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La più antica arte di compatimento: il Pancrazio

Il Pancrazio può essere considerato la più antica forma di lotta a mani nude dalla quale hanno tratto origine le altre arti marziali. Nato come lotta di sopravvivenza divenne in seguito una disciplina sportiva. Praticato anche dal poeta Euripide e dai filosofi Platone e Aristotele il Pancrazio nel 648 a.C. fu inserito come disciplina tra i giochi olimpici. A tale disciplina dedicò una sua opera anche il poeta soldato latino Quinto Ennio, Pancratiastes (L’atleta del pancrazio). Il suo nome deriva dal greco Pankration Pan (tutto) e kratos (forza). Durante i combattimenti gli atleti, infatti, utilizzavano tutta la loro forza e facevano ricorso a diverse tecniche di combattimento (era ammesso ogni genere di colpo tranne mordere e accecare) per primeggiare sul avversario. Gli incontri non avevano una durata stabilita, essi si protraevano fino a quando uno dei due contendenti metteva ko l’altro o fino a quando uno dei due non dichiarava la resa alzando l’indice verso l’arbitro. Luogo delle dispute era la Skamma, un’arena quadrata di tre metri e mezzo o quattro ricoperto di sabbia. Agli atleti veniva unto il corpo con dell’olio sia per proteggere la pelle sia per rendere più difficoltose le prese dell’avversario. Tra le storie più note legate a questa disciplina vi sono quelle di Arrachione e di Milone di Crotone. Arrachione era un lottatore originario di Figlia nonché trionfatore alle Olimpiadi del 572 e 568 a.C. Alle Olimpiadi del 574, raggiunta la terza finale, sottomesso dall’avversario, rinuncia a dichiararsi sconfitto e liberatosi la gamba destra preme con essa sul piede dell’avversario. Quest’ultimo a causa del dolore e non rendendosi conto che Arracchione stava per morire dichiarò la resa. Fu così che vincitore dell’incontro fu dichiarato Arracchione sebbene fosse morto in seguito alla rottura del l’osso del collo provocato dalla presa del suo avversario. Milone di Crotone fu un lottatore e condottiero vissuto nel VI secolo a.C., passato alla storia per essere l’artefice, nel 510 a.C., della sconfitta della città di Sibari, città rivale di Crotone. Vincitore di numerose Olimpiadi, famoso per la sua forza, si narra che durante un combattimento riuscì ad uccidere un toro con un colpo solo. Altra leggenda vuole che prima di un incontro, poi vinto, sia corso da Crotone a Olimpia con un toro sulle spalle.

Nella foto in alto: vaso raffigurante due atleti

 

Erika Fumagalli

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