Nella pianura padana, principalmente nella Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, sono numerosi gli allevamenti zootecnici, diversificati per funzione, che vengono accresciuti in modo intensivo per una maggior produzione alimentare e elevato rendimento economico, garantito a seconda della razza. Le specie soggette a questa barbarie, sono soprattutto i bovini, gli ovini e i polli che vengono allevati o per le loro carni, o per il latte o per le uova.
E’ raccapricciante considerare lo stato in cui sono costretti a vivere questi animali! Spazi ridotti con conseguente inquinamento numerico e, quindi, scarsa igiene. In queste condizioni si ha un’ insorgenza di malattie molto più elevata rispetto agli animali cresciuti liberi o allevati in modo tradizionale. Negli anni 50 del secolo scorso , negli allevamenti , si è iniziato a far uso di antimicrobici a scopo profilattico. In seguito , si è scoperto che il consumo di alcuni antibiotici migliorava l’efficienza digestiva dell’animale e lo induceva ad ingerire più cibo e più acqua….
E se ne fece abuso a scopo auxinico. L’aumento ponderale accelerato permetteva un maggiore ritorno economico per l’allevatore e un prezzo più vantaggioso per il consumatore. Da allora nella alimentazione del bestiame, si sono aggiunti, sistematicamente al mangime, antibiotici in basso dosaggio . E’ chiaro che il moltiplicarsi degli allevamenti intensivi è dovuto a una grande richiesta di mercato di carne e derivati. Sta diventando una realtà insostenibile sia dal punto di vista dell’ambiente che dell’uomo.
Moltissime e sempre più frequenti sono le malattie legate ad una alimentazione ricca di carne e derivati e povera di frutta e verdura. La continua somministrazione di antibiotici, ha portato al diffondersi di nuove forme di batteri patogeni resistenti a quei medicinali. Quindi la zootecnia intensiva non va solo a discapito degli animali, ma diventa fonte di contagio di malattie per le persone. Il Sistema Sanitario viene gravato dai costi per l’aumento sia delle patologie del benessere (diabete, obesità, malattie cardiovascolari) , sia per episodi tossinfettivi dovuti alla antibiotico-resistenza. Anche nel nostro Paese il consumo di antibiotici ha conosciuto una brusca impennata: il 70% di antibiotici venduti in Italia, viene destinato agli allevamenti. In questo, l’Italia detiene la maglia nera assieme a Spagna e Cipro.
Possono i batteri degli animali, se resistenti, trasferirsi all’uomo? Certo che sì. Consumando una discreta quantità di prodotti di origine animale, a lungo andare, tracce di farmaco vengono ingerite dall’uomo con le conseguenze che già conosciamo. Negli allevamenti avicoli hanno trovato elevate percentuali di batteri resistenti (analisi commissionate dalla UE). Nemmeno le linee di macellazione riescono a debellare integralmente la possibilità di contaminazione. Una violenza in natura che crea animali destinati a soffrire fin dalla nascita, e persone destinate a decedere per infezioni resistenti. Una vera disgrazia per la Medicina Moderna . Ogni anno nella sola UE si stimano all’incirca 25000 decessi dovuti a queste infezioni, con un costo sanitario di 1.5 milioni di euro. Uno studio condotto dal Center for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, ha stimato che ogni anno, nel mondo ci sono 76 milioni di casi di malattie portate da cibo di allevamento e 5000 morti. Stiamo andando verso una era post-antibiotica, dove le infezioni comuni, possono diventare nuovamente fatali….. Urge una inversione di tendenza!
dr. Michele Bianchi