La lotta senegalese è una lotta africana tra le più antiche, che affonda le sue origini nell’antico Egitto. Infatti in antiche necropoli sono state ritrovate delle pitture che rappresentano un tipo di combattimento tra uomini simile a quello praticato al giorno d’oggi nel paese africano. Questo sembrerebbe confermare le leggende che parlano di un’origine esterna di tale pratica. Le regole sono abbastanza semplici. Viene eseguita sulla sabbia a mani nude, e vince chi riesce ad atterrare per primo l’avversario. Si considera a terra l’avversario quando tocca il suolo con la schiena o l’addome, con due ginocchia e una mano, o due mani e un ginocchio. Non sono ammessi i pugni . Gli sfidanti hanno un abbigliamento che ricorda i combattenti di Sumo. Come in altre arti marziali c’è una componente di rito e di musica che accompagna gli atleti sia durante la preparazione sia durante il combattimento. Cerimoniali propiziatori vengono compiutida parte degli sfidanti attraverso danze e gesti particolari con l’esibizioni di amuleti.
Nella foto, in bass0: un incontro di lotta senegalese
Attualmente in Senegal la lotta ha un seguito maggiore del calcio, ed in questi ultimi anni sta perdendo l’aspetto rituale e mistico a favore di un più pratico e materiale. Scommesse ed ingaggi molto alti cominciano a snaturarne lo spirito. Ci vorrebbe un maestro capace di mantenere nello stesso tempo tradizione e agonismo, come avviene in molte altre arti marziali. I campioni più famosi sono Mohamed Ndao, soprannominato Tyson e Serigna Dia, detto Bombardier. Evidentemente come nella Capoeira, anch’essa di origine africana, è ricorrente essere chiamati con un soprannome. In Italia per il momento non risultano esserci delle palestre che insegnano tale arte marziale,anche se, vista la presenza di una comunità senegalese, probabilmente viene praticata in qualche parco o su qualche spiaggia. E’ auspicabile che al più presto si sviluppino dei corsi, perché oltre che arricchire il mondo delle arti marziali, potrebbe essere unvalido strumento di integrazione e scambio culturale. Credo non sarebbero pochi gli italiani e non desiderosi di imparare e praticare una nuova forma di lotta.
Sara El Sehaly