Urbano Cairo: il virus
Speciale
by Valerio Boni
Dio benedica il Coronavirus, questo è il riassunto in estrema sintesi del videomessaggio di 5 minuti che Urbano Cairo ha inviato nella giornata di venerdì agli uomini della sua forza vendita. Un filmato che è diventato immediatamente virale e ha suscitato indignazione, al punto da spingere lo stesso Cairo a realizzarne rapidamente uno con il quale ha tenuto a sottolineare importanti precisazioni. Una pezza che in realtà non ha fatto chiarezza, ma per certi versi ha messo ancor più in cattiva luce il personaggio.
L’obiettivo, condivisibile, era quello di non lasciarsi prendere dallo sconforto, poiché la situazione non potrà durare in eterno, prima o poi l’emergenza finirà e bisogna guardare avanti. Tuttavia il punto della questione non è la positività dimostrata, è il tono usato che stride con la situazione dello stato di crisi RCS, che per il Corriere della Sera si traduce in 50 esuberi su un totale di 354 giornalisti. Senza dimenticare i 200 tra poligrafici e grafici editoriali su un organico complessivo d 850.
Ai primi di febbraio, quando il piano fu presentato, il quadro era già sconcertante, perché il Gruppo ha chiuso l’esercizio 2019 con una contrazione dei ricavi del 5,5 per cento (fermi a 923,6 milioni rispetto ai 975,6 di 12 mesi prima, e arrivava da un utile di 85 milioni a fine 2018. Rispetto al passato, quando una società poteva accedere agli stati di crisi solo in presenza di perdite, le normative in vigore consentono di correre ai ripari anche solo in previsione di una possibile contrazione. E a questo proposito ci sono editori che hanno fatto di questa opportunità un vero e proprio business.
A favore di RCS c’è il fatto che il Gruppo ricorra agli ammortizzatori sociali per la prima volta da quando Cairo è al comando dal 2016, ma è perlomeno imbarazzante che le difficoltà coincidano con la distribuzione del dividendo ai soci. Il 20 maggio sarà messa in pagamento la cedola di 3 centesimi di euro per azione, la seconda consecutiva dopo quella di 6 centesimi che nel 2019 aveva chiuso un’astinenza di 10 anni.
Ma torniamo al video di venerdì, nel quale Urbano Cairo ha parlato in termini più che entusiastici della situazione attuale. Per motivare i suoi venditori ha dichiarato di avere ritrovato l’entusiasmo del 1996, quando nacque la Cairo Pubblicità e passava intere giornate contattando potenziali clienti. Il bilancio è a dir poco positivo: tra lunedì e venerdì ha contattato direttamente un quarantina di investitori, tutti più che disponibili ad approfittare delle opportunità offerte da un sistema che va a gonfie vele, e comprende quotidiani, internet e TV.
Non sono solo parole, ci sono i numeri a supportare l’entusiasmo. Soltanto nella giornata si sono aggiunti al budget 235.000 euro da Beretta, 250.000 da Banca Intesa, 200.000 da Unicredit e 1.100.000 da Enel. Tirando le somme è un si tratta di 1,65 milioni di euro che una persona sola ha aggiunto ai ricavi dell’anno appena cominciato. Senza dimenticare che la segregazione degli italiani favorisce i dati relativi ai media del Gruppo, con gli ascolti in crescita del 30 per cento per La7 e “corriere.it che cresce tre volte tanto”, come ricorda lo stesso presidente, che si lascia scappare anche un “quest’anno faremo meglio dello scorso anno”.
Quindi? Se le cose vanno così bene, e a fine marzo le proiezioni danno un risultato al 31 dicembre n sicura crescita vuol dire che vengono meno i presupposti per chiedere uno stato di crisi che costerà lacrime e sangue a giornalisti e poligrafici. Se, come chiude Cairo, “la vita è 10 per cento quello che ti accade, e 90 per cento come reagisci”, forse sarebbe politicamente e moralmente corretto rivedere, se non stracciare quell’accordo che si basa su presupposti che un evento drammatico e inteso ha trasformato in una grande opportunità. Solo in questo caso le parole del secondo video possono risultare credibili. In caso fa fede solo il primo, cinico e opportunista.
Velerio Boni
valeboni2302@gmail.com