Il degrado lessicale e semantico del termine “amicizia” è sotto gli occhi di tutti nell’attuale civiltà digitale e dei social network.
Per quanto io sostenga l’utilità sociale di Internet e dei social, per i nuovi orizzonti di conoscenza, condivisione e informazione che ora abbiamo, l’uso disinvolto del termine “amicizia” inaugurato da Facebook e poi diffuso in altre piattaforme, mi induce alle seguenti riflessioni.
Per “amicizia” si intende quel rapporto vivo e reciproco che lega due persone e che si esprime come solidarietà, mutua comprensione e piacere di stare insieme.
L’interconnessione tra profili di persone iscritte a un social network è, il più delle volte, un’amicizia finta, che non contempla rapporti profondi e saldi, in quanto espressione di quelle relazioni che sono proprie della “società liquida” [1], caratterizzata da fragilità e labilità dei rapporti interpersonali.
Nel contesto telematico l’“amicizia”, ove non sia risalente a circostanze diverse, viene degradata ad un livello alquanto superficiale. Il desiderio di associarsi a “gruppi” secondo gusti, interessi e affinità, senza condividere esperienze che si saldino in una relazione interpersonale autentica, è il frutto di una profonda trasformazione nel tessuto sociale che, secondo alcuni, è causata da un inaridimento collettivo [2] e dallo sgretolamento dei valori fondanti tra gli individui e dalla costante perdita delle tradizioni del passato [3].
Si aggiunge a questo inaridimento dei sentimenti una ricerca continua dell’individuo alla propria visibilità con ogni occasione sui mezzi di comunicazione, all’onnipresenza della propria immagine e del proprio nome, allo scopo di affermare una propria notorietà alla quale non si accompagna un ideale o un pensiero da trasmettere. Vedasi come esempio Instagram e Tik Tok, con le loro “citazioni” non di pensiero (Twitter) ma di pure immagini, da parte di chi appunto non ha pensiero.
Così si mandano richieste di “amicizia” a sconosciuti, solo perché aventi “amici comuni”, come se il numero, sempre crescente, degli amici fosse la misura della propria simpatia o personalità che bisogna dimostrare agli altri. E l’adesione di nuovi “amici” moltiplica solamente questa illusione.
Si tratta, invero, di amici virtuali, effimeri, non solidi, che offrono un’amicizia “liquida”, appunto, che resta solo sul Web e all’interno del social network. L’amicizia e la conoscenza su basi puramente percettive è solo una forma d’incontro virtuale, dove non vi è alcun coinvolgimento di emozioni e percezioni da coltivare e condividere e coltivare.
La vera amicizia è invece quella che condivide non solo i pensieri ma gli sguardi, le arrabbiature, i sorrisi, quella che ti comunica anche la fatica quotidiana di costruirsi la propria strada nella vita.
Giovanni Bonomo
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[1] Z. Bauman, “Vita liquida”, Roma-Bari 2006 e ID, Modernità liquida, Roma-Bari, 2002.
[2] M. Maffesoli, “Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne”, Milano, 2004.
[3] Fenomeno che si riscontra a tutti i livelli delle relazioni umane, perfino nei sentimenti più forti: cfr. Z. Bauman, “L’amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi”, Roma-Bari, 2006.