Sfogliando i libri di storia ci si imbatte in molte biografie di Partigiani. Eroi che hanno combattuto contro il Nazifascismo e hanno dato la loro vita per la libertà e la giustizia. Non sempre, però, si ricorda che molte furono le donne Partigiane che fecero altrettanto. E lo fecero con la stessa passione, con lo stesso coraggio e con le stesse modalità.
Infatti, non furono solo delle figure marginali, mere aiutanti all’ombra dei più celebri compagni. Furono combattenti che imbracciarono le armi, eroine militanti che non esitarono a cadere per la Patria. Furono attive nel lavoro di informazione segreta e nel trasporto di armi, munizioni e di approvvigionamenti in qualità di staffette, rischiando la loro vita quotidianamente. Furono in prima linea negli ospedali e nella Croce Rossa per l’assistenza sanitaria dei Partigiani. Si dedicarono alla propaganda nella stampa, all’organizzazione di scioperi, manifestazioni e raccolte di fondi, esponendosi senza riserve. Si impegnarono in perlustrazioni e sabotaggi.
Secondo l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), le Partigiane appartenenti ai Gruppi di difesa della donna furono più di 70.000 e le donne combattenti furono 35.000. Tra queste Partigiane, 4.653 vennero arrestate e torturate, 2.812 furono fucilate o impiccate e 1.070 caddero in combattimento. Più di 2.750 furono deportate in Germania,
Solo 19 furono decorate con la medaglia d’oro al Valor Militare: Irma Bandiera, Ines Bedeschi, Gina Borellini, Livia Bianchi, Carla Capponi, Cecilia Deganutti, Paola Del Din, Anna Maria Enriquez, Gabriella Degli Esposti Reverberi, Norma Pratelli Parenti, Tina Lorenzoni, Ancilla Marighetto, Clorinda Menguzzato, Irma Marchiani, Rita Rosani, Modesta Rossi Polletti, Virginia Tonelli, Vera Vassalle, Iris Versari, Joyce Lussu.
Sì tratta di stime certamente al ribasso, considerando che per decenni la storiografia non riconobbe il ruolo delle donne nella Resistenza e il loro contributo. Si può immaginare che molte non abbiano chiesto un riconoscimento ufficiale alle istituzioni. Per qualcuna dimostrare il proprio operato non risultò facile. Altre non ne sentivano il bisogno, perché ritenevano di aver semplicemente fatto il loro dovere. Per alcune avrebbe creato problemi dichiarare di aver usato le armi e aver combattuto con la forza, in una società ancora profondamente tradizionalista. Infine, a molte un riconoscimento fu semplicemente negato, e la loro verità rimase implicita nelle pieghe della storia. Generando il fenomeno noto come “Resistenza taciuta“.
Il sacrificio di queste eroine, tuttavia, non è stato vano. Oltre a contribuire in modo decisivo alla Liberazione dal Nazifascismo, le Partigiane lottarono per i diritti civili delle donne. La loro attività ha permesso alla figura femminile di emergere a livello sociale e diventare un soggetto politico. Così, al termine della Seconda Guerra Mondiale, le donne ottennero in Italia quello che fino a qualche anno prima era impensabile: il diritto di voto. Fu così che le donne italiane presero parte, il 2 giugno 1946, al primo referendum a suffragio universale del nostro Paese. Si può dire a pieno titolo che la Repubblica Italiana è frutto di una scelta condivisa. La scelta delle italiane e degli italiani.
Luana Vizzini