Grafia e pronuncia in inglese, si sa, sono parecchio differenti. Per questo motivo, non è infrequente incappare in qualche errore nella scrittura o nella lettura. O, ancora, trovare versioni grafiche differenti di una stessa parola.
La linguista Arika Okrent, in un suo saggio pubblicato sul magazine “Aeon” e intitolato “Typos, tricks and misprints”, ci spiega i motivi di questa difformità tra lingua scritta e parlata.
La prima ragione ha a che fare con le sue origini e le numerose popolazioni che si sono succedute in Gran Bretagna. L’inglese che conosciamo deriva dalla lingua germanica delle tribù anglosassoni del V secolo d.C. Intorno all’VIII secolo l’arrivo dei Vichinghi dalla Norvegia provocò un’ibridazione tra questa lingua e il norreno. Nell’XI secolo si aggiunsero le contaminazioni del francese, in seguito all’arrivo dei Normanni, mentre nei secoli successivi si attivarono le influenze di altre lingue: in primo luogo del latino, ma anche del celtico e di altre culture europee.
Ma questa motivazione non basta. Numerose furono le culture che subirono la dominazione di diversi popoli e l’influenza delle loro lingue, senza per questo presentare una discrepanza così significativa tra grafia e fonetica. Anche dove popoli diversi hanno convissuto dando origine a un mix culturale.
Secondo la studiosa, infatti, un’altra ragione fu dirimente: l’invenzione della stampa. La diffusione della stampa a caratteri mobili in Gran Bretagna coincise proprio con un periodo di vuoto normativo tra lingua parlata e lingua scritta.
Dal VII secolo, quando l’inglese iniziò ad avvalersi dell’alfabeto latino, fino all’arrivo dei Normanni, la corrispondenza grafia-fonetica rimase sostanzialmente omogenea, pur con delle alternanze. Poi, tra XI e XIV secolo questa standardizzazione scomparve: il francese fu imposto dai Normanni come lingua ufficiale dello Stato, il latino rimase lingua della Chiesa e l’inglese non fu parlato che dalle persone comuni. Solamente nel XIV secolo l’inglese tornò ad essere lingua scritta, ma ormai era profondamente cambiato e presentava significative varianti in base ai dialetti locali.
Quando nel 1476 William Caxton aprì la prima officina tipografica in Inghilterra, l’inglese non conosceva uno standard scritto. Si ricorse, così, a una soluzione economica: abbreviare o semplificare le parole più complesse, ricorrendo alla composizione grafica più comoda da riprodurre, piuttosto che alla più fedele. Questo permise di produrre stampe più rapidamente e in maggiore quantità. Le trascrizioni, inoltre, risentirono dell’influenza fiamminga subita dai primi tipografi, addestrati nelle Fiandre.
Con la vasta diffusione dei libri a stampa si ebbe una resa grafica più omogenea, mentre la resa fonetica durante la lettura poteva variare da città a città anche notevolmente. Da qui, la singolare difformità tra lingua scritta e pronunciata tipica della lingua inglese.
Luana Vizzini