Chi non ha mai parlato male dell’azienda per cui lavora? Fra i dipendenti è una prassi consolidata e quasi a rischio zero, diversa invece la situazione se si denigra l’azienda per cui si lavora con un post diffamatorio su Facebook, si rischia allora il licenziamento per giusta causa. La sezione lavoro della Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha rigettato il ricorso di una donna impiegata in una ditta di impianti di sicurezza, licenziata per aver manifestato esplicito disprezzo nei confronti del datore di lavoro, sulla propria bacheca del social network, scriveva “mi sono rotta i c… di questo posto di m… e per la proprietà”; è stato ritenuto irrilevante dai giudici del merito (tribunale di Forlì in primo grado e poi la Corte d’Appello di Bologna) che non sia stato specificato nel post il nome dell’azienda, poiché era facilmente identificabile a chi era rivolto. Per i giudici, dunque, “la diffusione di un messaggio offensivo attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione, per la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone atteso che il rapporto interpersonale, proprio per il mezzo utilizzato, assume un profilo allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione. Per cui correttamente è stato valutato in termini di giusta causa del recesso, in quanto idoneo a recidere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo”.
Giuliano Regiroli