I prodotti a chilometro zero sono quelli reperiti direttamente nella zona di produzione, con acquisto diretto dal produttore, non c’è nessun passaggio di intermediari tra produttore e consumatore finale. Il termine “chilometro zero”, in ambito agroalimentare viene utilizzato sempre più frequentemente tra il 2004 e il 2007, si riferisce al numero di chilometri che il prodotto dovrebbe fare per raggiungere il consumatore ottenibile dalla cooperazione dei produttori locali, legame col territorio e riscoperta e salvaguardia dei prodotti locali e antichi sapori. I prodotti interessati sono essenzialmente gli ortofrutticoli, latte uova, vino, carne, cereali, prodotti agroalimentari, anche se oggi i generi si stanno ampliando. Questi prodotti promuovono l’abbattimento dell’inquinamento e dello spreco, minor uso di carburanti e quindi limitazione delle emissioni, questo comporta un minor uso di imballaggi e sistemi di conservazione e confezionamento. I prodotti sono locali e sempre freschi, i produttori si conoscono e collaborano con i consumatori nella possibilità di visitare e controllare le aziende, si punta anche al recupero di gusti e sapori tipici degli alimenti e ricette tradizionali. I prodotti vengono venduti nei cosiddetti “Farmer’s Market” . La nostra società e le nostre abitudini alimentari non ammettono un assoluto sistema commerciale a chilometro zero, c’è chi ritiene che la distribuzione commerciale crea ricchezza, oltre al fatto che non tutte le zone del nostro pianeta producono cibo a sufficienza per sfamare le popolazioni autoctone e quindi vanno sostenute nell’approvvigionamento delle risorse alimentari. L’Italia dal canto suo è in grado di garantire alla sua popolazione, una dieta varia con bilanciato apporto nutrizionale senza incrementare le importazioni alimentari ma sviluppando i mercati locali. Non è infrequente trovare a livello di piccole realtà cittadine dei mercatini di frutta, verdura, prodotti locali, biologici, a km 0, tutto rigorosamente “fatto in casa”.
Giuliano Regiroli