Perché farsi un tatuaggio giapponese, forse perché sembrano così misteriosi nel loro significato. l’Irezumi, inserimento di inchiostro sotto la pelle, è il nome che viene dato al il tatuaggio in Giappone, la tecnica utilizzata si chiama Tebori , eseguita a mano con tecniche tramandate agli allievi dai grandi maestri, originalmente si usava un bastone di bambu’ con collegato un ago o una fila di aghi non amovibili, oggi, per una questione di igiene si usano materiali sterilizzabili e smontabili. Tornando molto indietro nel tempo, scopriamo che avere un tatuaggio in Giappone ti inseriva in uno status di punizione, li avevano i prigionieri o i criminali, veniva fatto sulla fronte e serviva affinchè i cittadini identificassero il criminale, addirittura nella città di Hiroshima veniva aggiunta una linea ad ogni misfatto finchè non diventasse l’ideogramma della parola cane, in altre città veniva tatuato un cerchio intorno al braccio come identificazione. Nel Giappone antico era vietato ai ceti più bassi di indossare kimono decorativi, per una forma di ribellione alcuni iniziarono a farsi fare tatuaggi chiamati pigiamini che comprendevano la parte del corpo fino ai gomiti e nella inferiore fino alle ginocchia, lasciando liberi avambracci e tibie per non essere notati quando indossavano indumenti estivi. Anche la Yakuza, la mafia giapponese, usava i tatuaggi per intimorire la popolazione. Dal 1600, in particolare dal periodo Edo, i tatuaggi diventano una vera e propria forma d’arte, i soggetti più utilizzati sono: il fiore di ciliegio, fiori di loto, foglie di bambù, la carpa, la tigre e il drago,il demone, gli eroi, i samurai e le geishe. Nonostante la scuola sia una delle più importanti nel mondo, in patria sono stati sempre condannati a crescere nell’ombra e ancora oggi non sono ben visti.
Tiziana Gatti