Pochi siti archeologici emanano un alone di mistero come Stonehenge. Sarà perché è difficile immaginare come 4.600 anni fa degli uomini siano riusciti a trasportare tanti massi di almeno 3 tonnellate ciascuno nella pianura di Salisbury, Inghilterra meridionale. E a comporre la colossale struttura circolare. Sarà perché era un luogo sacro, forse sede di rituali e pratiche religiose arcaiche. O forse perché non ci spieghiamo come Stonehenge possa mantenere ancora oggi la sua configurazione.
Eppure, questo luogo magico potrebbe non essere l’unico, né il primo. Un gruppo di ricercatori ha, infatti, scoperto in Galles i resti di un complesso monumentale ancora più antico, risalente a 5.000-5.600 anni fa.
Lo studio, pubblicato su “Antiquity” con il titolo di “The original Stonehenge? A dismantled stone circle in the Preseli Hills of west Wales”, rivela che il sito archeologico gallese, che insiste presso il sito di Waun Mawn, condivide con Stonehenge le stesse dimensioni, gli stessi materiali e lo stesso allineamento con il Sole. Purtroppo, però, ne rimangono solo pochi resti. L’ipotesi degli studiosi è la seguente: chi ha costruito Stonehenge ha prelevato le bluestones, ovvero le pietre blu, da Waun Mawn e, per quanto possa sembrare strano, ha trasportato 44 megaliti per quasi 300 Km, fino a Salisbury.
Ma perché scegliere una soluzione così poco economica, in termini di sforzo e dispendio di energia? Evidentemente le bluestones dovevano essere molto preziose per gli antichi Britanni. Non solo per il loro valore estetico. Dovevano avere un’aurea di sacralità o rappresentare qualcosa o qualcuno di importante per la società. Forse, ipotizza Michael Parker Pearson, principale autore dello studio, potrebbero rappresentare i loro antenati. In effetti, le numerose sepolture presenti presso il sito archeologico potrebbero far pensare a una connessione con il culto degli morti o degli avi.
Un’ulteriore riprova deriva dalle analisi chimiche. Queste, infatti, sembrano confermare che le bluestones che formano l’arco interno provengono dal Galles ococcidentale.
Infine, a sostegno di questa teoria ci sarebbero alcune leggende, tra cui quella narrata nel XII secolo dall’Historia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth. Qui si legge che il mago Merlino riuscì a distruggere un cerchio megalitico irlandese, chiamato Danza dei Giganti, e a farlo ricostruire a Salisbury. La somiglianza con l’ipotesi ricostruita da Pearson è significativa. Anche se si fa riferimento all’Irlanda e non al Galles, bisogna considerare che i due Paesi si trovano su sponde opposte e potrebbe trattarsi di una versione alternativa della tradizione.
Indagini approfondite hanno anche rivelato che le schegge di roccia presenti nelle cavità di Waun Mawn presentano delle corrispondenze geologiche con le bluestones di Stonehenge. Inoltre, le analisi sui resti umani sepolti a Stonehenge hanno dimostrato la loro provenienza proprio dal Galles occidentale.
Considerati tutti insieme, questi indizi potrebbero davvero fornire una spiegazione sulle relazioni tra i due siti archeologici. Il lavoro di ricerca per ottenere prove incontrovertibili è ancora in itinere, ma le ipotesi di Pearson e del suo team aprono interessanti spiragli sulla storia di questi luoghi arcaici e misteriosi.
Luana Vizzini