uffici, senza volare, e questo mi fece passare la voglia di pensare all’aviazione. A quei tempi, le operazioni agli occhi con il laser erano ancora a livello pionieristico e, chi vi si sottoponeva, molte volte doveva poi continuare a portare lo stesso gli occhiali perché rimanevano comunque delle diottrie in più o in meno.
Allora pensai di diventare entomologo: il mondo degli insetti mi aveva sempre affascinato. Intervenne la prof di scienze che con molta pazienza mi spiegò alcuni fatti fondamentali.
A: per trovare qualche stupido insettino devi girare per i peggiori posti del mondo a sguazzare tra fango, jungla e paludi.
B: devi rinunciare ad avere una vita sociale, una famiglia, degli amici… Soprattutto, di solito le donne hanno un sacrosanto schifo degli insetti in genere.
“Eh, ma i soldi si fanno, no?” chiesi ingenuamente.
C: “No. Ma quali soldi? Non troverai nemmeno le sovvenzioni”!
Di conseguenza scelsi la prima cosa che mi venne in mente, così, a caso, e mi iscrissi all’ITIS. Bastarono due anni per farmi decidere a ritirarmi del tutto!
Pensare che adesso gli entomologi, su Focus TV, spopolano! E così ti sei ritrovato a fare l’operaio a soli quindici anni! Ci racconti qualcosa anche di questo periodo?
Già: operaio a 15 anni! Ma dopotutto è stata una buona scelta. Mi ha dato un’esperienza di vita di base su cui ho forgiato il mio carattere. Ho stretto amicizie e relazioni importanti con alcuni colleghi. Uno di questi è tuttora un ottimo amico. Ho fatto esperienze varie e costruttive. Ho imparato qualcosa sul mondo del lavoro. Ho avuto la possibilità di conoscere molte ragazze, tra i colleghi. Insomma, il mio primo lavoro lo ricordo sempre volentieri. Dopo tre anni – ne avevo ormai diciotto – cambiai azienda e settore, passando dall’industria plastica a quella metallurgica, e imparai altre cose. Tutto molto bello, ma dopo dieci anni decisi che il periodo da operaio era durato abbastanza. Tutti dovrebbero fare cose diverse, provare nuove cose, avere degli stimoli che spingano a migliorare la propria vita lavorativa – e non solo quella. Non mi piace l’idea del posto fisso tutta la vita nello stesso posto. Alla fine, ti spegne. E così chiusi la mia esperienza da dipendente per provare una carriera imprenditore.
E poi, come sei arrivato al wrestling?
Ricordo che un mio amico si comprò un videogame di wrestling: “Here Come the Pain” e ci giocammo assieme. All’inizio non mi piaceva. Non ci vedevo niente di speciale, e poi in quel periodo ero molto più preso dalle ragazze. Poi iniziarono a trasmettere la WWE su Italia 1 nella fascia pre-serale. Saltellando da un canale all’altro mi ci sintonizzai per caso. Il primo atleta che vidi era JBL. Una folgorazione pari a quella di Saulo sulla via per Gerusalemme: in tv era ben diverso da un videogame. C’era un combattimento vero, il fattore spettacolo era determinante, e poi le storyline… questo sì che mi piaceva e mi catturava l’attenzione e le emozioni! E mi piaceva così tanto che divenne irrinunciabile, peggio di una droga. Va da sé che mi venne voglia di provare. Ma non sul videogame con il joystick in mano: sul ring, per davvero! Cercai su internet se ci fosse qualcosa del genere in Italia, e cosa venne fuori? Che non solo esisteva, ma che c’era un polo di allenamento proprio a due passi da casa mia! Era la “InForma” di Celadina, una palestra dove aveva sede il polo della provincia di Bergamo della ICW, e l’insegnante era ed è tuttora Kobra. Ma avevo la tremarella. Ci vollero alcuni mesi e tutto il mio coraggio, prima di riuscire a metterci piede. Sapete quando desiderate a tal punto qualcosa da aver paura di farla davvero, che qualcosa possa andare storto, che poi si riveli diverso da quello che pensavate, o che poi venga fuori che non è per voi… Era il gennaio 2010, quando finalmente salii sul ring per la prima lezione Arrivai in anticipo, e c’erano solo Goran (Alex Lamera) e Dinamite Jo (Giuseppe Falgari) che aspettavano Kobra. Giuseppe mi chiese: “Hai qualcosa di rotto?” “No, perché?” risposi io. “Tranquillo, che con noi qualcosa te la rompi di sicuro!”
Rimasi molto colpito da quell’ambiente e dai ragazzi. Ero elettrizzato, e volevo solo darci dentro di brutto. Consapevole del fatto che la forma fisica in questo sport contasse molto, decisi di integrare gli allenamenti con la palestra per metter su massa. All’epoca, infatti, pesavo solo settantacinque chili: secco secco!
Come hai deciso di fare l’heel? È stata una decisione tua o qualcuno si è accorto di quanto fossi bravo a interpretarlo?
Più per necessità che per attitudine sono partito come face. Ma il personaggio doveva adattarsi in base agli avversari, ai booking (ovvio che fosse il rookie a doversi adattare a personaggi già consolidati) o all’esigenza del momento. Diventai heel a tutti gli effetti solo dopo aver lasciato la ICW per la WIVA. Lì non ero più un rookie ma un lottatore con almeno un po’ di esperienza e non dovevo più essere io quello che dovesse adattarsi. Poi, Roberto Amato mi diede un grosso aiuto e grazie alle sue idee si sviluppò il mio personaggio passando da “Horus” a “Horus l’Assoluto”
È nato prima Horus l’Assoluto o XHamster?
È nato prima Horus! Nell’idea iniziale, a dire il vero, il mio personaggio doveva essere una specie di spogliarellista di nome Romeo, ma non convinceva abbastanza nessuno e fu bocciato! Chissà che un giorno non lo riveda a dovere e non lo riproponga!
E a XHamster, come ci sei arrivato?
Un giorno di febbraio, un mio amico mi fece notare che Rocco Siffredi, il famoso attore porno, cercava nuovi volti e nuovi talenti. La cosa mi incuriosì parecchio. Mi volli informare e venni a saper che Rocco era stizzito del materiale scadente che gli veniva mandato: Foto di ragazzi col viso oscurato, mezzi busti e persone completamente vestite. Va bene che cercava “volti”, ma non solo quelli… Un po’ per gioco e un po’ perché l’idea non mi dispiaceva (chi è quel maschio che non ha mai sognato di fare l’attore porno?) girai un video in cui facevo uno spogliarello integrale in cui specificavo che non avrei avuto nessun problema a mettermi nudo, con tanto di gloriosa esibizione finale a “elicottero” (e chi ha orecchie per intendere, intenda). Poi non ottenni nessuna risposta e me ne dimenticai. Accadde che a luglio aspettassi una chiamata da Rocco Laurita, presidente della PWE. Quando squillò il telefono, vidi un numero privato e la voce all’altro capo del ricevitore disse: “Ciao, sono Rocco”. Ovviamente pensai si trattasse di Laurita e risposi con disinvoltura: “Ciao, bello! Dimmi tutto!” Era Siffredi.
Quando terminò di ridere mi chiese se fossi stato disponibile il primo di agosto per un casting a Roma. Il resto è storia.
Poi, però, come attore, penso di essere stato sfruttato male: quelli della produzione preferirono concentrarsi su sosia di personaggi famosi. In ogni caso, tutto questo mi permise di finire dapprima nel campo della pubblicità e successivamente nel mondo dell’hard.
Mr. XHamster è un personaggio mediatico nato nel periodo in cui militavo nella WIVA. Nacque da una collaborazione con l’omonimo sito per adulti dopo la mia partecipazione a casa Siffredi, grazie alle idee e al coinvolgimento di Federica Prati e Cristian Panarari..
Che prodotti hai sponsorizzato, per loro?
Mah, poca roba. Avevamo iniziato pubblicizzando delle birre di loro produzione durante un’intervista con Federica Prati, che all’epoca era la mia agente. Poi, dei preservativi. Nonostante il tipo di ambiente, sappiate che la sicurezza e la tutela della salute sono sempre al primo posto. Ovviamente, ho pubblicizzato anche il loro reality show “Sex Factor”
E alla fine sei diventato attore di film hardcore! Che puoi dirci di questo tipo di lavoro? A parte… xxx, bisogna avere doti particolari? Come ci si trova, davanti alle telecamere, in certe situazioni?
Tutti gli uomini sognano questo tipo di lavoro immaginando chissaché, ma in realtà non è che sia tutto rose e fiori. Ad esempio, capita che mentre stai – ehm, ehm – “lavorando”, ci siano persone che ti spostano la ragazza per metterla a favore di telecamera, che ti fermino per dirti come devi muoverti, o che per fare una ripresa da vicino ti ritrovi un cameraman infilato tra te e lei, praticamente in braccio a te, e magari ti dice: “guarda che bella inquadratura!”
Mica tutti sono in grado di farlo! Diciamo che è un lavoro “duro” sotto tutti i punti di vista…
Ma non pago della doppia identità, sei arrivato ad averne una terza: se di sabato notte sali sul ring, di giorno fai il broker finanziario. Come ci sei arrivato? In che cosa consiste, esattamente, il tuo lavoro?
Nacque tutto dalla mia voglia di lasciare la fabbrica, così aprii un negozio tutto mio di prodotti per palestre, integratori e nutrizione speciale anche per chi soffrisse di intolleranze alimentari. Andava anche bene, ma in questo Paese le leggi cambiano continuamente, e se chi ti segue non si aggiorna in continuazione non ci si raccapezza più. Andò a finire che in seguito ad alcune normative cambiate a cui non mi fu possibile adeguarmi, dovetti chiudere. Ovviamente non la presi affatto bene e andai a prendermela con il mio commercialista. Io me lo stavo mangiando vivo e quello non sapeva più dove nascondersi, ma attirai l’attenzione di un broker presente alla scena, che da lì a poco mi propose di entrare a far parte del suo team. Dato che non avevo più un lavoro accettai volentieri, e dopo un corso di formazione (il RUI), divenni agente finanziario. In che consiste? In pratica si tratta di analizzare i rischi di un individuo o di un’azienda e di metterci un ombrello per ogni evenienza. Magari proporgli investimenti mirati o di chiedere finanziamenti. Non male, eh!?
E ancora non finisce qui, perché nonostante tu abbia frequentato solo le medie inferiori, hai un sacco di titoli di studio: ce li puoi elencare?
Beh, sono un programmatore di CNC (sta per Cento Numerico di Controllo ovvero un tipo di macchinario che utilizza una programmazione per far funzionare tornii, frese, prese rifilatrici, eccetera).
Ho fatto tutti i corsi sulla sicurezza e sull’antincendio aziendale. Sono un soccorritore ANPAS (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze, un ente di volontariato che ti permette di diventare soccorritore certificato).
Ho il già citato RUI (Registro Unico Intermediari assicurativi, che è esattamente come l’albo degli avvocati e in sostanza serve per esser regolarizzati ad operare coi soldi delle persone).
Sono stato anche sindacalista e ho scritto per la CGIL-Fiom di Bergamo, e di conseguenza sono in possesso di attestati per i diritti e doveri dei lavoratori. Direi che non ho lauree ma mi difendo bene! All’occorrenza, imparo e so fare un po’ di tutto.
Che altro lavoro ti piacerebbe fare? Diccene uno che potresti e vorresti fare nel concreto e un altro che potrebbe essere solo un sogno.
Ora come ora sto lavorando ad un grosso progetto nel sociale con un caro amico. Dato che è ancora tutto in divenire, preferisco non anticipare nulla, giusto per scaramanzìa. Ma in caso di riuscita sarebbe sì un bel sogno, sia a livello economico che di gratificazione! Ma ancora non mi basta! Infatti sto mettendo su una piccola impresa di pulizie tutta mia, e non c’è nulla come non dover prendere ordini da nessuno, nel mondo del lavoro, per aver soddisfazioni! Altri lavori da sogno? Ma no, dai! Devo dire che ho già fatto talmente tante cose che non ho più sogni nel cassetto da realizzare. Almeno non per ora. Magari un domani mi verrà voglia di cambiare ancora e fare qualcos’altro… chi lo sa?
Di tutti i lavori che hai fatto, quale è stato il migliore, quale il peggiore, e perché?
Come ho appena detto, nella mia vita ho fatto di tutto: dai film a luci rosse allo spalar guano di piccione durante le bonifiche aziendali. Sono stato sotto padrone e ho lavorato in proprio. Ogni lavoro ha avuto i suoi pro e contro: secondo me non c’è stato e non c’è un lavoro migliore e uno peggiore. È solo l’ambiente in cui ti trovi e le persone che ti circondano a fare la differenza, e non tanto quello che fai. Ovviamente aver avuto un negozio tutto mio è stata l’esperienza che posso definire “più intensa”, ma ho bei ricordi di qualunque lavoro abbia fatto, soprattutto del primo, quello in fabbrica: ho conosciuto lì i miei amici più cari!
Cosa dicono i tuoi colleghi quando gli dici di praticare il wrestling?
Incuriosisce sempre molto, ed ogni volta che qualcuno lo viene a sapere c’è sempre da spiegare tutti i meccanismi, come funziona, il “dietro le quinte” e tutto ciò che ad esso è collegato! Ma non è che gli interessi poi molto per davvero: è solo un argomento di conversazione utile a rompere il ghiaccio.
Sono mai venuti a vederti nei tuoi show?
Mai nessuno! Le scuse ufficiali sono moltissime: vuoi che gli show sono spesso a molti chilometri di distanza, vuoi che abbiano già altri impegni, i bambini, la moglie, il cane o l’orario che c’era la partita, ma nessun collega è mai venuto a vedermi. La verità è che in Italia gli unici argomenti che funzionano sono il calcio e le donne. Credo che verrebbero a vedermi più volentieri sul set di qualche film a luci rosse, ma le loro mogli non li lascerebbero più tornare a casa… E allora non verranno mai da nessuna parte. Se li invitassi ad un torneo di briscola, forse otterrei più attenzione.
Se ti dicessero che la tua gimmick è da cambiare e di turnare face (interpretare un personaggio buono), che tipo di personaggio vorresti essere?
Non ci ho mai pensato, ma non credo che abbandonerei il personaggio di Horus l’Assoluto. Mi piace, sono io, mi rappresenta e non lo cambierei. Tirerei fuori il mio lato migliore, la parte più buona, e basta. In fondo Kurt Angle era sempre lui sia da face che da heel e funzionava bene, no?
Sappiamo che in questo momento sei fermo per un infortunio, e ti auguriamo di rimetterti in forma al più presto. Secondo te, perché ci si fa male seriamente, sul ring? E’ solo sfortuna in un determinato momento, è inevitabile, qualcuno in particolare se le va a cercare, ci sono avversari con cui si è maggiormente a rischio o che altro?
Meglio precisare che il mio attuale stop è frutto di un infortunio non curato nel lontano 2015. Avrei dovuto fermarmi subito e ripartire solo quando mi fossi rimesso in piena forma. Ma non l’ho fatto e, un match oggi, un match domani, ed è peggiorato tutto. Il primo sforzo che ho fatto senza ginocchiere mi ha tradito! Ma lo devo accettare: farsi male fa parte del gioco. Per rispondere alla domanda, direi che se fai cinquanta incontri l’anno è facile che il fisico ti ceda prima rispetto a chi ne fa solo dieci, ma poi non è detto. È importantissima la giusta preparazione: ho visto personalmente gente mandata sul ring impreparata e senza esperienza farsi seriamente male. Per cose banali, poi: su quello che dovrebbero essere le prime cose che impari. A volte capita di farsi male per mancanza di fiducia in sé stessi o, viceversa, per eccesso di autostima.
Ma ci sono anche casi di pura sfortuna, perché in fondo siamo tutti esseri umani, e l’errore o la distrazione sono sempre in agguato. In qualche circostanza, un errore innocente è costato un braccio o un femore. Ma come dicevo, anche questo fa parte del gioco e lo devi accettare. Se vuoi praticare il wrestling, questo è! Se poi pensiamo che la maggior parte degli incidenti mortali avviene entro le quattro mura domestiche, allora ci consoliamo: anche lavare il pavimento può essere pericoloso!
Un attore a luci rosse è più o meno favorito nelle relazioni fisse, o si finisce per essere considerati dei Toy Boy e avere soltanto relazioni superficiali e di poca durata?
Oddio, ci sono donne che dai film a luci rosse sono attratte e quelle che invece ne sono disgustate. Io, il mio lavoro di attore hard non lo tiro mai fuori (ma guarda te che gioco di parole) come argomento perché non sai mai come la possano prendere. Se poi viene fuori comunque, le donne a cui piace la relazione di tipo “una botta e via”, ne sono entusiaste (non mi hanno assunto come attore per la mia faccia o perché sia simpatico, ma per qualcos’altro). Se invece si parla di donne che hanno a cuore le relazioni serie e durature, beh, se hanno un minimo di intelligenza, capiscono che farlo per lavoro è ben diverso dal farlo per il proprio piacere! Pensate che Rocco Siffredi è sposato da una vita! In definitiva, comunque, non mi sono mai sentito “usato” e nemmeno “toy boy”. Quello è un altro genere di persone e un altro tipo di relazioni.
Che ne pensano, le tue frequentazioni femminili, delle tue innumerevoli attività?
A parte quella di cui abbiamo parlato ora, dicono che dia l’idea di uno che non si accontenta mai, e mi sembra un giudizio molto lusinghiero. Mi fa piacere! Molti si sarebbero fermati al posto fisso, quando stavo in fabbrica. Io, no di sicuro! Amo provare, sperimentare, intraprendere, fare cose nuove… perché limitarsi a qualcosa che per quanto ti dia un’idea di sicurezza (e non si sa poi se quest’idea sia vera o falsa) non ti ripaga con nessuno stimolo vitale?
Tutti i wrestlers, ad un certo punto, pensano di aprire una propria federazione. Tu che ne pensi? Ti è mai venuta la voglia di farlo?
Sai che non ci ho mai pensato? Non per mancanza di intraprendenza da parte mia, ma di solito accade che un wrestler decida di fondare qualcosa di suo, solo perché cerca una situazione dove possa essere lui a fare il bello e il cattivo tempo. “Il re del pollaio” o qualcosa del genere. Non è il mio caso e non è la mia linea di pensiero. Penso sarebbe più costruttivo fondare una scuola in cui vieni preso e tirato su, fatto crescere dall’A alla Z per poi lanciarti nel mondo in qualunque federazione tu voglia e possa proseguire. Ma questo, in Italia, sarebbe solo utopia.
Che ne pensi delle federazioni italiane che passano il tempo a litigare tra loro?
Mah, io sono stato ovunque. “me le sono fatte tutte” oserei dire. L’Italia si è incancrenita in una situazione da feudalesimo: tutte queste federazioni non sono altro che le piccole città-stato costantemente in guerra tra loro. Signori e signorotti coi loro vassalli, spie, traditori, e guerricciole da pollaio. Oltretutto posso testimoniare che gli screzi più grossi li ho visti poi per… per bambinate, cose veramente assurde! Ci troviamo in un calderone ribollente dove la minestra contiene un sacco di ingredienti ma non ha nessun gusto. C’è chi davvero ci tiene all’immagine del panorama italiano e chi lo fa tanto per fare.
C’è chi è partito bene e si è affossato, chi guarda gli altri dall’alto verso il basso nonostante dal basso si sia partiti tutti. Chi butta un sacco di idee ma non concretizza nulla, chi crede di avercelo più grosso, chi di esser il più bello e chi il più intelligente. Ognuno crede di essere nel giusto ma non c’è dialogo tra le fazioni, non c’è un intento comune, non c’è volontà di collaborare! Se ci fosse più coesione, tra tutti, più voglia di migliorare e l’umiltà per saper accettare i propri limiti laddove si crede di esser forti, FORSE l’intero panorama italiano ne gioverebbe. “Forse”, perché alla fine restiamo tutti italiani lo stesso: calcio, pizza e fighe. Tutto il resto non conta nulla.
Secondo te, che cosa è importante per praticare il wrestling?
Credo che la voglia di fare wrestling davvero sia alla base di tutto, ma non basta! Se dici che non hai tempo di allenarti, evidentemente, è perché non ne hai voglia e hai qualcos’altro da fare. Magari sono davvero cose importanti, ma allora non potrai mai essere un wrestler. Il ring dev’essere la tua priorità assoluta, e volere è potere. Quando ho iniziato, lavoravo in una fabbrica metallurgica, avevo 2 allenamenti a settimana da 2 e 3 ore, facevo 3 volte palestra, andavo a ballare, avevo la ragazza e trovavo pure il tempo di fare il cretino con la cugina di un compagno d’allenamento! (Ciao, Valerio, se stai leggendo… Hahahaha!) Ci vuole un sacco di preparazione fisica, e se comunque non ci sei tagliato, meglio lasciar perdere. Magari puoi essere un bravissimo puglie o un grande karateka ma un pessimo wrestler. Quindi l’attitudine è altrettanto importante. Così come nella vita anche nello sport, le nostre potenzialità sono diverse da individuo a individuo. Sta al trainer vedere il potenziale e cercare di svilupparlo o di indirizzarti al meglio! È fondamentale dare il massimo: come mi ha insegnato un mio capo officina, quando ero giovane, “se tu puoi dare 10 e mi dai 9 va bene, se tu puoi dare 20, e so che ne sei in grado ma mi dai 10, NON VA BENE!” Questo andava bene in officina ma anche nel wrestling, nello sport ed in qualunque contesto della vita in generale.
Se posso aprire una piccola parentesi, direi infine che trovo superflua la maggior parte degli stage: troppo poco tempo perché si possa davvero imparare qualcosa. Trovo più costruttivi i camp, ad esempio come quelli organizzati dalla WAW, in cui ti fai una settimana all’estero mangiando pane e wrestling.
Cosa ti dà più fastidio, in questo ambiente?
Non sopporto le malelingue. Tanti hanno da ridire su chiunque. Troppi.
Il più delle volte è il bue che dà del cornuto all’asino. Ma non solo a livello di sport: anche in generale!
Insostenibile la strafottenza di chi, appena arrivato, si permette di dare consigli (situazione realmente successa: ricordo un “idiota” al primo match, che dopo pochi mesi di allenamento pensava di dare consigli a tutti).
O anche chi ti dice “non farmi male eh?”, “vai piano”, e “no, questo no!” Ma andare a far danza classica? (O anche giocare a mosca cieca in autostrada, magari.)
I migliori però sono i promoter che ti chiamano e spariscono quando parli di soldi!
Pensi che arrivati ad una certa età sia meglio ritirarsi o secondo te si può andare avanti finché il fisico regge?
Più che il fisico, io penso siano le emozioni a mandarti avanti. Magari non farai 100 apparizioni all’anno, ne farai meno, ma le farai comunque. Fino a quando hai dentro di te quella scintilla, quel desiderio di palcoscenico, quella voglia di fare spettacolo, vai avanti. Magari cambi ruolo, ma vai avanti. Ovviamente, entro i limiti che il fisico ti impone, ma penso che non ci sia un’età precisa per doversi ritirare.
Per concludere, c’è qualcosa che vorresti dire, magari una frase o un aforisma che senti particolarmente tuo?
Nella vita, se ti accontenti, se non cerchi mai quel qualcosa in più, non sarai mai ricordato. Ed io spero di lasciare un segno in qualche modo. Che sia nello sport o nel lavoro, è questo che mi fa intraprendere tutto con il massimo della carica! Detto ciò, grazie per il tempo dedicato e grazie per tutto ciò che fai per il panorama italiano! E tranquilli che, quando avrò il mio ritorno sul quadrato, sarà “esplosivo”!
Grazie a te, del tempo che ci hai dedicato, Maurizio! Cerca di rimetterti in forma al più presto e non farci stare in pensiero!
Erika Corvo