Nella foto, in alto: Enrico Furlan e il giovane artista contemporaneo Nicolò Tomaini
Nasce a Conegliano, nel trevigiano, a marzo del ’75, Enrico Furlan definito da addetti ai lavori come stella emergente del panorama dei galleristi d’arte contemporanea a livello italiano e in Europa. Amante dell’arte di cui rappresenta conoscenza e coscienza, Enrico si sta facendo spazio nell’ambiente con una spiccata propensione al bello e a tutto ciò che è arte moderna alla 2.0. Enrico è un mercante di opere con lo sguardo orientato alle dinamiche della galleria d’arte. Ad Enrico è riconosciuta non solo l’abilità di essere propositore di moda e tendenza ma di anticipare i tempi. L’occhio al futuro del veneto Furlan rimane attento al divenire del linguaggio artistico che con le sue modalità espressive punta a cogliere emozioni in cuori ricercati e affascinati dal bello. Dal moderno. Dal non convenzionale.
Nella foto, in alto: momenti di aggregazione in una galleria; sul fondo opere di Ben Vautier
Dopo anni di esperienza in Germania, dove si è cimentato in lavori convenzionali e fuori dall’ambiente artistico, Enrico ritorna nella sua terra con la consapevolezza che gli mancasse qualcosa per essere completo. In un viaggio casuale scoprì un quadro presente in una anonima galleria di Padova e ne rimase folgorato, estasiato da una modalità di comunicazione che non conosceva. Passarono anni prima che Enrico desse un senso all’impulso d’stinto che lo portò ad acquistare quel quadro. Quel gesto raccontava di lui e del suo innato bisogno di libertà. Quella libertà che lo stesso Furlan ama definire vitale. Tanto, infatti, era il bisogno di Enrico di sentirsi libero. Di sentirsi unico ed irripetibile. Di sentirsi parte di un sistema in cui non doveva dimostrare nulla a nessuno. Libero di scegliersi e di scegliere tutto ciò in cui si potesse rispecchiare. Libero di viversi il suo di mondo con tutti quei colori annessi ed espressi a pieno. Per Enrico linee e spazi, giochi di luce, cromie, sfumature, contaminazioni di materiali danno ordine ad un kaos intuito ma non facilmente esprimibile a parole. “La funzione dell’arte alla fine è questa” è solito dire il gallerista Furlan” regalare un viaggio. Placare inquietudini. Placare voci che sentiamo solo noi. Farci sentire speciali nella nostra confusione. Farci sentire unici. Farci sentire fieri e orgogliosi di avere e possedere. Orgogliosi di noi anche. La funzione dell’arte è farci sentire speciali per aver intuito il mistero del non visibile. Del non detto. Di quel linguaggio non espresso ma criptato che solo chi guarda l’opera sa cogliere. Questo rende speciali. La ferma certezza di aver colto ciò che al mondo sfugge”.
Nella foto, in alto: Il gallerista Enrico Furlan presidente & founder della
Enricoartsuite gallery
D: Enrico, lei si definisce un mercante d’arte. Cosa significa l’essere mercanti?
R: Io mi ritengo un gallerista d’arte che con l’arte ci lavora. Io non vivo l’arte per lucro ma la vivo per un bisogno mio di condividere il bello. Il mercante riceve in cambio del denaro a fronte di un oggetto. Io più che mercante mi sentirei “accompagnatore” dell’arte nell’arte. Certo che ho fatto della mia passione un lavoro ma non ho mai smesso di perdere di mira il senso dell’arte che non può essere strumentalizzato o banalizzato o finalizzato solamente nell’ottica di un mero business.
D: Che aspettative ha sulla sua persona il suo cliente?
R: Di avere il bello. Alcuni vivono l’acquisto come un investimento, altri ricercano il possesso in esclusiva. Nulla toglie al senso del mio lavoro. La gente si aspetta da un gallerista competenza e guida nella scelta. La mia credibilità, quella che ho ottenuto negli anni, è stata l’onestà intellettuale. Ho sempre detto al mio cliente, premettendo di non avere la sfera di cristallo, quello che sentivo vivo e vero in me. Non ho mai alimentato aspettative inutile. La scelta finale è del cliente ma lo stesso da me potrà sempre contare sulla mia sincerità.
D: Enrico, mi tolga una curiosità. In famiglia siete artisti? Da dove nasce questo suo amore verso l’arte contemporanea? E soprattutto, ci dica cosa significa arte moderna o contemporanea, appunto.
R: La pecora nera in famiglia sono io (sorride. N.d.R.) nessuno dei miei è dentro a questo mondo. Il mio amore per l’arte nasce da una enorme curiosità verso tutto ciò che è oggetto da far vedere come un quadro, un dipinto, una foto, un vaso. Il mio maestro in ammirazione è sicuramente BEN VAUTIER, l’orgoglio napoletano e non solo. Ben è famoso per firmare le sue opere e di lui ho capito che l’arte è appartenenza e che la stessa ha il diritto di essere riconosciuta. In questa ottica io mi ritengo un veicolo, uno strumento, attraverso cui il cliente può riconoscere un’opera e, soprattutto, riconoscersi in essa. Il termine arte moderna è comunque riduttivo. Ci possono essere molti sinonimi a riguardo. Contemporanea. Futuristica anche. Questa arte si esprime in ambito futuristico non convenzionale. È una modalità di comunicazione che non segue regole già viste. Sono artisti moderni coloro che sono precursori di un linguaggio fuori dalle regole. Il mio lavoro è cercare e rappresentare stili e idee. Mi ritengo un recruiter per alcuni artisti. Faccio mie solo opere di artisti che mi trasmettono emozione. Non riuscirei mai a comunicare e rappresentare modalità di espressioni in cui non ci vedo un domani e un seguito. Uno tra gli artisti che seguo e che appoggio a tutto tondo, oggi, è il giovane Niccolò Tomaini. Un artista che usa un linguaggio diretto ma non banale, dalle reminiscenze dadaiste.
D: La sua galleria arte è la ENRICO ART SUITE. Cosa rappresenta una galleria per lei?
R. Rappresenta non tanto un luogo spazio-temporale ma uno stile di vita. Chi visita la ART-SUITE visita un modo di rappresentare un vissuto. L’arte è aggregazione e per fare ciò ha bisogno di uno spazio. È il direttore artistico che ne delinea i confini oltre il quale ci si può sentire a casa o in un museo. Il mio essere si basa sull’accoglienza e la familiarità dove è la cultura e il bello l’unico linguaggio da condividere. Il resto rimane fuori.
D: Enrico, come vede il futuro del gallerista oggi? Cosa augura alle nuove leve che vogliono fare dell’arte una professione?
R: Auguro di crederci e di non svendersi mai. L’arte non può scendere a compromessi. Auguro di essere sé stessi e di non vergognarsi mai delle proprie emozioni. Ci sarà sempre una persona in un angolo del mondo che avrà bisogno di quell’arte. Ed è per quella persona che è giusto non arrendersi mai. Io Ci vedo tanto di bello. Soprattutto ci vedo la consapevolezza di un modo di fare comunicazione che non sarà mai dipendente da dinamiche della rete e social ma che sarà supportata da queste dinamiche. L’arte è speranza per i più. Io voglio essere una voce fuori dal coro. L’arte è certezza. Io di questo non ho dubbi.
Thomas Tolin
Come contattare Enrico Furlan:
Mail: enricoartsuite@gmail. com
Profilo Instagram:
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