Nella foto, in alto: za-zen
Ogni samurai sapeva bene che prima di essere degno di uccidere qualcuno doveva saper prima di tutto uccidere se stesso: in caso contrario, non sarebbe mai riuscito a vincere. Doveva imparare come tagliare, eliminare la propria coscienza, in definitiva: doveva imparare l’arte di vivere o morire. Per arrivare ad un simile grado di elevazione della coscienza il guerriero doveva diventare forte e saggio: come poterlo diventare contemporaneamente? (Sebbene la via di Buddha venga praticata per l’anima, il corpo e l’anima sono inseparabili disse infatti Daruma, monaco giapponese del 500 d.C., “fondatore” delle arti marziali.) Lo Zen insegna entrambe le cose. Lo Zazen (la meditazione Zen) è un allenamento all’atteggiamento corretto in ogni posizione, alla corretta respirazione, al corretto portamento della colonna vertebrale: tutto ciò porta fisiologicamente ad una apertura mentale superiore, ad un’attitudine o stato di coscienza senza scopo né obiettivo, che supera ogni giudizio, va al di là dell’io. È il pensiero al di là del pensiero. Chiunque pratichi lo Zazen e le arti marziali contemporaneamente può affermare quanta efficacia e saggezza si traggano da questa esperienza. Il Maestro trasmette al discepolo, nello Zen come nelle arti marziali, l’arte e il potere di andare al di là della propria forza, in una trasmissione che passa da cuore a cuore, fulcro dell’insegnamento e della filosofia che sottendono a tutto il mondo legato al Budo (arte del combattimento) e allo Zen.
Carla Rossi