Lavoro nelle risorse umane come selezionatore da molti anni oramai. Incontro giornalmente mille volti e altrettante storie. Arrivano alla mia scrivania giovani e meno giovani di qualsiasi età e di qualsiasi sesso. Principalmente mi occupo di retail che per chi non lo sapesse comprende il mondo dei negozi. Seleziono commesse e commessi, o per essere più professionali “addetti alla vendita “. Vogliamo esagerare ed essere più manageriali, con un leggero colorito “glamour “? Seleziono “shop assistant“, o “store manager”. Ma non è questo il punto. Quello che desidero trasmettervi con questo articolo (il mio primo eh … concedetemi l’emozione ) è che per quanto tu possa fare questo lavoro come lo faccio io da più di dieci anni oramai, non ci si abitua mai. E’ impossibile riuscirci perché l’abitudine nella vita porta alla banalità, alla routine. A vivere da inetti, o se vogliamo a non vivere affatto. Ma una persona può essere banale ? Può una persona che incontri essere come quella vista un’ora prima, o la mattina stessa, o il giorno prima o come quella vista “ ieri “ o “ l’altro ieri “ ancora? Sfido chiunque a dirmi di sì. E lo sapete perché? Perché ognuno di noi, in fondo, è una meravigliosa creatura unica ed irripetibile. Ognuno con il suo cammino. Ognuno con la sua storia. Ognuno con il suo presente fatto di tante speranze, ma di altrettante incertezze. Oggi non è facile trovare un lavoro. Mille opportunità, ma altrettante mille modalità di vivere la persona come mezzo per lucrare snaturando l’anima e riducendo la stessa ad una macchina per produrre. Una macchina affiancata ad altre macchine che, per assurdo, vengono considerate anche più importanti.
Un esempio? Le segretarie ruotano in uno studio. Il programma del PC che contiene il gestionale no. Quello non cambia mai. Quello è a tempo indeterminato. Lo sapete come la penso io di una società che fin da piccoli ci ha trasmesso l’idea del “ siamo tutti utili e nessuno indispensabile “? Che vada a quel paese. Io, Noi (notate volutamente la lettera maiuscola ) siamo molto di più. Ed è in questa ottica che nasce l’idea di scrivere questo articolo per Mondomarziale.org. Perché avere ansia ad un colloquio? E se l’ansia si è innamorata follemente di noi a tal punto che non ci lascia neppure quando stiamo facendo la cacca (perché poi il tempo passa e non ho fatto quello, o quell’altro) come si può fare per dirle “ hei, calmati un attimo che devo fare un colloquio e non posso fare una brutta figura “? E ancora, cosa dire e come devo essere ad un colloquio di assunzione dopo che sono stato chiamato per presentare la mia persona e le mie competenze? E soprattutto, quante ne devo avere di competenze per essere credibile nel mercato, oggi? Facciamo un po’ di ordine assieme. L’ansia è “una brutta bestia “ si sa. Però è altrettanto vero che tutto ciò che conosci lo eviti e tutto ciò che eviti non ti uccide. Cosa c’è da conoscere che non conosciamo ancora? Qual è il ripostiglio del nostro cuore dove possiamo chiudere a chiave l’ansia e parcheggiarla almeno fino a quando il colloquio non sarà terminato? Semplice e ovvio, dico io. Prendere consapevolezza di ciò che noi siamo veramente è la chiave giusta. Fissate nella vostra mente che la persona che vi ha chiamato ha già ritenuto il vostro curriculum interessante ( ok … ok … nel prossimo articolo vi parlerò di come scrivere un curriculum, promesso!). Detto ciò, qualcosa di positivo è già emerso. Prima regola. Presentarsi puntuali. Non serve molto di più. Se poi volete partire da casa comodamente arrivando a destinazione un’ora prima, andate a prendere un the’, o rilassatevi in auto ascoltando della buona musica. Non presentatevi troppo presto. A volte può essere percepito come insicurezza, credetemi. Siate fedeli all’orario in precedenza stabilito. Un consiglio. Seguite alla lettera il famoso adagio francese: “L’heure c’est l’heure. Avant l’heure c’est pas l’heure. Apres l’heure c’est plus l’heure”. Non fumate se siete fumatori. Laddove la nicotina chiama, mettete l’alito a riparo (non mangiare caramelle durante il colloquio è sottointeso, vero?). Spegnete il cellulare appena arrivate nella zona calda del colloquio. Annunciate il vostro arrivo al personale preposto e attendete dove vi sarà chiesto di attendere fino alla vostra chiamata. Vi avverto! Dato che le persone sono sempre una sorpresa a cui non ci si abitua mai, mettete in conto che il tempo non è a vostra disposizione.
Il selezionatore non guarda l’ora e se il colloquio emerge interessante sarà impegnato ad approfondire aspetti che non chiamano la sveglia, ma le emozioni. Siate quindi libere da qualsiasi impegno. Organizzatevi con i nonni se avete figli, o dite alla morosa che la porterete in pizzeria quando avrete finito ma non abbiate fretta. La mente deve essere libera, leggera, vuota anche, da qualsiasi impegno. Ricordate che la vostra amica ansia non aspetta altro che uscire dal ripostiglio dove l’avete messa in castigo. Cosa fare quando tocca a voi ? Semplice. Essere se stessi. Non vergognatevi di dire che siete emozionati. Noi che siamo al di qua della scrivania lo sappiamo e sentirlo dire ci fa tenerezza. Credetemi. Noi selezionatori non siamo mostri venuti dallo spazio. Siamo persone che ricoprono un ruolo e il nostro obiettivo principale è conoscere chi abbiamo convocato. Giù le maschere, vi prego. Non è mai brutto vedere una persona che si mette a nudo e quando il selezionatore lo coglie, è per lui sempre un ottimo inizio. Non vergognatevi mai di quello che siete ma siatene fieri. Non dite bugie. Se per esempio non vi truccate molto e vi chiedono se siete disponibili a farlo, dite pure che non lo fate nella vostra quotidianità ma che siete aperte a rappresentare l’azienda come è giusto fare. (E’ un esempio banale, lo so. Ma rende l’idea, vero?). Vi è concessa solo una piccola bugia. Sapete quale? Se avete avuto esperienze con delle persone che vi hanno “tirato matto“ e quando avete chiuso il rapporto di collaborazione, pur essendo disoccupate, vi siete sentite felici come se aveste vinto la lotteria di capodanno, non ditelo. Non parlate male di nessuno. Rischiate di apparire come delle “palle al piede, polemiche e poco affidabili nelle relazioni. Una frase tipo “divergenze personali tra colleghi “ dice tutto e niente. Poi se aggiungete che avete in essere ottimi rapporti con ex colleghi o ex datori di lavoro, di solito, agli occhi di chi vi ascolta fate bingo. Alla domanda trabocchetto del tipo “ma a te non sta mai nelle balle nessuno? “. Voi siate umani. Rispondete tranquillamente “impossibile non trova avere sempre le stesse idee. Diciamo che la risposta è si, ma è altrettanto vero che riesco a scindere il lavoro dalla vita privata“. Punto. Non ci vuole molto. Dite così e il colloquio sarà piacevole. La cosa che vi suggerisco è di tatuarvi nella mente che nessuno sa fare tutto e che i “tuttologi “ non sono graditi da nessuno. Su dieci competenze richieste ne avete due? Non importa. Quelle due parlano di voi. Il resto si impara strada facendo. Credetemi, nella mia carriera mi hanno dato più soddisfazione profili umili che sono partiti da “zero“ che non quelle persone che in sede di colloquio hanno sfoggiato competenze da mille e una notte. Nella sincerità le relazioni scorrono fluide e un colloquio di lavoro è relazione. Questo è il segreto. Essere veri fa bene sia a voi che alla ditta che ricerca il personale. Meglio una porta chiusa oggi dando un domani spazio a opportunità dove siete liberi di esprimervi che non un lavoro che, con l’andare del tempo, aumenterebbe solo l’ansia di non essere abbastanza. Abbastanza per voi. Per gli altri. Per la vita. Vogliatevi bene e se vi rendete conto che non fa per voi, rifiutate per primi l’incarico. La’ fuori c’è un mondo di cose belle che aspettano solo di essere conosciute.
Thomas Tolin