L’empatia è da sempre considerata la capacità di metterci nei panni dell’altro. Spesso non servono parole per cogliere le emozioni e il sentire della persona che abbiamo di fronte. Quella che amiamo e a cui vogliamo bene. La persona empatica non si limita a cogliere e a intuire le emozioni siano queste di gioia o di dolore. L’empatica prova a tutto tondo questi sentimenti. Li sente scorrere nelle vene , ne assapora letteralmente le sensazioni, le vive. E’ da sempre considerata una abilità sociale ed è un dono che non va sottovalutato o dato per scontato. Non tutte le persone possono dirsi empatiche e chi ne è soggetto sa in cuor suo di essere chiamato a una grande responsabilità. Nell’era dei social in cui si manifestano per iscritto le emozioni, ci si mette a nudo davanti a una tastiera indossando delle maschere e allontanandosi dal contatto fisico ed esperienziale dell’incontro con l’altro, diventa difficile dare spazio all’empatia. L’empatia chiede contatto. Chiede relazione. Chiede incontro ravvicinato. Chiede sguardi da incrociare e toni di voce da analizzare. Chiede gestualità e soprattutto chiede coraggi
Non è mai facile calarsi nei panni degli altri e soprattutto richiede una modifica radicale del nostro io, della nostra storia. La persona empatica che decide e sceglie di dare voce a questo dono, deve innanzitutto abbattere i propri limiti, i propri condizionamenti culturali, sociali, familiari . I propri pregiudizi che aprono a diffidenze e a innaturali sospetti che sono i primi da sradicare dalla propria testa. Nel quotidiano ci si presentano molteplici segnali che ci suggeriscono che possiamo rientrare nella categoria delle persone empatiche. Un luogo comune definisce la donna empatica di natura, ma non è la regola e tantomeno legge. Molti maschi lo sono è che spesso il genere maschile tende a vergognarsi della propria sensibilità e schiva tutte le situazioni che lo emoziona oppure lo agita, lo scuote. La persona empatica fa sue sia le gioie che i dolori, tanto i sorrisi quanto le lacrime e si sa, l’uomo che non deve chiedere mai è l’uomo che non piange. È un dato di fatto che rientra nell’empatia riuscire a sentire le emozioni degli altri anche quando non sono presenti. La prima persona empatica che conosciamo è la nostra mamma. E’ facile che il detentore di questa particolare sensibilità, si senta particolarmente stanco la sera. La troppa energia assorbita durante la giornata con le molte persone incontrate tende a privare di forza. Sarebbe molto utile per queste persone, a fine giornata, prima di rientrare in casa, ritagliarsi dei momenti per una passeggiata all’aria aperta o per un buon libro. Momenti di pura solitudine in piena assenza di persone che spesso sono veri e propri ” vampiri energetici “. Un altro segnale indice che si può essere persone empatiche consiste nel riconoscere chi mente e chi sta nascondendo qualcosa. Tutti questi segnali sono tipici di una spiccata sensibilità. Come tutti i doni anche per questo ci vuole una grande forza di gestione. Spesso si soffre nel partecipare al dolore altrui e molto spesso si prova un disarmante senso di impotenza. La persona empatica viene etichettata come un’esagerata. Come una persona che se la prende per niente . Fatto sta che si è persone speciali. L’empatia se accompagnata ad una forte attenzione all’ascolto può essere un vantaggio in professioni psicoterapeutiche. Ci sono molti benefici nel lasciare defluire l’empatia. Nel lasciarla libera. Nel lasciare alle proprie sensazioni di farsi strada e di manifestarsi senza pudore o vergogna, in maniera pura e disinteressata. Lasciarle volare libere come un palloncino rosso
L’empatico entra nell’io dell’altro, ne toglie i veli, lo mette a nudo dalle proprie paure. Lo aiuta a uscire allo scoperto delle sue potenzialità. Lo rende consapevole dei propri limiti e delle enormi potenzialità. Alla base ci si deve volere bene e rispettarsi. Non è sufficiente essere empatici per aiutare gli altri. Bisogna amarsi, aver fatto conquista di se. Bisogna conoscersi per far si che l’altro si conosca sempre meglio. L’empatia è un valore aggiunto che ci è stato donato e che ci rende speciali. Solo nell’aiuto disinteressato all’altro possiamo far si che non venga sprecata. Non basta essere empatici e riconoscersi tali per legittimare questo dono. Bisogna sceglierlo. Prenderne una totale consapevolezza e decidere di esserci. Esserci per l’altro in un accettazione totale di chi siamo e di quello che siamo chiamati ad essere passo dopo passo. L’empatico deve scegliere di far entrare nella propria storia, fatta di singole esperienze, chi ci viene donato di incontrare nel nostro cammino. E una volta scelto, non sprecarsi nel donarsi. In fin dei conti l’amore non chiede mai un conto da pagare alla fine. Forse perché l’amore, una fine, non ce l’avrà mai.
Thomas Tolin