” alt=”” />” alt=”” />
Dai Nostri Inviati Speciali
Massimo A. Alberizzi e Monica Mistretta
Da Nairobi
Sono le 10 del mattino del 19 marzo. A Milano c’è già il sole, ma è una strana primavera. Le strade sono deserte, pochissime le persone che passano con la testa bassa, nessun’auto, solo qualche mezzo pubblico che sfreccia veloce. Fuori dai supermercati le code di gente in attesa per fare la spesa sono già lunghissime: tutti aspettano con pazienza a un metro l’uno dall’altro per evitare il contagio. Sul cielo terso della città, completamente isolata, è raro vedere ancora la scia di un aereo. L’ aeroporto di Linate è chiuso, quello di Malpensa deserto. È l’Europa intera a essere in quarantena: i contagi e i morti da Covid-19 salgono ogni giorno in tutte le capitali. Gli unici voli ancora attivi sono quelli che rimpatriano i nostri connazionali dall’estero.
Alle 10.12, con un’ora di anticipo, atterra a Milano Malpensa un A330 della Iran Air in arrivo da Teheran. Il grosso Airbus può portare fino a 335 passeggeri e un carico da 70 tonnellate: tante le persone che sono scese questa mattina, altre ne sono salite, tra le quali un non vedente.
Nei giorni scorsi aerei della compagnia nazionale iraniana avevano fatto scalo a Rimini e Pescara. I due aeroporti avevano fatto sapere ad Africa ExPress che si era trattato solo di uno scalo tecnico e che nessuno era salito o sceso dagli aerei. Non è andata così oggi. E solo mezz’ora prima dell’atterraggio a Malpensa del volo Iran Air 751, un aereo della compagnia privata iraniana Mahan Air, posta sotto sanzioni statunitensi per i legami con i Pasdaran iraniani, era atterrato a Barcellona facendo sbarcare tutti i passeggeri. Un altro Airbus da 300 posti, anche se sia Milano sia Barcellona sono in quarantena.
L’Iran è il terzo Paese al mondo per contagi da Covid-19: oltre 17.000 i casi confermati dalle autorità di Teheran. Ma la comunità internazionale sospetta che le cifre non raccontino tutto. L’allarme è partito in questi giorni proprio dall’Iran: secondo l’Università della Tecnologia “Sharif” di Teheran, se il contagio dovesse avanzare di questo passo, i morti nel Paese potrebbero arrivare a 3,5 milioni. L’Iran, sotto sanzioni statunitensi, ha chiesto al Fondo Monetario Internazionale un prestito di cinque miliardi di dollari per fronteggiare la crisi.
Sono tanti gli interessi economici che legano l’Europa all’Iran, non tutti chiari. Ci si interroga perché nel pieno dell’emergenza Coronavirus, mentre tutto è fermo, gli aerei da Teheran continuino a fare la spola nelle capitali europee.
Il Paese del Golfo ha le riserve di gas più grandi al mondo ed è uno dei principali produttori di petrolio. Da decenni sotto la morsa delle sanzioni, ha bisogno di tecnologie e risorse. L’Europa è ovviamente interessata. Quasi due anni fa, nell’agosto del 2018, una delegazione italiana di 250 uomini di affari aveva visitato l’Iran aggiudicandosi un contratto da 50 milioni di euro per la costruzione dell’aeroporto di Tabriz: un assaggio di quello che c’è in ballo.
Ma gli affari non sono sempre puliti. Il 3 dicembre 2018, nel corso di una riunione del Dipartimento di Stato americano sulla corsa agli armamenti di Teheran, Brian Hook, oggi rappresentante speciale statunitense per l’Iran, aveva esclamato: “Il governo iraniano dice che i suoi test missilistici sono puramente difensivi. (…) È difensivo forse inondare l’Italia di eroina?”. Riemerge nelle sue parole il vecchio schema armi in cambio di droga per il quale rischiò la vita l’ex giudice Carlo Palermo nel 1985 a Pizzolungo.
Nello stesso anno in cui si svolgeva questa conversazione, gli Stati Uniti avevano aggiunto alla lista delle sanzioni del Dipartimento del Tesoro alcune aziende italiane per la loro presunta partecipazione al programma missilistico e nucleare dell’Iran. C’erano la Irasco Srl di Genova, società di intermediazione di grandi macchinari, la Irital Shipping Lines Company, con sedi a Genova e Malta. C’era anche la società di robotica Hta Srl di Brescia, scampata all’elenco delle sanzioni statunitensi, ma segnalata per i suoi legami con l’iraniana Parto Zist Behboud, a sua volta legata a doppio filo con una società sanzionata, la Shahid Sanikhani Industries. In Italia in quei giorni qualche quotidiano parla di complotto contro le nostre aziende, ma intanto a Roma, in via Barberini, spunta una sede della banca iraniana Sepah, anche questa sotto sanzioni statunitensi per il suo ruolo nel programma missilistico iraniano.
Adesso la tensione tra Stati Uniti ed Europa è palpabile. Rafael Mariano Grossi, direttore generale per l’Agenzia Internazionale per l’Atomica, con sede a Vienna, ha dichiarato che, anche se gli uffici dell’Agenzia sono chiusi per l’emergenza Coronavirus, i controlli sullo sviluppo del nucleare iraniano “non smetteranno nemmeno per un solo minuto”. Bisogna vedere come la ferma assicurazione verrà accolta all’interno dell’amministrazione Trump.
Massimo A. Alberizzi
Monica Mistretta
massimo.alberizzi@gmail.com
monica.mistretta@gmail.com
twitter @africexp